C’erano trenta Bugatti in treno - Ruoteclassiche
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21/04/2020 | di Paolo Sormani
C’erano trenta Bugatti in treno
L'incredibile storia di Fritz Schlumpf e della sua passione per le Bugatti.
21/04/2020 | di Paolo Sormani

Rievochiamo la rocambolesca vicenda che ha dato vita alla collezione di Bugatti e al museo dell’auto più famosi al mondo. Il protagonista è Fritz Schlumpf, il laniere con l’ossessione delle belle auto francesi che nel 1964 mise le rotaie sotto le ruote di 30 Bugatti.

Chi si trovasse a passare per Hoffman, uno sperduto villaggio dell’Illinois, il 30 marzo 1964 potè assistere a uno spettacolo che non sarebbe più ricapitato né lì, né altrove, né mai. Trenta Bugatti un po’ malconce stavano prendendo il treno, caricate a bordo di un convoglio di vagoni a bisarca della Southern Railway Illinois. Da lì, le preziose auto da collezione avrebbero viaggiato fino a New Orleans per salpare su una nave cargo battende bandiera olandese. Ad attenderle al porto di Le Havre dopo la traversata atlantica c’era un uomo la cui ossessione per le Bugatti superava persino il numero di consonanti nel proprio cognome: Fritz Schlumpf. Erano anni che questo signore stava cercando di riunirne la collezione più numerosa e prestigiosa al mondo. Ora finalmente stava per farcela, dopo due anni di tempestosa negoziazione. Già, ma chi era Fritz Schlumpf?

Amore senza fine. L’imprenditore svizzero, ma nato in Piemonte (il suo vero nome era Federico Filippo Augustino) aveva comprato la sua prima Bugatti nel 1928, ad appena 22 anni. La guidava nei fine settimana e occasionalmente nelle corse locali, da pilota amatoriale. Dopo aver perso prematuramente il padre, Schlumpf aveva investito nel settore laniero con il fratello Hans (Giovanni Carlo Viterio), più giovane di due anni. Nel 1935 fondarono la Société Anonyme pour l’Industrie Lainière (Sail) per il commercio di lane. Terminata la Seconda guerra mondiale, gli Schlumpf acquistarono diversi lanifici e filature in Alsazia prendendo di fatto il controllo dell’industria tessile nel Nord-est della Francia. Fu negli anni Cinquanta che il nome dei due fratelli si concatenò a quello di altri celebri fratelli, i Bugatti, anch’essi italiani divenuti imprenditori di successo in Francia. Nel Dopoguerra, gli Schlumpf avevano preso a collezionare vetture d’epoca a decine e nel ’57 acquistarono un lanificio fallito a Mulhouse, in Alsazia, in previsione di installarvi un proprio museo dell’automobile. Nel 1961 esplose l’amore folle per le Bugatti, che nel giro di pochissimo tempo portò Fritz a diventarne uno dei maggiori collezionisti al mondo. Soprattutto dopo aver rilevato auto, pezzi, materiali e disegni tecnici dopo il fallimento Bugatti dalla Hispano-Suiza. Nello stesso periodo, Schlumpf aveva preso carta, penna e costanza per scrivere ai proprietari di Bugatti sparsi per il mondo. La lista di indirizzi l’aveva trovata nel registro del Bugatti Owners Club inglese attraverso Hugh Conway, che lo mise in contatto con il collezionista americano John W. Shakespeare di Hoffman, Illinois. Era lì, negli Stati Uniti, che Schlumpf intendeva trovare i pezzi mancanti dell’incredibile puzzle che aveva in mente.

Per qualche dollaro in più. La passione di mister Shakespeare per le Bugatti si era sviluppata negli anni Cinquanta dopo l’acquisto di una Type 55 del 1932, seguita presto da una delle tre Royale Type 41 carrozzate Park Ward. Più avanti si aggiunsero ben 12 Type 57, tre Type 55 e addirittura l’auto elettrica personale di Ettore Bugatti, la Type 56 del 1931. A quel punto, con 30 auto allineate nella sua proprietà, Shakespeare era considerato fra i collezionisti del marchio più importanti al mondo. Non conosceva però l’ambizione di Fritz Schlumpf, che gli offrì 70.000 dollari sull’unghia per averle tutte. Shakespeare rifiutò: se si doveva parlare di cifre, dovevano avere almeno cinque zeri, comunque niente sotto i 105.000. Schlumpf decise di vederci più chiaro e nel ’63 fece valutare la collezione da un esperto americano, Bob Shaw. La relazione che ne ricavò era poco lusinghiera: “La maggior parte delle vetture si trovano in un capannone dal pavimento sporco e le finestre rotte. Il tetto perde e vi hanno nidificato diversi uccelli. Ogni macchina è in parte smontata e nessuna è stata guidata da almeno 18 mesi”. Shaw ne sconsigliò sconsigliò l’acquisto, ma l’imprenditore italo-svizzero era ormai determinato a farle sue rilanciando con 80.000 dollari. Seguì un altro anno di ulteriori negoziazioni, minacce verbali, ricatti e rilanci per qualche dollaro in più, finché i due collezionisti si accordarono per la somma di 85.000 dollari (circa 720.000 aggiornati al cambio attuale), trasporto in Francia compreso. Un ottimo affare, se pensiamo alle cifre ultramilionarie di oggi!

Le Bugatti prendono il treno. Fu così che il 30 marzo 1964 le 30 Bugatti partirono per la Francia. Qualche settimana più tardi, il cargo che le trasportava via mare entrò nel porto di Le havre dove Fritz Schlumpf prese finalmente possesso del suo oggetto del desiderio. L’obiettivo di diventare il sultano delle Bugatti era stato raggiunto. L’anno seguente, i fratelli Schlumpf resero pubblica l’esistenza della loro collezione con un piccolo comunicato stampa, nel quale annunciavano anche il progetto di creare il museo di auto classiche più grande al mondo. Un sogno più grande di loro: gli Schlumpf si sarebbero godute le loro Bugatti per una decina d’anni appena. Gli scioperi prolungati, le accuse di pratiche commerciali scorrette e il declino del settore laniero francese negli anni Settanta spinsero i fratelli a riparare precipitosamente in Svizzera. Una fuga vera e propria, alla quale seguì lo stupore dei lavoratori dei loro lanifici quando, nel 1977, scoprirono il tesoro segretamente custodito dai loro padroni: circa cinquecento auto da collezione, delle quali 181 Bugatti! Per evitare la dispersione della collezione, lo Stato francese assimilò la collezione Schlumpf ai Beni culturali. Nel 1981 fu decisa la vendita per 44 milioni di franchi (oltre 200 milioni di dollari dell’epoca) all’Association du Musée National de l’Automobile. Oggi chi si reca alla Cité de l’Automobile di Mulhouse può ammirare ciò che resta della magnifica ossessione di Fritz Schlumpf su 25.000 metri quadri di esposizione magnificamente allestita. Ed è molto: quattrocento classiche fra le più rare e preziose al mondo, fra le quali un centinaio di Bugatti e la famosa Park Ward di John Shakespeare. Alcune delle 30 auto acquistate avventurosamente da Fritz Schlumpf hanno trovato dimora in stato originale di conservazione al Mullin Automobile Museum di Oxnard, in California.

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