Con quattro colorazioni dedicate e qualche dotazione extra, anche la Fiat 126, una delle auto più popolari della Penisola, sembrare (un po') esclusiva
Nel 1976 la Fiat 126 era diventata Personal. Ma la più piccola di tutte le torinesi, quella che accalappiava con il prezzo, stordiva col fragore del bicilindrico e si faceva perdonare con la sua attitudine di risparmiosa “formica”... di personalizzabile aveva ben poco. Del resto, all'epoca era così per tutte le superutilitarie (chi si ricorda questo termine?): si sceglieva solo il colore, o quasi. Al massimo un paio d'accessori. I listini zeppi di numeri e sigle sono arrivati molto dopo.
Collezione autunnale. Verso la fine dei Settanta, però, qualcosa cominciava a cambiare. Inaspettati, si palesarono i primi zampilli di quel geyser di serie speciali che a metà del decennio successivo sarebbe esploso in allestimenti dalle caratterizzazioni alquanto improbabili, primi fra tutti quelli bianchi dai paraurti ai copricerchi (un classico del periodo come i capelli cotonati). Ad aprire le danze dei cromatismi, con discrezione, fu proprio mamma Fiat. Che nel 1978 lanciò prima la 127 Top, poi, dal mese di novembre, due riuscite proposte su base 126. La Silver e la Black.
Esotico piemontese. Semplici ma efficaci, le modifiche alle due sorelline minori regalavano il gusto di guidare un po' “fuori dal coro” senza spendere troppo. Praticamente una novità assoluta. Bastavano le due tinte specifiche, cui erano coordinati i filetti adesivi e la selleria dedicata (in skai grigio con banda centrale colorata per la Silver, in tessuto scozzese per la Black) e già si avvertiva una sorta di sapore esotico in salsa piemontese. Fa tenerezza che, diversamente da quanto la denominazione lasciasse intendere, la più chiara delle due non fosse davvero color argento, bensì vestita del più morigerato Grigio Jet 687 pastello. Forse a Torino avevano pensato che con il metallizzato, e quel nome, qualcuno avrebbe potuto scambiarla per una Rolls...
Stile Mini. Vernici (e scherzi) a parte, sul piano dei contenuti comparivano prelibatezze ancora sconosciute ai timorati utenti di 126. Più precisamente: due lillipuziani poggiatesta anteriori, i cristalli atermici, la moquette ovunque (anche su pannelli portiera, padiglione e cappelliera), lo specchietto esterno maggiorato, il lunotto termico, i paracolpi in plastica più chiara (solo per la Black) e, per finire, due luci di retromarcia che rendevano i gruppi ottici posteriori curiosamente appuntiti, in stile Mini. Ah già, la pubblicità sottolineava anche la presenza del retrovisore interno con scatto antiabbagliamento. Che lusso!
Si replica. Silver e Black, un po' vistose ma genuine come certe commesse di provincia, seppero farsi apprezzare, quantomeno in rapporto agli obiettivi di vendita. Del resto, anche se mancano dati ufficiali, si stima che la produzione non abbia superato le 1000 unità per ognuna, il che oggi le rende addirittura relativamente appetibili sul piano storico. Nel gennaio 1980, peraltro, furono rimpiazzate dalle omologhe Red e Brown, in bordeaux e marrone, a loro volta commercializzate per un altro anno con gli stessi numeri. In seguito, nel 1981, l'erogazione di serie speciali made in Fiat, che nel frattempo aveva annoverato anche la memorabile Ritmo Targa Oro color visone metallizzato, cessò momentaneamente. Ma non per molto...
Silvio jr. Suppa