Cinquant’anni fa, in questi giorni, si svolgeva il 41° Salone di Ginevra. Vedette dello stand Fiat la 130 coupé di Pininfarina. Quattro-cinque posti, linea elegante e moderna, motore 3,2 litri a sei cilindri a V. La crisi energetica del 1973, l’eccessivo consumo e l’appeal limitato della Casa torinese nel segmento delle auto di grossa cilindrata, ne freneranno però presto il successo.
“Un’automobile importante, un grande impegno nel costruirla, nel rifinirla, nel collaudarla. Una giornata di prove per ogni 130, ogni 130 un collaudatore. È un mondo tutto diverso, la qualità di una tre litri nasce da questo impegno. L’alternativa italiana nella scelta di una tre litri”. Così viene descritta la nuova coupé torinese in un breve filmato del 1971, dove appare in livrea bianca, con al volante un collaudatore Fiat che indossa una tuta immacolata, prima sulla linea di montaggio poi a Torino e sulle strade di collina e di montagna attorno alla città. Il video è realizzato da CineFiat, il reparto della Casa di Corso Marconi che si occupava della produzione di filmati e di altro materiale pubblicitario sotto la direzione delle Relazioni Esterne. Il progetto 130 nasce tuttavia alcuni anni prima, il che spiega la totale diversità di stile tra la berlina del 1969 e la coupé di Pininfarina di due anni dopo: barocca la prima, lineare ed essenziale la seconda.
Da Giacosa a Lampredi. L’ingegner Dante Giacosa nel suo libro “I miei 40 anni di progettazione alla Fiat” racconta: “Le vetture grandi, destinate a pochi privilegiati, non mi andavano a genio. Non mi ero liberato del gusto del piccolo ed economico, destinato alla maggiore possibile diffusione, instillatomi alla Fiat nei primi anni di lavoro…”. La Direzione però insiste. Si tratta di dare un’erede alla 2300, che ormai sta invecchiando e non è più concorrenziale. L’input per i tecnici è il seguente: realizzare una nuova e prestigiosa berlina da produrre in 250 esemplari al giorno. Il progetto prende forma nei primi anni Sessanta con il nome in codice X1/3. Il motore dovrà essere un sei cilindri a V che sarà affidata all’ingegner Lampredi, mentre la meccanica nascerà sotto la responsabilità del reparto tecnico di Giacosa. Il punto di riferimento è la concorrente Mercedes-Benz 280SE (W108), di cui la Fiat 130 dovrà ricalcare la meticolosità nella costruzione e l’affidabilità meccanica. Finalmente, nel 1969, la nuova ammiraglia è pronta per le concessionarie: motore V6 di 60°, cilindrata 2866 cm³, sospensioni indipendenti, cambio automatico Borg Warner o meccanico a cinque marce, servosterzo di serie, quattro freni a disco.
La firma di Paolo Martin. La realizzazione della 130 coupé viene invece affidata alla Pininfarina. A disegnarla sarà Paolo Martin, dal 1966 al 1971 al centro stile dell’azienda fondata da Battista Farina. Nel frattempo, i tecnici Fiat intervengono sul motore, portando la cilindrata a 3235 cm³ e la potenza da 140 CV Din a 165 CV Din. Ciò però non servirà ad ovviare al principale difetto della 130, sia berlina sia coupé: il consumo eccessivo, se non esagerato in rapporto alla cilindrata. Quello medio dichiarato per la versione automatica si attesta infatti sui 15,2 litri per 100 km, ma quello reale si avvicina ai 20 litri, con punte anche superiori in città. Percorrere cinque km con un litro di Super in un periodo tormentato dalla crisi energetica che scoppia nel 1973 e che vedrà un continuo aumento del prezzo dei carburanti è giudicato quasi immorale.
Design senza tempo. La produzione della coupé, che è divisa tra lo stabilimento Fiat di Rivalta, dove è assemblata la scocca, e quello della Pininfarina dove si effettuano la verniciatura e il montaggio, si ferma a 4292 esemplari nel 1977, seicento all’anno in media. Peccato, perché la 130 coupé (da cui deriveranno i prototipi Opera a quattro porte e Maremma, quest’ultima con un’elegante carrozzeria shooting brake) appare ancora moderna a distanza di mezzo secolo, priva com’è di orpelli, di eccessive cromature, di particolari vistosi. Semplice nella sua bellezza, con i fari sottili e rettangolari, le fiancate lisce e prive di profili, i cristalli panoramici. L’interno stupisce per l’aspetto lussuoso ed elegante, con i rivestimenti in velluto pregiato, il cruscotto impreziosito da una fascia di legno, l’importante console con i comandi dell’aria condizionata e dei vetri elettrici. Il volante, che può essere regolato sia in altezza sia in profondità per consentire a ogni pilota l’assetto migliore, è un capolavoro del design anni Settanta, con corona in plastica nera e razze a sei fori con al centro lo stemma Fiat romboidale. Chiara la grafica della completa strumentazione, con due grandi quadranti per il contagiri e il tachimetro contornati da cinque indicatori più piccoli e da una batteria di spie. Cinque i posti, quelli posteriori accolgono meglio però due soli ospiti in quanto le poltrone sono separate e c’è il bracciolo (retrattile).
Imbattibile nel prezzo. Quanto costava la 130 coupé? Alla fine del 1972 4.950.000 lire con cambio automatico e 4.750.000 lire con cambio a cinque marce. Le concorrenti dirette sono tutte straniere e più costose: la Citroën SM ha un prezzo di 6.495.000 lire, la BMW 3.0 CS di 5.350.000 lire con cambio meccanico e di 5.625.000 lire con cambio automatico, la Mercedes 350 SLC di 7.525.000 lire. Quanto vale invece oggi questa coupé della Fiat? Di lei abbiamo parlato anche nella nostra “Guida al Collezionismo Fiat” e in categoria A+ è quotata da Ruoteclassiche 18.000 euro, un prezzo ancora abbordabile per portarsi a casa una splendida sei cilindri che si fregia con orgoglio del marchio Pininfarina.