Fiat X1/9 vs Ghia 1600 Spider: caso chiuso - Ruoteclassiche
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28/04/2021 | di Giosuè Boetto Cohen
Fiat X1/9 vs Ghia 1600 Spider: caso chiuso
Ricordate la vicenda della "falsa" X1/9 presentata da De Tomaso al Salone di Torino del '71? Ecco il retroscena che si cela dietro questo curioso episodio.
28/04/2021 | di Giosuè Boetto Cohen

Nel settembre scorso abbiamo raccontato la storia della “falsa” X1/9 che Alejandro De Tomaso espose al Salone di Torino del ‘71, un anno prima dell’originale firmato Bertone. Una tempesta in un bicchier d’acqua, un azzardo del personaggio, una furbata per farsi cacciare dalla Ford? Molto di più: le memorie dell’ingegner Dario Trucco, pubblicate dal Registro Fiat, svelano, dopo cinquant’anni, il mistero.

Alcuni lettori ricorderanno la storia, un po’ romanzata (solo nella forma) e ricca di particolari, di questa puntata della nostra rubrica. Volendo riassumere, Alejandro De Tomaso, patron della Ghia, aveva ordinato al mite Tom Tjaarda, stilista del marchio, di copiare il prototipo di una nuova sportiva Fiat. Il modello, a grandezza naturale, era stato avvistato per caso nel capannone di un fornitore comune e da lì era partita l’operazione.
Il clone, costruito a tempo di record, era finito sotto i riflettori al Salone di Torino del 1971, tra la rabbia incredula di Nuccio Bertone, il silenzio dei manager e il divertimento dei giornalisti. Passata la buriana, velenosa soprattutto sulle testate straniere, la Ghia 1600 era tornata nel nulla. Gli americani della Ford (padroni della Ghia), poco divertiti, si erano portati i cocci a casa e pochi mesi dopo De Tomaso se n’era comunque andato per il suo destino. Un anno ancora e la X1/9 vera faceva il suo debutto.

La diatriba. Per anni si sono lette le più fantasiose interpretazioni sui retroscena di questo plagio, sbandierato al mondo e poi finito nel nulla. Persino Tom Tjaarda, dai cui diari eravamo partiti per narrare i fatti, non se ne dava una ragione. D’altra parte le intemperanze dell’imprenditore argentino, che lo rendevano uomo affascinante e impossibile al tempo stesso, erano ben note e potevano contemplare episodi del genere.
Oggi, a mezzo secolo di distanza, le memorie dell’ingegner Dario Trucco, pubblicate dal Registro Fiat con il titolo “40 anni nell’automobile e dintorni” danno una spiegazione razionale alla vicenda. Più che razionale, senza una piega, almeno di punto di vista di De Tomaso.
Se non siete associati al Registro e non l’avete ricevuto, andate a cercare il volume su E-bay o in rete. Nuovo, purtroppo, non si può acquistare, ma di seconda mano si trova. E vale assolutamente una ricerca. La lunga carriera di Trucco, dalla Ghia, alla Pininfarina, alla Italdesign – con interessanti tappe intermedie – è una miniera di ricordi e di spunti.

Svelato l’arcano. Cosa era dunque successo? De Tomaso, insieme alle sue quote della Ghia, aveva acquisito anche la carrozzeria Vignale. Accanto alle Maserati Ghibli e Indy, il grande stabilimento di Grugliasco si apprestava a mettere in linea la famosa Pantera e rappresentava il cuore produttivo dei progetti del boss. Ma c’era un problema: il debito con la Fiat per i telai 850 che la storica firma utilizzava per le sue “Vignaline”. De Tomaso voleva trattare di persona la questione, ma in Corso Marconi nessuno voleva riceverlo. In assenza di una negoziazione del debito si poteva addirittura rischiare di perdere l’azienda. E De Tomaso non poteva permetterselo. Così, insieme al colpo di fortuna di incrociare la scocca della X1/9 dal lattoniere di fiducia, nacque l’idea del ricatto. Ai piani alti della Fiat arrivò la notizia che se non si giungeva rapidamente a un accordo, Ghia avrebbe lanciato la sua piccola “targa” fotocopiata in meno di un anno, bruciando Bertone di svariati mesi.
Inutile dire che l’accordo fu fatto, Vignale produsse la Pantera (e con notevole successo), la Maserati continuò ad assemblare a Grugliasco (per poi cadere tutta nella rete di De Tomaso) e la Ghia 2000 divenne il mistero che oggi, finalmente, abbiamo risolto.

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