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Fiat 2300 e 2300S Coupé, granturismo con l’accento torinese

Nel 1961, Fiat presentava le varianti “sportive” della sua ammiraglia 2300: granturismo di classe che non sfiguravano al cospetto delle più blasonate coupé dell’epoca.

Sessant’anni fa Torino era in fermento per i festeggiamenti del centenario dell’Unità d’Italia. In pieno boom economico, tra i rapidi cambiamenti sociali e la corsa ai consumi, tutto sembrava possibile: anche l’ascesa di un marchio generalista come la Fiat nel mondo raffinato delle coupé di lusso con cilindrate superiori ai due litri. A quei tempi non si parlava di marchi premium ma di “vetture di prestigio” e la Casa torinese, con i modelli sei cilindri della famiglia 1800- 2100-2300, riuscì a destreggiarsi bene nella fascia alta del mercato, schierando al vertice della gamma la 2300S Coupé.

Il fascino del coupé. Lo stile delle nuove GT venne preannunciato dalla showcar 2100 S Coupé, svelata dalla Carrozzeria Ghia al Salone dell’Automobile di Torino 1960. La versione di produzione venne presentata l’anno dopo: era praticamente identica ma equipaggiata con il nuovo motore 2,3 litri. Fiat riusciva così a dirottare parte della clientela storica di Alfa Romeo e Lancia tra le proprie fila. Le rivali per antonomasia della 2300 e della 2300 S erano infatti la sportiva Alfa Romeo 2600 Sprint e la raffinata Lancia Flaminia Coupé. La Fiat 2300 Coupé si poneva a metà strada, sintetizzando al meglio entrambi i caratteri.

Le fuoriserie.
Per i più esigenti, le Officine Abarth misero a punto la performante “Abarth 2400” frutto di una profonda rivisitazione meccanica della 2300 S. Lo stesso Carlo Abarth ne usava una come vettura personale. Nell’epoca d’ora della carrozzeria torinese, aziende come la Moretti realizzarono diversi esemplari fuoriserie, allestite seguendo i desiderata dei clienti.
Sulla base 2300S, nel 1962, la Ghia presentò due showcar: la Cabriolet, con tetto in tela e un’interessante shooting brake, denominata “Club”. L’anno seguente fu la volta di una nuova concept, con portellone e profilo fastback, indicata come “G230 S”. Pininfarina, tra il 1962 e il 1965 si cimentò invece in diverse variazioni sul tema, con carrozzeria coupé e targa: 2300 Coupé Speciale, 2300 Cabriolet Speciale, 2300 S Coupé Speciale e 2300 S Coupé Lausanne. La prima delle Coupé Speciale si caratterizzava per il padiglione estensibile in altezza, mentre le “Speciale” su base 2300S, presentate nel 1964 e nel 1965 spiccavano per le linee molto affusolate e l’assenza del montante centrale.

Lo stile. Le coupé torinesi non mancarono di farsi ammirare nelle località più “in” per merito di una linea molto personale e piacevole, firmata Ghia. Rispetto alle berline, più austere e tradizionaliste, la 2300 Coupé si distingueva per il terzo montante con angolazione negativa e il lunotto scomposto in tre parti: una scelta dovuta all’impossibilità di realizzare, con le tecnologie dell’epoca, un grande lunotto in vetro curvato e ciò divenne uno stilema peculiare, in grado di rendere le Coupé Fiat immediatamente riconoscibili.
All’interno, le 2300 Coupé si caratterizzavano per un livello di finitura molto elevato e per dotazioni come l’aria condizionata (optional), l’elegante volante Nardi con corona in legno, i rivestimenti in panno pregiato e i finestrini elettrici: accessori che a quei tempi erano prerogativa delle auto di lusso.

Le specifiche. Nella configurazione di base la 2300 Coupé era spinta dal collaudato sei cilindri in linea da 2.279 cc e 117 CV della berlina, con testa in alluminio e un singolo carburatore a doppio corpo. La 2300S, beneficiava di due carburatori a doppio corpo: ciò le consentiva di raggiungere potenze nell’ordine dei 150 CV e una velocità di 190 km/h, dati ragguardevoli per l’epoca.
La stragrande maggioranza degli esemplari venne equipaggiata con il cambio manuale, dotato di quattro marce sincronizzate e overdrive opzionale. Rispetto alla 2300 berlina, sulle Coupé il rapporto finale della trasmissione venne aumentato, con valore di 3.9 e 3.72 per la più potente 2300S. A richiesta era disponibile anche la frizione automatica “Saxomat”, la quale consentiva l’innesto delle marce senza il pedale della frizione. Dal 1966, invece, venne proposto un vero e proprio cambio automatico Borg Warner a tre marce.

La tecnica. La Fiat 2300 Coupé si avvaleva di un moderno telaio a scocca portante saldato sul pianale della berlina 2300, con la quale condivideva le componenti principali e l’impostazione meccanico. Anche il passo era identico ma la coupé aveva una carreggiata leggermente più ampia. Sull’asse anteriore, lo schema delle sospensioni prevedeva doppi bracci oscillante e barre di torsione, con ammortizzatori idraulici e barra antirollio; al posteriore c’era il classico ponte rigido con balestre, ammortizzatori idraulici e barra antirollio. Molto avanzato, per l’epoca, l’impianto frenante dotato di servofreno e dischi sulle quattro ruote.

Una brillante carriera. Le Fiat 2300 e 2300 S piacquero sin da subito, facendo breccia tra affermati professionisti, capitani d’industria e viveur di vario genere che non volevano rinunciare al comfort della berlina e allo stile accattivante del coupé. Poiché la Ghia non poteva garantire volumi di produzione elevati, l’assemblaggio venne subappaltato alla vicina Osi (Officine Stampaggi Industriali). Qui, tra il 1961 e il 1968, vennero prodotti oltre 10.000 esemplari. A metà carriera, nel 1965, la 2300 Coupé lasciò campo libero alla 2300 S, sottoposta ad un lieve aggiornamento estetico con nuove cromature per le prese d’aria, maniglie e copriruota di diverso disegno.
Con l’uscita di scena della 2300 S Coupé, l’eredità della grande coupé Fiat passava alla bellissima 130 Coupé ma questa, purtroppo, non riuscì ad eguagliarne il successo.

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