Lo scorso weekend il Mugello Circuit ha fatto da cornice all’emozionante presentazione della Ferrari Daytona SP3: un nuovo modello super esclusivo, proposto con il programma “Icona” che rende omaggio alle spettacolari Ferrari Sport Prototipo degli anni 60.
A volte, un nome può essere un po’ come una spada di Damocle pendente sul capo. Specie se ti chiami “Ferrari”. Sette lettere in grado di evocare, in ogni dove, un’idea: quella della velocità e dell’emozione. La summa di questi valori è stata celebrata in pista, al Mugello, per le Finali Mondiali del Programma Corse Clienti. Un’occasione privilegiata per il debutto della nuova Ferrari Daytona SP3, ultima esponente della famiglia “Icona” e instant classic già conclamata.
Le curve pericolose, anzi pericolosissime, della Ferrari Daytona SP3 s’ispirano a quelle delle gloriose Sport Prototipo del Cavallino che, il 6 febbraio 1967, si resero protagoniste della storica tripletta Ferrari alla 24 Ore di Daytona. In una giornata indimenticabile, la SP3 si unisce così alle altre vetture della famiglia Icona: le Ferrari Monza SP1 e SP2 (monoposto la SP1, biposto la SP2) presentate nel 2018, come omaggio alle "Barchette" da corsa anni 50 e 60. Il concetto è quello di reinterpretare i modelli iconici della Ferrari, con fuoriserie prodotte in edizione limitata: non semplici esercizi di manierismo nostalgico ma piuttosto un trait d’union con il passato, in cui gli stilemi e, soprattutto, l’anima del Cavallino vengano esaltati con le più recenti tecnologie.
Il design. Lo stile della Ferrari Daytona SP3 è un armonioso gioco di contrasti, fatto di superfici voluttuose e scultoree, risultanti da un briefing incentrato sull’aerodinamica. La SP3, non a caso è l’erede spirituale di vetture come la 330 P4, la 350 Can-Am e la 512 S, plasmate magistralmente per sconfiggere la resistenza all’aria. La scelta di una carrozzeria "Targa" con hard top rimovibile si ispira alle auto da corsa d’antan: di conseguenza, la Daytona SP3 offre un piacere di guida e un’esperienza a bordo ineguagliabili a qualsiasi velocità.
Nella vista laterale, la Ferrari Daytona SP3 ammalia con superfici sinuose e dalla forte tensione muscolare. Ci sono poi le caratteristiche linee orizzontali ad evocare i trattamenti volumetrici delle “Prototipo” di fine anni 60, come quelle della 250 P5 Berlinetta Speciale. Allontanandoci per un attimo dall’odierna SP3 Daytona, è bene spendere qualche parola anche sull’antenata P5 Berlinetta Speciale: una spettacolare showcar realizzata nel 1968 dalla Pininfarina per mano dell’Ing. Fioravanti e concepita come sostituta della Ferrari 330 P4. Un progetto che, a causa delle nuove regolamentazioni sportive, non ebbe seguito ma divenne la base per l’Alfa Romeo 33 Prototipo. Ritornando alla SP3, è dall’alto che la nuova nata stupisce: con quei fianchi stretti, manco fosse una mannequin dal fisico statuario con indosso un corsetto. Sul grande cofango posteriore, che integra cofano e parafanghi, spicca poi la vistosa presa d’aria satinata a tre lamelle.
Suggestioni da monoposto. Aprendo le porte a farfalla, incernierate nella parte anteriore, ci si può calare nell’abitacolo: il feeling è molto prossimo a quello delle monoposto, con una posizione di guida semi distesa con l’asfalto a pochi millimetri dalle terga. Del resto l’auto è alta appena più di un 1,10 m o, per i più pignoli, 1.142 mm.
Non si può parlare propriamente di sedili, quanto invece di un (magnifico) rivestimento a quadretti che riveste le sedute, senza soluzione di continuità. Queste, per abbassare il centro di gravità, sono state integrate direttamente nel telaio e sono fisse, mentre la pedaliera e il piantone dello sterzo possono essere regolati dal conducente. La plancia è flottante e votata al minimalismo, con l’infotainment digitale tipico della nostra era. Il volante della Daytona SP3 integra anche l’interfaccia HMI (Human-Machine Interface) già vista sulle recenti Ferrari SF90 Stradale, Roma e 296 GTB e si rifà alla filosofia Ferrari "mani sul volante, occhi sulla strada". Inoltre, con i comandi a sfioramento, il guidatore può controllare l'80% delle funzioni della vettura senza togliere le mani dal volante: uno schermo HD curvo da 16" proietta tutte le informazioni relative alla guida.
