Venticinque anni fa l'addio ad Ayrton Senna. Un pilota e un uomo speciale. I brasiliani l'hanno amato più di Pelé, perché per loro è stato un simbolo di riscossa e speranza. Oggi lo ricordiamo così.
Venticinque anni senza Ayrton Senna. Venticinque anni senza “Ayrton Senna do Brasil”, come lo acclamava, dopo ogni vittoria, l’amico giornalista brasiliano Galvão Bueno, che l’ha seguito per tutto il corso della sua carriera, raccontando il Senna pilota ma soprattutto il Senna simbolo di un intero paese.
Simbolo di un popolo. Quel Brasile che l’ha visto nascere e crescere, e che presto ha imparato ad amarlo più di Pelé. Quel Brasile che lottava contro la povertà, e che con lui ha sperato di crescere, di potercela fare. Quel Brasile che il 1° maggio di venticinque anni fa, insieme al mondo intero, si strinse per l’ultima volta attorno al campione in cui aveva riposto con fiducia e amore sogni, ambizioni e speranze.
Un pilota magico. Venticinque anni senza “Magic”, come lo chiamavano i telecronisti, i commentatori, i giornalisti, gli amici e i tifosi che hanno avuto la fortuna di ammirarne le imprese, di conoscerlo e di stargli vicino.
Verso una nuova era. Primo pilota moderno perché il primo, tra i suoi colleghi, ad allenarsi con costanza, a curare in maniera maniacale la forma fisica, seguendo i consigli del preparatore atletico (e fidato consigliere) Nuno Cobra, che lo faceva correre per ore sotto il sole e sotto la pioggia.
Il mago della pioggia. Senna era il “re della pioggia”, e lo dimostrò al suo primo Gran Premio di Montecarlo, nel 1984, quando sotto un acquazzone con una Toleman tutto fuorché competitiva risalì dal 13° posto ottenuto in qualifica fino al secondo gradino del podio. Una dote innata affinata sin da bambino quando nonostante pioggia e freddo, s’infilava casco e guanti e si allenava allo sfinimento con il suo go-kart.
Per non dimenticare. Chi l’ha visto correre, chi l’ha visto lottare con bolidi dalla cavalleria esagerata (che andavano forte come le monoposto di oggi, ma erano molto più difficili da guidare), ha sognato di essere come lui. Chi l’ha visto correre, chi l’ha sentito parlare, chi ha incrociato il suo sguardo, profondo, un po’ triste e malinconico, oggi lo racconta ai più piccoli.
Per sempre nel cuore. E così il mito corre ancora. Forte, invincibile, immortale. Sul circuito di Interlagos, dove oggi è previsto un concerto e i tifosi brasiliani sfileranno per ricordare il loro campione, e su quello di Imola, dov’è in corso l’Ayrton Day. Proprio là dove venticinque anni fa finì una vita speciale e cominciò una leggenda. Ci manchi, Ayrton.