La 24 Ore di Le Mans compie cent'anni, cosa accadde dal 1924 al 1939 - Ruoteclassiche
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27/05/2023 | di Redazione Ruoteclassiche
Cent’anni fa, Le Mans/2
Nel 1923, la prima avventurosa edizione della maratona francese di Le Mans. Nel 1924, i concorrenti salgono a 41, domina la Bentley 3 Litre numero 8 di Duff-Clement. Negli anni, il regolamento si assesta, aumentano i piloti in gara, si affinano le vetture, arrivano le prime donne al volante, il pubblico impazzisce. Ma poi scoppia la guerra e la gara si interrompe
27/05/2023 | di Redazione Ruoteclassiche

Nel centenario della 24 Ore di Le Mans ripercorriamo la storia della gara di durata più gloriosa al mondo. In attesa delle sfide del centenario del 10-11 giugno 2023. Abbiamo già raccontato la prima avventurosa edizione del 2023. La maratona francese, nel volgere del secolo, è stata lo specchio delle varie epoche, delle innovazioni tecniche, del coraggio dei piloti, dei drammi e dei trionfi. Dalla seconda edizione, del 1924, con la vittoria della Bentley “3 Litre” di Duff-Clement, allo scoppio della seconda guerra mondiale. Dieci anni di stop e tutta la struttura da ricostruire. Ma Le Mans ripartirà.

Giugno, il mese giusto. Nel 1924 la “24 Ore” si corse il 14-15 giugno, nella speranza di incontrare condizioni meteorologiche più favorevoli. E così accadde: il caldo risultò addirittura tropicale. Da allora la gara si sarebbe sempre svolta in quel mese (due sole le eccezioni: nel 1956, quando si corse in luglio, e nel 1968, a settembre). Una nuova regola impose ai piloti di fermarsi ai box al quinto giro e di chiudere la capote almeno per i successivi 20 giri allo scopo di dimostrarne la resistenza. Al via erano schierate 41 vetture in rappresentanza di sedici marche francesi e di una britannica; giunse prima la Bentley “3 Litre” di Duff-Clement, quell’anno finalmente dotata di freni anche sulle ruote anteriori. L’interesse verso Le Mans cresceva e nel 1925 si contarono 49 concorrenti, di cui solo 16 terminarono la gara. Fu quella un’edizione importante, perché venne istituita una nuova procedura di partenza, destinata a divenire simbolo stesso della 24 Ore di le Mans: le vetture furono disposte “a spina di pesce” sul lato destro della pista (in ordine di cilindrata fino al 1962; dal 1963 sulla base dei tempi di qualificazione), mentre i piloti attendevano sul lato opposto. Al via i piloti correvano verso le auto, chiudevano la capote, mettevano in moto e partivano. Tale rito durò fino al 1969 (l’obbligo di chiudere la capote fu però cancellato nel 1928), quando Jacky Ickx, per protestare contro la consuetudine dei piloti di partire senza allacciare le cinture di sicurezza per risparmiare secondi preziosi, camminò lentamente verso la sua Ford “GT 40”, che mise in moto solo dopo essersi assicurato al sedile. Fu l’ultimo a partire, ma il primo ad arrivare, vincendo in coppia con Jackie Oliver. Dopo quella denuncia, nel 1970 i piloti attesero il via già seduti in macchina, mentre dal 1971 venne adottata la partenza lanciata in stile Indianapolis.

Diatto e OM dall’Italia. Nel 1925, anno in cui debuttarono le Case italiane Diatto (con due “30” e due “35”) e OM (due “665 S Superba” e una “665 SS Superba”), le soste ai box per i rifornimenti ed eventuali rabbocchi furono consentite con intervalli minimi di 20 giri, che divennero 24 nel 1932 e 32 nel 1955. Solo nel 1960 i rifornimenti di carburante verranno liberalizzati. Durante la terza edizione la “24 Ore” contò anche le sue prime vittime: André Guilbert su Ravel durante le prove e Marius Mestivier su Amilcar al 17° giro. Nel 1926 venne istituito il primo riconoscimento annuale, l’Indice de Performance, appannaggio della vettura che fosse risultata vincente in virtù del rapporto tra la distanza percorsa e quella minima prescritta in base alla cilindrata. Quell’anno cadde la barriera dei 100 km/h di media, impresa riuscita alle Lorraine-Dietrich “B3-6” che conquistarono le prime tre posizioni. La coppa biennale Rudge-Withworth 1925-26 fu invece vinta dalla OM “665 SS Superba” numero 17 di Minoia-Foresti. L’anno successivo si impose la Bentley di Davis-Benjafield, che percorse 2369,807 km alla media di 98,740 km/h; tale affermazione inaugurò l’epopea dei cosiddetti Bentley Boys, che dominarono la “24 Ore” fino al 1930.

