La Ritmo rimarrà una storia indelebile nei racconti della nostra famiglia, come il suo colore. Arancione, anzi: “arancio Messico”, per la precisione. Mia mamma l’avrebbe voluta rossa, ma un abile venditore alla concessionaria Fiat – non si sa come – riuscì a convincere i miei che l’ordinazione del modello come lo volevano loro avrebbe richiesto molto tempo, mentre ce n’erano di “molto simili” in pronta consegna.
Quel molto simile, per l’appunto, sarebbe stato l’arancio Messico, che i miei genitori videro soltanto sul catalogo, prima della consegna. Insomma, una grande presa in giro, che comportò anni di imbarazzo e un pochino di vergogna: eravamo quelli con la macchina arancione, in un’epoca in cui i taxi erano gialli e per il resto si usavano colori sobri.
La Ritmo, in ogni caso, fu una discreta auto da famiglia. Viaggiare dietro in tre (io e i miei fratelli più grandi) non era comodissimo, ma ben presto a loro fu comprata una Panda (nera! Nessuna discussione, la volevano così e l’ottennero), e io rimasi spesso l’unico passeggero. Con la Ritmo, dotata fin da subito di gancio, viaggiammo con la roulotte da Milano a Scalea, in Calabria, per poi fare un rapido dietrofront e correre in Costa Brava, Spagna, per non essere troppo distanti dai fratelli poco più che diciottenni in vacanza a Playa de Aro.
Viaggio memorabile, di cui rimangono poche foto, e una sola con “el coche”: io quattordicenne e mio padre, davanti al Castell de Montjuic, nella giornata che trascorremmo alla scoperta di Barcellona.
Andrea Sansovini