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11/10/2002 | di Redazione Ruoteclassiche
FEBBRE A 40
Bastano quindici anni per fare di un’auto una “classica”? La risposta è sì, quando c’è di mezzo il Cavallino rampante e 478 CV sono lasciati liberi di correre, senza controllo di trazione, Esp, antislittamento e altre diavolerie elettroniche.La “F40”, che si ispirava alla “288 GTO”, fu presentata nel settembre del 1987 al Salone di Francoforte. […]
11/10/2002 | di Redazione Ruoteclassiche

Bastano quindici anni per fare di un'auto una "classica"? La risposta è sì, quando c'è di mezzo il Cavallino rampante e 478 CV sono lasciati liberi di correre, senza controllo di trazione, Esp, antislittamento e altre diavolerie elettroniche.

La "F40", che si ispirava alla "288 GTO", fu presentata nel settembre del 1987 al Salone di Francoforte. Caratterizzata da una linea cuneiforme, disseminata di prese d'aria di ispirazione aeronautica e di ampie feritoie destinate allo smaltimento del calore, la "F40" ha il piglio tipico delle auto da corsa, rafforzato dal grande alettone a ponte che ne domina la coda. Il giornalista Gino Rancati suggerì di battezzarla "Ferrari Forty" in onore del mercato Usa edegli anni passati dalla prima Ferrari prodotta.

Il motore è un otto cilindri a V di 90° da 478 CV, sovralimentato mediante due turbocompressori IHI e ospitato in una scocca a struttura composita formata da un telaio tubolare in acciaio, interamente saldato a mano, sul quale sono fissati, con colle speciali, i pannelli in carbonio e kevlar di carrozzeria e abitacolo.

Una volta al posto guida ci si rende conto della scarna dotazione di serie (i vetri, per esempio, sono a funzionamento manuale e non c'è il servosterzo), ma si apprezzano il cambio con griglia a settori, il piccolo volante a tre razze e il tachimetro con fondo scala a 360 km/h (in realtà la velocità di punta si ferma "solo" a 324 km/h). Il sedile di guida è un guscio in carbonio e tessuto rosso, che fascia perfettamente il pilota.

Abituati a potenze elevate ma filtrate da innumerevoli accorgimenti elettronici, si rimane quasi interdetti dalla forza della "F40". L'esaltante sensazione di dominare questa sportiva trova riscontro nelle impressionanti doti di tenuta, nella prontezza della frenata, nell'assetto neutro ed efficace in qualsiasi condizione. Ma, attenzione: basta poco a farsi prendere la mano e, in quel caso, la "F40" non perdona. Michele Alboreto, che ne ebbe una, era solito ammonire: "Datele sempre del lei!".

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