Uno degli ultimi pezzetti dell’auto british diventa giapponese. La Caterham Cars è stata acquisita dal gruppo automobilistico giapponese VT Holdings, da anni importatore delle Lotus nel Sol Levante. Il suo futuro sarà elettrico?
Poche youngtimer sono così intrinsecamente inglesi come la Caterham. La sua storia è relativamente giovane: iniziò nel 1973 quando Graham Nearn rilevò la licenza di costruzione e commercializzazione della Lotus Seven dal suo inventore, Colin Chapman. Da allora, la Caterham Cars ha continuato a costruire auto semplici e divertenti, assolutamente fedeli a se stesse. Sdegnosamente insensibili al mal di schiena e all’invadenza dell’elettronica. La semplicità e lo stile assolutamente british sono una bandiera che, adesso, cambierà parzialmente colori. I proprietari Tony Fernandes e Kamarudin Meranum (due uomini d’affari dai nomi non inglesissimi, a guardar bene) hanno venduto la Caterham Cars al gruppo automobilistico VT Holdings, che da anni importa le Lotus in Giappone. È il secondo trasloco, dopo il primo dalla cittadina di Caterham (di qui il nome), nel Surrey, a Dartford, il villaggio del Kent noto ai più per aver dato i natali a Mick Jagger.
Meno è meglio. Le origini della Caterham affondano le ruote nell’asfalto bollente del 1957, la vigilia dell’ascesa dei “garagisti” inglesi. Colin Chapman lanciò la prima serie delle Lotus Seven per andare incontro alla richiesta di auto sportive leggere, a basso costo, divertenti e, se possibile, vincenti. A posteriori, potremmo dire che sarebbe potuto riuscirci solo lui. La seconda serie del 1960 fu aggiornata da una terza nel ’68 e da una quarta nel ’70. Come negli anni successivi, la Seven prima e la Caterham poi sono rimaste fedeli alla propria essenzialità e alla possibilità di essere adattate con un paio di chiavi. Niente complicazioni, siamo inglesi: l’unica concessione al progresso è stato l’aumento delle prestazioni, per il garbato gaudio dei fisioterapisti. L’altra grande arma vincente della Seven è stata la possibilità di acquistarla sottoforma di kit, per essere assemblata in garage e dribblare le tasse sull’immatricolazione di un’auto nuova in Gran Bretagna. Costruzione in proprio significava anche personalizzazione.
Ford tutta la vita. All’inizio, Nearn puntò sulla quarta generazione della Seven. Quando si accorse che non era stata ben accolta dagli appassionati, ripropose 20 esemplari della Serie 3, sviluppati sul prototipo zero con numeri di telaio da CS3 3550 a CS3 3570. Erano tutti equipaggiati del 4 cilindri Ford Lotus twin cam da 1.557 cc, a eccezione dell’esemplare numero sette dotato di un bialbero Alfa Romeo del ’62. Oggi una Caterham Seven può essere ordinata scegliendo fra due affidabili aspirati Ford, il Sigma 1.6 litri o il 2 litri Duratec, a vario stadio di preparazione. Quella di base offre 137 cv, abbastanza per andare a spasso in stile e apprendere i rudimenti della nuda guida sportiva. Per chi vuole fare più sul serio, si sale fino alla cifra insensata (dato il peso di 850 kg circa) di 314 cv del modello 620, che salta da zero a cento in 2.79 secondi.
Sono come tu mi fai. Ancora oggi tutte le Caterham Seven continuano a essere vendute anche nella tradizionale formula “do it yourself”, molto apprezzata dai fans, con l’eccezione della serie 6 CSR. Non c’è bisogno di una donatrice d’organi: quando viene scaricata davanti al garage, la cassa della Caterham ha tutte le parti che occorrono per divertirsi due volte: a costruirla e poi a guidarla. Una Caterham è piuttosto elementare: telaio in tubi d’acciaio, pannelli di alluminio da rivettare, motore, quattro ruote, due sedili. Non serve neanche essere dei meccanici consumati, anche se la regolazione delle (scarne) sospensioni, di camber e caster richiede una certa attenzione. Specie nel caso si decida di correre nelle gare amatoriali su pista o in salita, che sono il vero ecosistema di una Caterham. In alcuni casi, la vendita in kit permette anche di sorpassare a destra i crescenti problemi di omologazione sui mercati esteri. Ecco perché l’assortimento di telaio, motore, specifiche e prezzo varia di Paese in Paese.
Sì, ma come ci è finita in Giappone? Dal 2006, al vertice di Caterham Cars erano stati designati Ansar Ali e Mark Edwards, una coppia di ex dirigenti della Lotus. Nel giugno del 2012 Ali lasciò la Caterham e Graham McDonald fu nominato nuovo amministratore delegato. Nel Sol Levante, il piccolo marchio inglese ha coltivato un seguito di nicchia, ma solido: tant’è che ogni anno è riuscito a piazzare almeno 120 auto. Non c’è da stupirsi, data l’ossessione giapponese per l’essenzialità e le vestigia della vecchia Europa. Ora il nuovo proprietario Takahashi Kazuko intende “proteggere e sviluppare la Seven per andare incontro alle sfide legislative che attendono dietro l’angolo”. Un modo diplomatico per dire che la attende un futuro elettrico? Se non altro, in Giappone il volante resterà a destra.