Ripercorriamo la storia dell'Alfa Romeo Giulietta SZ. Tre maggio 1955: nella stanza dei bottoni della palazzina presidenziale dell’Alfa Romeo al Portello i musi sono abbastanza lunghi. Sono passati solo due giorni dalla conclusione della ventiduesima edizione della Mille Miglia, vinta dalla Mercedes-Benz 300 SLR di Moss-Jenkinson. Ma è il risultato nella categoria Gran Turismo 1300 che ha fatto imbufalire i vertici della Casa del Biscione: troppo netta la supremazia delle Porsche 356 Super dei due “von” (Richard-Alexander von Frankenberg e Wolfgang von Trips) nei confronti delle Giulietta Sprint presenti. Ecco perché è stata convocata una riunione con “carattere d’urgenza”: al tavolo sono schierati, oltre a Giuseppe Luraghi, presidente di Finmeccanica, la finanziaria dell’Iri proprietaria dell’Alfa Romeo, il capo del settore progettazione, Orazio Satta, col suo vice Giuseppe Busso.
Passando per la Veloce e la Speciale. Dalla parte opposta del tavolo si è appena accomodato Carlo Chiti, da poco più di due anni in forze al Servizio Esperienze Speciali, il reparto dove nascevano le Alfa da corsa. Il giovane e simpatico ingegnere (classe 1924), nativo di Pistoia, accoglie la sfida senza alcuna esitazione. Per Chiti fu relativamente semplice ricavare dalla Sprint una versione più performante, la Veloce, che alleggerita di un centinaio di chili e potenziata del 40% ebbe vita facile alla successiva Mille Miglia contro le rivali tedesche. Ma a Satta e Busso non bastava ancora. Ci voleva di più. Nacque così la Sprint Speciale che, nella sua prima configurazione, aveva la carrozzeria aerodinamica con forma a“squalo” (da qui il soprannome) disegnata da Franco Scaglione e realizzata da Nuccio Bertone.
L'apporto di Zagato. Nel frattempo, sui terreni di gara era apparso subito chiaro che le versioni vincenti della Giulietta erano quelle vestite nell’atelier di Zagato e ciò sin da quando, alla Coppa Intereuropa 1956, aveva esordito la berlinetta bianca (denominata SVZ, Sprint Veloce Zagato) di Massimo Leto di Priolo, costruita demolendo la scocca di una Sprint Veloce incidentata dal gentleman driver milanese alla Mille Miglia. Per un lungo periodo l’antico e glorioso fornitore di carrozzerie da corsa del Biscione, che aveva realizzato perfino la pelle della mitica monoposto 158 – 159 “Alfetta” campionessa del mondo di Formula 1, era stato tenuto in un rapporto marginale con l’azienda e soltanto nel 1954 Gianni ed Elio Zagato avevano visto accettare dai vertici del Portello, seppur in un piccolo lotto di esemplari, la propria versione della 1900 SS, una delle quali venne peraltro pilotata quasi subito in forma pseudo-ufficiale dal collaudatore Alfa Consalvo Sanesi. In questa fase di tiepida collaborazione, molti altri esemplari di Giulietta SVZ vennero ricavati dalla trasformazione di Sprint Veloce di Bertone, una procedura lunga e anche decisamente costosa, come si può ben immaginare.
Ideata per le competizioni. Piloti privati del calibro di Egidio Scorza, Sergio Bettoja e Ada Pace ne avevano evidenziato le grandi qualità spadroneggiando nelle stagioni sportive 1958-59. Fu solo nella seconda metà del 1959, all’incirca in concomitanza con la delibera della versione definitiva della Sprint Speciale di Bertone, che l’Alfa Romeo, grazie all’intervento dell’amministratore unico, Raffaello Di Nola, insieme con Giuseppe Luraghi, decise di affidare alla Zagato la realizzazione di una berlinetta corsaiola, più leggera e compatta al punto di dettare una vera e propria supremazia nelle gare di velocità in salita e, all’occorrenza, anche in pista: la Giulietta Sprint Zagato (SZ).
Il debutto della berlinetta sportiva. Si parlò all’inizio di un centinaio di esemplari, quanti ne servivano per ottenerne l’omologazione nelle competizioni, ma alla fine ne verranno costruiti ben 169. Agli inizi del 1960 venne allestito un prototipo che fu affidato a Consalvo Sanesi e Guido Moroni per i test preliminari. Il pianale da cui derivava era quello della Sprint Speciale debitamente accorciato (2.250 mm). La presentazione ufficiale della SZ avvenne il 3 marzo 1960 al Salone di Ginevra, quando nello stand della carrozzeria milanese fu esposta la nuova, bellissima, berlinetta sportiva.
Costruita a mano. In quel periodo Gianni Zagato aveva rinunciato alla sperimentazione della scalfatura sul padiglione, pensata per ridurre la sezione maestra, e la SZ, di pure forme ovoidali (e soprannominata affettuosamente dal fratello Elio “la saponetta”), priva di ogni ornamentazione ad eccezione di una leggera sporgenza sulla fiancata, risultò visivamente molto sexy proprio per l’evidenza delle sue qualità funzionali. Malgrado il notevole numero di esemplari realizzati, la costruzione fu sempre del tutto manuale, con rivestimento in lamierino di alluminio su traliccio di profilati d’acciaio saldati al pianale di serie. Per costruire, rifinire e verniciare la carrozzeria di una Giulietta SZ erano necessarie 300 ore di lavoro manuale.
Sei carrozzerie al mese. Nella piccola officina della Zagato una ventina di operai era in grado di completare circa sei carrozzerie al mese. Sotto la supervisione di Bruno Ghezzi, all’epoca responsabile degli addetti alla lavorazione delle lamiere (i battilastra), i pianali arrivavano dal Portello totalmente “nudi” in piccoli lotti, per poi essere vestiti in via Giorgini col risultato che ciascuna scocca, in realtà, era diversa dalle altre per le sfumature di alcuni particolari, proprio come succedeva per la realizzazione delle barchette da corsa nei piccoli atelier degli artigiani.
“Kim” e “Tom” alla Targa Florio.La vettura protagonista del nostro servizio, telaio 00090, venne immatricolata il 9 febbraio 1961 con targa MI537575 e fu venduta alla scuderia milanese Sant Ambroeus. Il 30 aprile corse in Sicilia alla Targa Florio col numero 30, pilotata da “Kim”, alias Sergio Pedretti, in coppia con l’amico gentleman driver bolognese Franco Baroni, in arte “Tom”. Quest’ultimo si innamorò della berlinetta e decise di acquistarla, con successivo cambio di targa (BO135429).
Quotazioni stellari. Dopo aver riparato il muso in Zagato a seguito di un incontro ravvicinato alla “Targa” con un terrapieno, subito dopo il rettilineo del Buonfornello, la SZ venne ridipinta di rosso e rivenduta anni dopo a Salerno. Da allora è stata conservata in condizioni originali. Si stima che quasi tutte le SZ siano tuttora circolanti, la maggior parte delle quali in ottime condizioni. Sono pezzi molto pregiati, d’alta collezione, ed è per questo che la loro quotazione è sempre in costante ascesa. Oggi per un esemplare perfetto, magari con una storia sportiva importante, bisogna mettere in preventivo una spesa di circa 500 mila euro.