Classifiche e premi. A dispetto delle “Coppe Rudge”, l’attenzione dei piloti, della stampa e del pubblico si focalizzava però sulla vittoria assoluta, per la quale non era stato previsto alcun riconoscimento ufficiale. Per colmare tale lacuna, nel 1928 l’Automobile Club de l’Ouest (Aco) introdusse la Coupe Annuelle à la Distance, premio aperto a tutte le classi e destinato alla vettura che in 24 ore avrebbe macinato più chilometri. L’ente organizzatore tuttavia continuò a privilegiare la classifica secondo l’Indice de Performance, riservando a quest’ultima un montepremi molto superiore a quello previsto per la “Coupe Annuelle”; solo nel 1952 l’importanza dei due premi fu equiparata. Nel 1928 il regolamento ammise i motori sovralimentati e nel 1929 il circuito subì la prima modifica: per ragioni di sicurezza l’Aco decise di allestire una nuova sezione del percorso, la Rue du Circuit, in modo da eliminare la stretta curva di Pontlieue (quartiere periferico di Le Mans). La lunghezza complessiva si ridusse da 17,262 a 16,340 km. L’anno successivo debuttarono l’Alfa Romeo, con la “6C 1750 GS” numero 23 di Lord Howe-Leslie Callingham, quinta, e la Mercedes-Benz con la “SS” numero 1 di Rudolf Caracciola-Christian Werner, ritiratasi all’83° giro. Da registrare anche la presenza del primo equipaggio femminile, Marguerite Mareuse-Odette Siko, che concluse la gara al 7° posto su Bugatti “Type 40”.

Una gara per soli uomini. La “quota rosa” sarebbe rimasta sempre esigua; addirittura tra il 1957 e il 1971 le donne furono escluse dalla competizione. La presenza più numerosa si ebbe nel 1935, quando gareggiarono quattro equipaggi femminili (tre su MG “Midget PA” e uno su Riley “MPH”), ai quali si aggiunse Madame Anne-Rose Itier al volante della Fiat “508 S” numero 45, in coppia con Robert Jacob. Il tracciato definito nel 1929 venne utilizzato fino al 1931, edizione vinta per la prima volta da una vettura italiana, l’Alfa Romeo “8C 2300 LM” numero 16 di Lord Howe-Tim Birkin, che oltretutto infranse il muro dei 3000 km in 24 ore (3017,654 km a 125,735 km/h). Fu l’inizio di una serie entusiasmante di vittorie della Casa milanese, che trionfò ancora nel 1932-33-34. La continua espansione della periferia cittadina di Le Mans e la necessità di disporre di spazi adeguati a una gara più internazionale indussero l’Automobile Club de L’Ouest ad acquistare un terreno privato di 75 ettari per rinnovare il circuito in vista della decima edizione della “24 Ore” (1932). Per tagliare via la zona “urbana” del percorso, venne realizzato ex novo un tratto lungo 1.505 metri. Subito dopo il rettilineo della partenza, il nuovo disegno piegava a destra e, dopo aver compiuto una S, riprendeva il precedente tracciato con la curva di Tertre Rouge che introduceva al velocissimo rettilineo di Hunaudières. Il circuito, che si snodava per 13,492 km, assunse la configurazione che lo caratterizza ancora oggi.

Che festa! Sin dai primi anni, la “24 Ore” assunse i caratteri di una grande festa popolare, arrivando a ospitare, negli anni d’oro, fino a 200 mila presenze che occupavano l’impianto per due giorni e una notte. La domenica mattina si vedevano spettatori appisolati sul prato, esausti dopo una notte in bianco, mentre gli strilloni del quotidiano locale “Le Maine” distribuivano la terza edizione speciale sulla corsa. Più recentemente, a Le Mans, grandi spazi di posteggio sono stati riservati ai club storici delle varie marche, tra cui primeggiano quelli di Jaguar, Aston Martin, MG, Alfa Romeo, Ferrari e Bugatti. Tanti i fan inglesi che ancora oggi attraversano la Manica per assistere alla corsa e che durante la settimana si ritrovano al Restaurant des Hunaudières, dove il consumo di whisky è sempre notevole. Nel 1991 è stata costruita, sopra le tribune, una grande struttura panoramica soprannominata la “Portaerei” che ospita, fra l’altro, la sala stampa.

La guerra. L’Alfa Romeo mancò di un soffio il quinto successo consecutivo nel 1935, quando la “8C 2300” numero 12 di Helde-Stoffel giunse alle spalle della Lagonda “Rapide” numero 4 di Hindmarsh-Fontes. Per il Biscione il trionfo sfumò ancora nel 1938: la splendida “8C 2900 B” Touring dell’equipaggio Sommer-Biondetti, già con la vittoria in pugno, si ritirò al 219° giro lasciando campo libero alla Delahaye “135 S” di Chaboud-Tremoulet. Nel 1936 forti tensioni sociali attraversarono la Francia, sfociando in scioperi di massa. L’intero Paese rimase paralizzato e con esso l’industria automobilistica; ne fece le spese anche la 24 Ore di Le Mans che fu annullata a una settimana dal via. L’anno successivo vide la prima affermazione della Bugatti con la “Type 57 G” numero 2 di Wimille-Benoist; sempre una Bugatti, la “Type 57 C” numero 1 di Wimille-Veyron, vinse nel 1939 percorrendo ben 3354,760 km alla media di 139,781 km/h. Poche settimane dopo, il 3 settembre, la Francia entrò in guerra e per dieci anni non si parlò più di Le Mans. Finito il conflitto, del circuito di La Sarthe rimaneva poco o nulla.

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