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Carlo Dolcini e il suo libro “Alfonso de Portago, l’ultima corsa”

Certo che è un po’ strano cominciare dalla fine. È come sapere subito chi è il colpevole del giallo che hai appena cominciato o che quei due poi si sposano. E il film è appena partito.

Ma la Mille Miglia è un’altra cosa. È mito, leggenda, epica. Ogni episodio vale tutta la corsa. I sorpassi alla cieca di Nuvolari, gli stratagemmi dei tedeschi che dipingevano le macchine di rosso per farle sembrare italiane… Sono tutte perfette favole della buonanotte.

Tutte tranne una. Quella di Alfonso de Portago, della sua sfortunata Ferrari e di quell’incidente che costò 12 vite. Contando anche quella della “corsa più bella del mondo”.

Nel libro di Carlo Dolcini, Alfonso de Portago – L’ultima corsa (edizioni Silea Grafiche, 2009) l’episodio che cambiò la storia delle competizioni su strada una volta per tutte non viene raccontato. Viene visto, rivisto e corretto. Oltre che spiegato. Il fatto è noto, il 12 maggio del 1957, la Ferrari 315 S numero 531 di de Portago stava filando verso Brescia. Ma purtroppo, dalle parti di Guidizzolo, nel mantovano, il cavallino smette di rampare e comincia a volare. Per atterrare in un fosso, dopo aver falciato 9 persone. 

Per andare nel dettaglio basta leggere l’estratto della perizia giudiziale, riportata nel libro di Dolcini: “Va precisato che dopo l’abitato di Cerlongo e sino alla zona dell’incidente intercorrevano circa quattro chilometri di rettilineo, seguito da un ulteriore rettilineo di circa un chilometro e mezzo. Si deve pertanto presumere che la macchina numero 531, già in favorevole posizione di classifica, e per quanto noto ritenuta in buone condizioni meccaniche dall’equipaggio, marciasse, in presa diretta, ad una velocità molto prossima alle sue massime possibilità che dai rapporti della coppia conica di rinvio e di quella cilindrica del differenziale (rispettivamente 14/16 e 13/40) in relazione al probabile numero dei giri del motore era nell’ordine di km/ora 270-280 (ma veramente non oltre km/ora 210-220, N.d.A.). È noto che l’auto da corsa numero 531, alla guida di Alfonso de Portago che aveva a bordo il giornalista Nelson Edmund Gurner, è transitata da Mantova alle 15 54’ 32” e dopo aver attraversato regolarmente gli abitanti di Goito e di Cerlongo, si è immessa nel rettilineo che da questo paese porta alla curva precedente l’abitato di Guidizzolo”.

Ma cosa successe? Si parlò di “occhi di gatto”, i catarifrangenti rialzati che correvano lungo il bordo della strada (l’antidoto del tempo contro la scarsa visibilità causata dai nebbioni), di gomme difettose, di scatole di sterzo fragili. Tra gli indagati finì pure Ferrari che, terrorizzato da dover sborsare risarcimenti milionari, fu prosciolto nel 1961 per non aver commesso il fatto. 

In realtà Dolcini avanza un’ipotesi interessante, che un amico, che chiamerò il “carrozziere mascherato” (nel senso che vuole restare anonimo), uomo che su quelle macchine ha messo più volte le mani, conferma. Almeno per la sua plausibilità. Quale?

Non ti voglio rovinare il finale. Leggi il libro e lo scoprirai. E comunque no, questa volta il maggiordomo non c’entra niente.

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