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07/03/2019 | di Mario Simoni
Lancia, tutte le calandre che hanno fatto la storia
Alte, larghe, basse, strette. Come sono cambiate nel tempo le calandre delle Lancia? Ecco una breve panoramica che ripercorre l'evoluzione dei frontali.
07/03/2019 | di Mario Simoni

Alte, larghe, basse, strette. Come sono cambiate nel tempo le calandre delle Lancia? Ecco una breve panoramica che ripercorre l'evoluzione dei frontali della Casa torinese dai primi del Novecento ai giorni nostri.

Uno dei principali elementi del design automobilistico è da sempre la calandra, anche se con il passare del tempo ha progressivamente perso d'importanza: rispetto ai massicci frontali del passato, con gli imponenti radiatori che hanno caratterizzato le vetture fino agli anni Quaranta, questo elemento si è man mano ridotto, fino a scomparire del tutto su alcuni modelli sportivi, su molte auto a motore posteriore e oggi su vari veicoli elettrici.

L'importante è distinguersi. La calandra è l’elemento stilistico che con uno sguardo permette di identificare un modello e la rispettiva casa produttrice: BMW e Alfa Romeo sono i due marchi che più di tutti hanno saputo sfruttare e valorizzare questo importante “biglietto da visita”, ma anche Mercedes e Audi sono facilmente riconoscibili per lo stile inconfondibile dei loro frontali, rispettivamente marcati dalla presenza della stella a tre punte o dei quattro anelli. Lo stesso si può dire, con le dovute varianti, per Bentley, Rolls Royce, Aston Martin, Ford, Jaguar, Jeep, Volvo e molti altri Costruttori. Alcune Case, come Renault, Peugeot, Citroen, Seat e Volkswagen, hanno puntato invece più sul loro marchio, proposto con grande evidenza, per identificare i propri modelli senza legarsi strettamente alle forme della calandra.

L'arma della simpatia. C’è poi chi, come la Fiat, ha perso completamente la sua identità sotto questo aspetto: manca infatti uno stile comune del frontale capace di rendere facilmente riconoscibile l’intera gamma, “colpa” anche del successo della 500 che ha dato origine a una serie di modelli tutti immediatamente identificabili non tanto per la calandra quanto per i tratti “simpatici” del frontale.

Emblema di un marchio. Questa lunga premessa può essere utile per capire meglio l’importanza e il valore della calandra (detta anche scudo o mascherina), specie per quelle case automobilistiche che possono vantare grandi tradizioni e prestigiosi modelli nel loro passato. Di chi stiamo parlando: della Lancia naturalmente, che proprio su questo elemento si è giocata parte delle sue fortune.

Una bandiera del progresso tecnologico. Fin dall’esordio, nel lontano 1908, la Lancia si è distinta per le caratteristiche ben definite delle sue calandre, con la cornice superiore più larga e discendente sui fianchi nella quale è stato inserito fin dal 1911, sulla Gamma, il marchio Lancia: una bandiera con impresso il nome della Casa, fissata a una lancia e sovrapposta a un volante stilizzato. Pur con numerose modifiche il marchio è rimasto sostanzialmente lo stesso, mentre tutto il resto è stato cambiato, fin troppe volte.

Leggende senza tempo. Pur divenendo più filante, cromata, inclinata e arrotondata, la calandra Lancia ha mantenuto la sua inconfondibile fisionomia fino alla prima metà degli anni Cinquanta, quando lo “scudo” ha anzi raggiunto il massimo del suo fascino grazie alle forme morbide e slanciate create per l’Aurelia e l’Appia, con il top assoluto raggiunto da Pinin Farina sulla B24.

Nuove tendenze. Proprio negli anni Cinquanta tutti i frontali delle auto diventano progressivamente sempre più larghi e bassi e la maggior parte delle case automobilistiche decide di abbandonare le calandre troppo massicce del passato, casomai trasformandole, come nel caso dell’Alfa Romeo, in semplici scudetti. Anche la Lancia cambia completamente: passa alle calandre più larghe, basse e moderne della Flaminia e dell’Appia terza serie, che però allora non convinsero molti dei “lancisti” più attaccati alle tradizioni.

E nuove forme. Le forme delle nuove calandre appaiono comunque piacevoli, grazie anche al convincente design della griglia, dalle maglie strette più sviluppate in larghezza che in altezza. Questa soluzione viene adottata per la prima volta da Pinin Farina nel 1955 sul prototipo Florida, da cui ha poi preso origine la Flaminia nel ’57. A partire da quel momento sarà proprio la griglia cromata con lo scudetto Lancia fissato al centro a caratterizzare la produzione della Casa torinese fino all’inizio degli anni Settanta, mentre la forma della calandra cambia, anche sensibilmente, a seconda del modello: Flaminia, Flavia, Fulvia o le varianti sportive.

Ritorno alle origini (o quasi). Solo nel 1971 con la berlina 2000, evoluzione della Flavia, si tenta di riproporre il classico scudo Lancia, ma di minori dimensioni e inserito nell’ampia calandra cromata che raggruppa anche i fari. Dopo l’ingresso nel 1969 della Lancia nel gruppo Fiat questo è il primo tentativo, subito abortito, di dare una nuova immagine al marchio e alla gamma. In realtà i primi modelli della nuova era, come la Beta e la Gamma, non vanno oltre i ripetuti restyling della griglia e l’inserimento di una cornice cromata nella calandra.

Facce nuove. Sarà solo nel 1979, con il debutto della Delta disegnata da Giugiaro, che fa il suo esordio il semplice ma piacevole disegno della mascherina rettangolare, subito adottato da tutti i modelli. Il decennio d’oro della Lancia è caratterizzato dal successo di vetture come Thema, Prisma, Delta e 037, accomunate dalle forme di questa calandra.

C'è qualcosa che non va. Alla fine degli anni Ottanta, con il debutto della Dedra, inizia quel travaglio stilistico a cui non si è ancora riusciti a dare una risposta convincente: la calandra assume alla base un andamento a V, mentre si riducono le dimensioni e l’importanza di questo elemento su modelli come la Delta seconda serie, la K, la Lybra e la Y. Per una serie di motivi, soprattutto stilistici, questi modelli, a parte la piccola due volumi, non ottengono i risultati sperati: i vertici torinesi decidono allora di cambiare tutto e di tornare al grande e tradizionale scudo, riproposto per la prima volta sulla concept car Dialogos nel 1998.

Più alta che larga. Il primo modello di serie che lo adotta, l’ammiraglia Thesis, è uno dei più grandi insuccessi della Casa torinese, in parte anche a causa di quello scudo e dei gruppi ottici troppo piccoli che rendono il frontale tutt’altro che accattivante. Ma il dado è tratto: per dare alla gamma il family feeling desiderato tutti i modelli vengono proposti con una soluzione simile, che proprio a causa del notevole sviluppo in larghezza delle carrozzerie ben difficilmente riesce ad amalgamarsi in modo ottimale con la calandra stretta e molto sviluppata in altezza.

Un nuovo slancio. Se alcune delle ultime Lancia, in particolare la Delta terza serie, non hanno ottenuto il successo previsto, parte della colpa può essere attribuita a questo elemento stilistico, tanto è vero che la Ypsilon — quella che rischia di essere l’ultima Lancia — è stata ristilizzata nel 2015 proprio nel frontale e ora, grazie anche alla nuova calandra più filante e slanciata, continua a essere fra le auto più apprezzate dal pubblico italiano.

TAGS Lancia
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