Visto da fuori, ha il viso e la statura del monumento che oggi, 31 maggio compie 90 anni. Pochi sanno che Clint Eastwood è un insospettabile car guy nato a otto giorni di distanza dalla Pininfarina. Nella vita si è concesso di tutto, dalle roadster inglesi alle Ferrari. Fino alla mitica Ford Gran Torino – sì, proprio quella del film.
In un’intervista televisiva dichiarò: “Jay (Leno) ha una collezione enorme. Non sono come lui, ma ho un paio di vecchie auto. Ho ancora la vecchia Lincoln convertible limousine che usammo in Honkytonk Man”. Modesto e di poche parole, come sempre. La verità è che nel garage di Clint Eastwood, che oggi compie 90 anni, sono transitate parecchie classiche belle, veloci e di grande pregio. In particolare, le sportive italiane e inglesi e le muscle car americane. In ogni caso, direbbe lui, roba con parecchi cavalli là sotto. Ne ha fatta di strada, il cowboy che Sergio Leone chiamò perché aveva “due espressioni, una con il cappello e una senza”. Negli ultimi trent’anni ha preso in mano le redini del cinema d’autore americano raccogliendo l’eredità di un certo John Ford. In molti dei suoi film “recitano” anche le auto. Forse la più famosa è la Ford Gran Torino Sport del 1972 del film omonimo. Se ne innamorò a tal punto che, alla fine delle riprese, Eastwood ha fatto un’offerta al suo proprietario e se l’è portata a casa.
Coraggio… fatti superare. Anche se non è un’icona hollywoodiana del volante come James Dean, Paul Newman o Steve McQueen, Clint Eastwood è sempre stato un car guy genuino. Come ogni adolescente dell’America postbellica, è cresciuto con gli hot rod nel sangue. Quando ha potuto permettersela, ha comprato la Ford Roadster del ’32 che aveva sempre sognato. Da vero appassionato, Eastwood ha sempre seguito una strada tutta sua. Mentre gli altri divi si facevano notare sulle astronavi cromate, lui – ancora alla soglia della fama – mandava in pezzi i limiti di velocità al volante di una piccola Austin Healey 100, o di una Jaguar XK150 bianca in versione convertibile. Un’altra inglese “insospettabile” del suo garage è “una Mini Morris Countryman piuttosto interessante. L’ho importata dall’Inghilterra e ha tutta la roba da corsa della Mini Cooper S nel cofano di una piccola wagon. Mi piace perché ce ne sono poche così”.
Nato con la Pininfarina. La svolta arriva quando il produttore italiano Dino De Laurentiis gli fa una sorpresa regalandogli una Ferrari 275 GTB grigio notte carrozzata Pininfarina, poi riverniciata da George Barris in verde metallizzato – la sua storia è raccontata nei dettagli in Ruoteclassiche di maggio. Si vede che era destino: Eastwood è nato il 31 maggio del 1930, otto giorni dopo la fondazione della carrozzeria torinese. Quella 275 GTB è solo la prima di una discreta serie di Ferrari, che comprende la 365 GT4 BB che ha guidato per quasi tutti gli anni Settanta e che sarebbe stata affiancata da una 308 GTB rossa. Anche se aveva il massimo in fatto di granturismo, da buon americano Clint Eastwood ha sempre avuto a cuore anche la produzione domestica. Nell’agosto del 1977 ritirò dalla concessionaria di Salinas, in California, una Pontiac TransAm Special Edition nera, che Burt Reynolds ha reso popolare nel film “Il Bandito e la madama”. In uno dei suoi primi film da regista, “Pink Cadillac” del 1989, è un cacciatore di taglie sull’auto americana più americana di tutte: la Eldorado del ’59, rosa come quella cantata – e guidata – da Bruce Springsteen. In una delle sue più recenti pellicole, “The Mule”, recita a 88 anni guidando una coppia di pick-up grossi come hamburger da un quarto di libbra, prima un vecchio Ford F-150, poi un Lincoln Mark LT top di gamma. Per lui è normale: quando nel 2016 Jimmy Fallon gli ha chiesto quale fosse il suo daily driver, Clint lo ha sorpreso rispondendo GMC Typhoon. Un pick up che fa da zero a cento in 5.6 secondi. Quasi come una Ferrari, ma con molta più capacità di carico.