Da mercoledì 16 a sabato 19 maggio l’Italia dei motori è andata in una sola direzione, quella indicata dalla mitica frecci rossa della Mille Miglia. La trentaseiesima edizione della rievocazione è stata ancora una volta un défilé multilingue per centinaia di vetture storiche mosse dai cavalli della passione ma anche dagli interessi multimilionari che la “corsa più bella del mondo” ha saputo generare con la sua leggenda (ne parliamo abbondantemente, con ben due articoli, sul numero ora in edicola di Ruoteclassiche).
La storia – vera – della Mille Miglia è durata trent’anni, dal 1927 al 1957, ma le edizioni effettivamente disputate sono state 24, poiché dal 1941 al 1946 non si è corsa a causa del secondo conflitto mondiale. Gli aneddoti, le curiosità, le vicende accadute in ciascuna edizione sono decine e decine. Basta aprire a caso il libro della memoria per pescarne qualcuna. Per esempio, ne raccontiamo una che riguarda la settima Mille Miglia, quella del 1933. In realtà, quell’anno, gli spunti di interesse furono molti (la prima volta della MG, il debutto delle Fiat Balilla Sport…), ma ci limitiamo a riportare un episodio quasi tragicomico che coinvolse l’Alfa Romeo 8C 2300 affidata a Franco Cortese in coppia con Carlo Castelbarco. Intanto va sottolineato che l’Alfa Romeo si era ritirata ufficialmente dalle competizioni e le vetture del Biscione – 18 quelle al via della Freccia Rossa – vennero gestite dalla Scuderia Ferrari. Una vittoria praticamente annunciata, bastava scorrere l’elenco iscritti: sulle Alfa in lizza per la classifica assoluta c’erano equipaggi “top” come Nuvolari-Compagnoni (che infatti vinsero la corsa), Trossi-Brivio, Borzacchini-Lucchi, Taruffi-Pellegrini, Scarfiotti-D’Ippolito e i già citati Cortese-Castelbarco.
Proprio questi ultimi avevano a disposizione la nuova Alfa 8C tipo Monza, ma la domenica prima della gara, quando Cortese fece visita all’officina per gli ultimi controlli, si trovò di fronte a uno spettacolo agghiacciante: la sua vettura era abbandonata in un angolo con la parte posteriore completamente bruciata. Era successo il giorno prima, dopo l’ultimo collaudo: i meccanici stavano riempendo il serbatoio del carburante quando una scintilla prodotta da un contatto elettrico innescò le fiamme che avvolsero l’auto in pochi secondi.
A quella visione, Cortese andò su tutte le furie e costrinse i meccanici a rimettere in sesto la sua Alfa. Riuscirono a terminare il lavoro giusto in tempo per presentarsi alla punzonatura di Brescia. Tutto bene? No, ancora no. A un’ora dalla partenza, infatti, all’ultimo rifornimento, per sbaglio venne vuotato nel serbatoio di Cortese anche un bidone d’acqua. In fretta e furia si dovette rismontare il serbatoio, svuotarlo dal cocktail letale di benzina e acqua, rimontarlo e riempirlo nuovamente. Cortese e Castelbarco iniziarono la corsa… di corsa, già con alcuni secondi di ritardo sull’orario di partenza. Ma il pilota milanese ebbe ragione a spronare i suoi meccanici, perché concluse la Mille Miglia al secondo posto assoluto dietro al compagno di squadra Tazio Nuvolari e davanti ad altre otto Alfa Romeo che avevano dominato la gara.
Luca Gastaldi