Partenza con i botti domenica 2 novembre per la 129ª edizione della Londra-Brighton. Tempo molto freddo e temporalesco, ma questo non ha scoraggiato gli oltre 400 equipaggi provenienti da tutto il mondo, che alle 7.00 sono partiti da Hyde Park alla volta di Brighton. L’auto più anziana a prendere il via è stata una tra le tante Benz, una monocilindrica del 1894. Ben dieci le auto a vapore, sempre affascinanti: la più antica, una Salvesen del 1896. Da segnalare anche due vetture elettriche: corsi e ricorsi storici. Gli equipaggi italiani erano guidati dalla Ricordi del 1899 del Mauto di Torino, intrepidamente condotta dal direttore tecnico Davide Lorenzone; tra le tante De Dion-Bouton, presente anche quella del 1901 dell’Asi e guidata dal suo presidente, Alberto Scuro (premiata quale "miglior vettura proveniente dall'estero" al St. James’s International Concours di Londra, un evento collaterale della rievocazione della London to Brighton Veteran Car Run): inesperto ma coraggioso. Sfortunatamente entrambe si sono dovute ritirare per noie meccaniche. Molte le Renault: si sono distinte le due del 1900 e 1902 di Antonio Calleri, entrambe arrivate fino a Brighton. Ben 16 le Oldsmobile alla partenza: due italiane, entrambe al traguardo, quelle di Alessandro Ciapparelli e Franco Boero. Infine, menzione per la stupefacente Georges Richard del 1901 di Tim Summers, vincitrice il sabato del Best in Show al concorso di St James’s.
Promessa mantenuta
“Avevo promesso a Ruoteclassiche”, scrive Ciapparelli, “nel 2021 che sarei tornato alla Londra-Brighton per arrivare fino in fondo: questa volta ce l’abbiamo fatta. La sveglia suona ben prima del gallo. Il ritrovo a Hyde Park è come sempre incredibile; la pioggia, invece, decisamente meno, soprattutto quando scende copiosa e l’aria è a 7 °C. Ci si copre, si aspetta la bandiera, e si parte. Il primo tratto è bellissimo: si fila tra le vie di Londra su vetture di inizio secolo. La prima soddisfazione è superare il punto in cui, l’ultima volta, ci eravamo dovuti ritirare. Pian piano il traffico diminuisce e le strade si raddrizzano; la Oldsmobile è — per la sua età — incredibilmente veloce, e si inizia a superare qualche vettura più lenta. Ma senza esagerare: i freni praticamente non ci sono! Alle prime salite la frizione della marcia lunga inizia a slittare, e la vettura fatica. In una sosta tecnica provvedo a una generosa lubrificazione e a una registrazione della frizione. Riparto: non slitta più, la macchina vola. Tuttavia la leva del cambio non resta in posizione, quindi fino a Brighton dovrò tenerla premuta a mano. Arriva il pit-stop ufficiale, ma il mio l’ho già fatto: riparto subito. Cominciano le colline, e l’atmosfera diventa magica: a bordo strada gruppi di appassionati aspettano e incitano. Nel bosco vedo un cartello: ‘Ciao BK195’, la nostra targa. Siamo davanti a casa della famiglia Morley, proprietaria della nostra Oldsmobile per oltre 60 anni: impossibile non fermarsi. Si riparte: salite e discese si susseguono tra ali di pubblico. La Olds beve le salite, ma le discese richiedono attenzione: ha smesso di piovere, ma l’asfalto è bagnato e i freni quasi inesistenti. Sull’ultima salita — da fare in corta — una vecchia Benz che avevo passato in pianura mi supera di slancio: merito di una rapportatura più favorevole del cambio. L’ansia cresce: il ponte posteriore lancia rumori sospetti, che aumentano man mano che i chilometri diminuiscono. Arrivo in città: ancora non vedo il mare, ma ci siamo. A un semaforo vedo una nuvola di vapore: non ci sono auto a vapore vicino, quindi… sta bollendo la Olds. Mannaggia! Mi fermo e cerco acqua. Fatto il rabbocco, riparto. Dopo pochi metri, dietro una curva, vedo l’arrivo. Mi sono fermato a due passi dal traguardo… pazienza: sono arrivato! Emozionante la passerella per il traguardo, la tensione cala e la gioia sale; passo tra gli applausi e rimango stupefatto quando mi dicono: ‘Complimenti, siete la seconda vettura ad arrivare’. Non ci credo. Che gioia! Alla Londra-Brighton la vittoria è arrivare: non c’è classifica ufficiale, ma quelle ufficiose sì. E la prossima volta chissà…”
