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03/08/2005 | di Redazione Ruoteclassiche
CAVALLINO TENUTO A FRENO
Troppo bella per lasciarla correre: il proprietario teneva troppo a lei. Una vettura nata per le competizioni passò così i suoi anni migliori senza emozioni. Fu una fortuna, perché in questo modo si è conservata in ottima forma. Dal 1986 appartiene a un collezionista svizzero. Motore di 4,5 litri, 340 CV, 250 km/h.La nostra “375 […]
03/08/2005 | di Redazione Ruoteclassiche

Troppo bella per lasciarla correre: il proprietario teneva troppo a lei. Una vettura nata per le competizioni passò così i suoi anni migliori senza emozioni. Fu una fortuna, perché in questo modo si è conservata in ottima forma. Dal 1986 appartiene a un collezionista svizzero. Motore di 4,5 litri, 340 CV, 250 km/h.

La nostra "375 MM" berlinetta Pinin Farina è custodita in Svizzera e fa parte di una delle più importanti collezioni di Ferrari in Europa. La vernice, di un elegante colore avorio (Max Meyer Grigio Chiaro), è originale e ancora splendida. Entrò a far parte della collezione nel 1986 e oggi viene guidata assai di rado.

Con il proprietario ripercorriamo la storia di questo modello. I successi ottenuti nel 1953 dalla "375 MM" avevano spinto la Ferrari ad affidare nel 1954 a Pinin Farina l'allestimento di alcuni esemplari con carrozzeria berlinetta per quei clienti che desideravano utilizzare la "375" non solo in gara, ma anche su strada. Il motore era il V12 a "blocco lungo" progettato da Aurelio Lampredi, già montato sulla "340 America" ma con cilindrata portata a 4522 cm³ e potenza di 340 CV. Il telaio era costituito da tubi di sezione ovale, le sospensioni anteriori erano a ruote indipendenti con balestra trasversale e le posteriori a ponte rigido con balestre longitudinali.

Pinin Farina realizzò solo sette "375 MM" berlinetta, riprendendo le linee della carrozzeria già sperimentate un anno prima sulla "375 MM" con cui Umberto Maglioli aveva partecipato alla quarta edizione della Carrera Panamericana. La nostra "375 MM", telaio n. 0416 AM, fu la quinta della serie e non venne mai impiegata in gara. Fu ordinata nel 1954 dal cavaliere Tommaso Sebastiani, che nei primi anni 60 la vendette a un collezionista di Detroit, Carl Bross; dopo la sua morte (1969), la Ferrari finì nelle mani di Ken Hutchinson, appassionato dell'Illinois, per giungere infine al nostro collezionista svizzero, che avviò una revisione completa di motore, cambio e impianto frenante, costata 140.000 euro.

Nell'abitacolo gli allestimenti sono ridotti al minimo. Il potente V12 da 340 CV prende vita con una voce profonda, minacciosa. La frizione è pesante e dall'azione brusca. Appena si pigia sull'acceleratore il funzionamento del motore diviene più regolare e lo sterzo meno pesante, pur rimanendo non molto preciso.

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