Aerodinamica passiva. A fronte di tanta tecnologia stupisce che la Daytona SP3, a differenza di altre vetture dell’Iperuranio automobilistico, faccia a meno dei cinematismi delle appendici attive. L’obiettivo dei tecnici di Maranello era quello di realizzare una vettura dall’elevatissima efficienza aerodinamica, senza l’aggiunta di ulteriori complicazioni meccaniche ed elettroniche da sommare a quelle già presenti, per la gestione del motore e delle modalità di funzionamento.
Ecco quindi le prese d’aria integrate nelle porte che convogliano i flussi verso il centro della vettura e le piccole alette, sul paraurti anteriore che, oltre a richiamare i modelli del passato, incanalano l’aria all’interno dei passaruota. Tutto è studiato per garantire la massima resa termica ed energetica e a ciò contribuiscono anche il disegno dei cerchi e la scanalatura che unisce i passaruota anteriore e posteriore.
La conformazione del volume posteriore è stata definita in modo da garantire il massimo carico verticale possibile. Anche il fondo dell’auto, ovviamente, contribuisce in maniera determinante al comportamento della vettura alle velocità più elevate: alcune elementi consentono il collegamento della parte superiore della scocca e il fondo dell’auto per produrre una downforce maggiore. A tutto ciò si somma anche l’azione del doppio estrattore posteriore.
Il cuore pulsante della Daytona SP3. Il propulsore è lo stesso V12 6.5 litri della Ferrari 812 Competizione, opportunamente rivisto per erogare fino a 840 CV e 790 Nm di coppia massima: in soldoni, è attualmente il motore endotermico più potente mai realizzato per una Ferrari stradale.
A differenza di quanto avviene sulla 812, il motore “l’F140HB”, sulla SP3 è montato in posizione centrale-posteriore. Se vi state chiedendo quali sono le specifiche, innanzitutto, come da tradizione una colonna sonora da urlo, poi la linea rossa a 9.500 giri/min e una componentistica d’eccellenza: bielle in Titanio, rivestimenti in Carbonio DLC (Diamond-Like-Carbon) per gli spinotti dei pistoni, le valvole e gli alberi a camme. In più, rispetto all’unità di partenza c’è un impianto di aspirazione rivisto e l’iniezione diretta ottimizzata. I numeri? Accelerazione 0-100 km/h in 2,85 s, 0-200 in 7,4 s e oltre 340 km/h di velocità massima.
Dal cielo alla pista. Sia il telaio che la scocca della Daytona SP3 sono realizzati interamente in materiali compositi, per garantire un eccellente rapporto tra peso e rigidità strutturale. Come prevedibile, per ridurre la massa della vettura al minimo, sono stati utilizzati materiali compositi di origine aeronautica, tra cui la fibra di carbonio T800 laminata a mano per la vasca dell’abitacolo e la fibra di carbonio T1000, utilizzata per portiere e soglie d’ingresso, a garanzia della migliore protezione dell’abitacolo negli impatti laterali.
Per le zone più esposte agli urti si è ricorso anche al Kevlar, noto per le sue caratteristiche di resistenza. Le tecniche di produzione delle componenti ricalcano invece quelle delle auto di Formula 1: con la polimerizzazione in autoclave in due fasi, a 130° C e 150° C, a seguito della quale i vari pezzi vengono imbustati sotto vuoto per eliminare eventuali difetti di laminazione.
Dove tutto ebbe inizio. Per comprendere al meglio la portata evocativa della nuova SP3 dobbiamo ripercorrere le gesta delle sue gloriose antenate e tornare al 6 febbraio 1967: quando la Ferrari mise a segno una delle imprese più spettacolari della sua storia, conquistando i primi tre posti alla 24 Ore di Daytona. Si trattava del primo round del Campionato Internazionale Sport Prototipi di quell'anno. Dopo una gara molto impegnativa, le tre Ferrari ultimarono la corsa superando la bandiera a scacchi e arrivando fianco a fianco sul terreno di casa Ford: al primo posto la 330 P3/4 di Amon e Bandini, al secondo la 330 P4 di Parkes e Scarfiotti, entrambe della Scuderia Ferrari mentre al terzo la 412 P della Scuderia NART (North American Racing Team) di Luigi Chinetti con Rodriguez e Guichet. Lo sviluppo della Ferrari 330 P3 giungeva al culmine, con una vittoria che dava ragione agli interventi apportati dal brillante Mauro Forghieri. L'ingegnere capo della Ferrari aveva notevolmente migliorato ciascuno degli elementi fondamentali delle auto da corsa: motore, telaio e aerodinamica.
La 330 P3/4 sintetizzava perfettamente lo spirito dei prototipi sportivi degli anni '60, il decennio considerato l'epoca d'oro delle corse a ruote coperte, divenendo anche una grande fonte d'ispirazione per intere generazioni di progettisti e designer.