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07/04/2023 | di Redazione Ruoteclassiche
Chrysler Airflow, troppo avanti per i tempi
Scocca portante, distribuzione dei pesi ottimale, confort elevato, motore a otto cilindri, una linea avveniristica. Nel 34 questo modello era talmente proiettato al futuro da risultare ostico anche per l’America. E la fabbrica rischiò di fallire
07/04/2023 | di Redazione Ruoteclassiche

Dopo essere stata travolta nel biennio 1932-33 dalla drammatica situazione economica seguita al crollo di Wall Street del 1929, l’industria automobilistica americana registrò nel 1934 un recupero di circa il 40% rispetto all’anno precedente, con un volume di vetture prodotte intorno ai 2.300.000 unità, circa la metà di quanto le fabbriche avevano consegnato prima della grande depressione. Una ripresa così robusta attribuibile soprattutto al successo di alcuni modelli economici - non impedì tuttavia la bancarotta di una marca di prestigio come la Pierce-Arrow e non consentì alla Chrysler di compiere un ambizioso balzo in avanti con il lancio della “Airflow”, vettura di autentica avanguardia sul piano tecnico-costruttivo oltreché in termini di innovazione architettonica. In effetti, quella grande berlina interpretò con forme eleganti la tendenza emergente della linea “streamlining”, proponendo anche una attorniato di ingegneri di talento, con i quali aveva costituito un formidabile gruppo di lavoro, che in breve tempo acquisì una solida reputazione in campo progettuale.

Ispirazione aeronautica. Fortemente ispirati alle procedure di costruzione in atto presso le fabbriche aeronautiche, essi concepirono la struttura della carrozzeria “Airflow” come una gabbia metallica di longheroni e traverse - robusta e leggera – che anticipò di molti anni in America la soluzione della carrozzeria portante; la linea raccordata delle fiancate ridusse per la prima volta i fruscii imputabili alla resistenza dell’aria durante la corsa e influì favorevolmente sulle prestazioni e sul consumo di carburante. Il motore a 8 cilindri in linea (con tre diverse cilindrate: 4900 cm. da 122 CV, 5300 cm. Da 130 CV e 6306 cm. da 140 CV) fu spostato in avanti sul telaio di quasi mezzo metro - sopra e non dietro l’avantreno - rispetto alle Chrysler precedenti, il che comportò una drastica riduzione in lunghezza del cofano e un sorprendente aumento di spazio all’interno dell’abitacolo, pur in una vettura con un passo di generose dimensioni (da 3119 a 3721 mm).

All’avanguardia per il confort. Tale diversa ripartizione dei volumi permise inoltre di collocare in coda la ruota di scorta, in precedenza montata ai lati del cofano motore. La nuova Chrysler rappresentò una metamorfosi assoluta nella concezione della berlina a sei posti, con il radiatore e i proiettori incorporati nella carenatura imponente e tondeggiante del frontale; questo assunse forme massicce, contraddistinte dalla calandra con effetto grafico “a cascata d’acqua”, come fu opportunamente definita dai commentatori dell’epoca. La vettura risultò all’avanguardia per il notevole confort di marcia ottenuto grazie al posizionamento fra gli assali dei due ampi divani a tre posti, un’inedita peculiarità rispetto alle altre auto del tempo, nelle quali i passeggeri posteriori - seduti sopra le ruote motrici – erano maggiormente sottoposti ai contraccolpi causati in corsa dalle asperità della strada. Sul fronte della sicurezza l’“Airflow” introdusse inoltre i freni a comando idraulico, una novità quasi assoluta in un momento storico in cui gran parte delle auto era ancora provvista di freni meccanici.

Anticipo di futuro. Un’altra singolarità nel processo di evoluzione costruttiva fu il parabrezza in un solo pezzo di cristallo curvo, che fu comunque riservato solo all’ammiraglia della nuova serie, la “CW Custom Imperial”, mentre sugli altri tre modelli della gamma “Airflow” fu ancora montato il parabrezza a V in due parti. Eppure, un’automobile così brillante e innovativa sul piano progettuale andò incontro ad uno dei più clamorosi insuccessi. Il pubblico americano non si dimostrò capace di apprezzare d’un solo colpo una proposta così rivoluzionaria e considerò la Chrysler ’34 più come un messaggio stravagante che non anticipatore del futuro; a tale fredda accoglienza contribuì anche la tempestiva campagna contraria scatenata dalla General Motors e da altre marche rivali, le quali giunsero ad insinuare che le nuove “Airflow” fossero macchine insicure. In un mercato capriccioso e imprevedibile, dove appariva arduo operare scelte in base alle effettive qualità del prodotto, la Chrysler uscì severamente condannata dal “pollice verso” di quanti erano stati ritenuti i naturali destinatari di quell’automobile d’avanguardia.

Pollice verso. La fabbrica si salvò dal collasso perché, a fianco della serie “Airflow”, mantenne a catalogo i modelli “CA” e “CB” di aspetto convenzionale, contraddistinti dal lungo cofano motore e dalla coda di linea squadrata. La formula “streamlining”, con le sue fiancate fluenti e la coda sfuggente, non ricevette cioè i consensi del pubblico, il quale rifiutò l’approccio di quelle idee precorritrici. Del nuovo modello si costruirono nel 1934 solo 10.839 esemplari e tre anni più tardi esso venne radiato dal catalogo. D’altro canto, la storia dell’automobile sull’altra sponda dell’Atlantico non è stata avara negli anni successivi di altri episodi in cui un modello o una marca non abbiano riscontrato i consensi del pubblico, con il caso più clamoroso, nel 1959, della Edsel appartenente al gruppo Ford.

(Luciano Greggio)

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