Dodge Stealth, la giapponese con il passaporto americano - Ruoteclassiche
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19/01/2021 | di Giancarlo Gnepo Kla
Dodge Stealth, la giapponese con il passaporto americano
Nel 1991 Dodge presentava la Stealth, "gemella" della Mitsubishi GTO (o 3000 GT), frutto di una joint venture tra Chrysler e Mitsubishi.
19/01/2021 | di Giancarlo Gnepo Kla

Nel 1991, la Chrysler Corporation decise di espandere la sua offerta proponendo un nuovo modello dichiaratamente sportivo: la Dodge Stealth, una GT ad alte prestazioni, destinata a un pubblico più vasto rispetto a quello della Viper, la supersportiva con motore V10 presentata l’anno seguente. Per questo motivo venne stipulato un accordo con la giapponese Mitsubishi che, nel 1990 aveva presentato la GTO, venduta nel resto del mondo come 3000 GT.

Premessa: nei primi anni 90, quella tra la Casa del Pentagono e i Tre Diamanti era un’intesa ben consolidata. Nel 1970, la Chrysler acquistò il 15% della Mitsubishi Motors e iniziò a importare e a rimarchiare alcuni modelli per venderli negli Stati Uniti. Si trattava di Chrysler, Dodge e Plymouth tutt'altro che glamour. Queste auto, tuttavia, iniziarono a ridefinire gli assetti nello scacchiere geopolitico del settore automotive, aprendo la strada ad alcune larghe intese in un mercato sempre più globale. Arriviamo così alla metà degli anni '80, quando anche Mitsubishi partì alla “conquista dell’America” e questa volta con una gamma e una rete vendita indipendente. Venne raggiunta una nuova intesa con Chrysler che, nel 1988 dette vita alla Diamond Star Motors. Il primo frutto della rinnovata partnership fu il nuovo stabilimento di Normal, nell’Illinois: qui erano prodotte vetture con entrambi i marchi, Mitsubishi e Chrysler. Dopo cinque anni, nel 1993 Chrysler cedette la sua quota della società alla Mitsubishi.

Veloce come un caccia. La Dodge Stealth riprendeva le linee generali e l’impostazione tecnica della Mitsubishi GTO, una coupé sportiva con schema 2+2 disponibile anche con la trazione integrale. Entrambe erano prodotte nello stabilimento di Nagoya (Giappone) ma, la Stealth si caratterizzava per la fanaleria dedicata; quella posteriore richiese l’adozione di pannelli specifici per la parte terminale dell’auto. La Stealth debuttò, un anno dopo la sua gemella, nel 1991 e rimase in commercio fino al 1996. La produzione della Mitsubishi, invece, si protrasse fino al 2000. Se il nome GTO omaggiava la Mitsubishi Galant GTO degli anni 70 (a sua volta un “tributo” alla leggendaria Ferrari 250 GTO), Stealth alludeva alla rivoluzionaria tecnologia che rendeva gli aerei da combattimento come il Lockheed F-117A Nighthawk e il bombardiere Northrop Grumman B2 Spirit invisibili ai radar. Velivoli avanzatissimi che per decenni hanno rappresentato due eccellenze dell’aeronautica americana. Un indizio, nemmeno troppo velato, delle grandi potenzialità della nuova Dodge, una sportiva di fascia media con molte frecce al suo arco.

La gamma Stealth. Al pari della Mitsubishi GTO o 3000 GT, che dir si voglia, la Dodge Stealth era basata sul pianale delle Mitsubishi Sigma e Diamante, due berline giapponesi di fascia medio-alta. Da questi modelli, la nuova coupé riprendeva anche il motore tre litri V6 montato trasversalmente sull’asse anteriore.
Nel 1991, la Stealth era commercializzata in quattro versioni: Base, ES, R/T e R/T Twin Turbo. ll modello d’ingresso era spinto dalla variante a 12 valvole del tre litri V6, che in questa configurazione erogava 164 CV e 250 Nm di coppia massima. Per la trasmissione erano disponibili un cambio automatico a quattro marce o il manuale a cinque. Sulla Stealth ES era previsto un V6 con doppio albero a camme in testa: con le sue 24 valvole, il V6 aspirato erogava 222 cavalli di potenza. La RT, a fronte di un allestimento più grintoso, manteneva invariate le prestazioni della ES ed entrambe le opzioni per la trasmissione. Se questi numeri non impressionano, passiamo alla variante più interessante, la R/T Twin Turbo. Questa versione si distingueva anche per i caratteristici fari anteriori a scomparsa. Il modello top di gamma era equipaggiato con lo stesso tre litri delle ES e RT abbinato in questo caso a due turbine, ne risultava così una potenza di 320 CV e una coppia motrice di 430 Nm. La Twin Turbo accelerava da 0 a 100 km/h in 5,7 secondi e raggiungeva una velocità massima di 250 Km/h. Nei primi anni 90 erano cifre piuttosto importanti, soprattutto in rapporto alle performance di altri motori sei cilindri, specialmente quelli di produzione americana.

Come lei non c’è nessuna. Con un nome del genere, era lecito aspettarsi un’aerodinamica molto curata e anche stavolta la Dodge Stealth Twin Turbo mantenne le aspettative, offrendo gli spoiler anteriore e posteriore attivi. Il suo Cx, pari 0,33 segnava un altro risultato eccellente, eguagliato dalla Lamborghini Murcielago presentata 10 anni dopo. La GT di casa Dodge era ben più veloce della Mustang Cobra del '94 (il benchmark del segmento) nonostante quest’ultima avesse una cilindrata molto più elevata. Gli ultimi due anni di produzione hanno visto alcuni aggiornamenti e migliorie che hanno portato la Stealth a piena maturazione. A metà anni 90, la Dodge Stealth Twin Turbo era tra le poche sportive a vantare un cambio manuale a 6 marce, quantomeno su un’auto da circa 30.000 dollari. Altra chicca, la trazione integrale, che negli Stati Uniti era una vera e propria rarità. Il modello di punta della gamma Stealth, la Twin Turbo era dotata del sistema di trazione integrale permanente AWD (All Wheel Drive), che garantiva una trazione eccellente in ogni condizione di guida. Un’altra soluzione tecnica di rilievo era rappresentata dalle sospensioni a controllo elettronico, senza contare poi le quattro ruote sterzanti. Un ensamble molto riuscito che ne esaltava la maneggevolezza, garantendo alla coupé giappo-americana andature da supercar difficilmente raggiungibili dalle altre sportive prodotte in America in quel periodo.

Aria di novità. La Dodge Stealth Twin Turbo rappresentava uno squisito connubio di velocità, handling e comfort. Non mancavano gli interni in pelle, la parte superiore del padiglione in vetro rimovibile, la strumentazione digitale e grandi cerchi da 18". Tutto ciò accresceva l’appetibilità della Dodge Stealth, che ammaliava anche da ferma con una linea sensuale e accattivante, evocando fascino e tecnica d’avanguardia in un'epoca in cui le case automobilistiche statunitensi erano in fase di "ricostruzione". Gli anni 70 sono stati gli ultimi giorni di gloria per le “Big Three di Detroit”, la decade successiva è stata invece un periodo globalmente triste per l’industria automobilistica americana; gli anni '90 non furono molto migliori, salvo guizzi sporadici, tra i quali va sicuramente annoverata la Dodge Stealth.

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