La Jaguar E-Type, già mito vivente, avrebbe dovuto fermarsi alle prime due serie. Nel 1971, però, viene varata quasi fuori tempo massimo la terza, incastrando dentro al cofano il V12 5.300 cm3 al posto del 6 cilindri in linea, che da anni meritava una consacrazione, dopo aver mancato Le Mans 1966 con la XJ13. Troppo pesante e poderoso per una "ballerina" sulle punte come la E-Type (per sospensioni a ruote indipendenti e sterzo, in particolare): la "E" V12 rappresentava pertanto una soluzione momentanea per guadagnare tempo mentre, difficoltà finanziarie permettendo, William Heynes - direttore tecnico del Giaguaro - stava lavorando dal 1969 a una 2+2 dalla base commisurata, appunto, a un motore più importante. Ma se la berlina XJ era già a listino da anni, la coupé XJ-S ancora latitava, e la minacciosa crisi petrolifera del '73 stava facendo dubitare di tutto.
Qualche sì, alcuni no
In un battibaleno siamo già a metà decennio, all'autunno 1975, quando la XJ-S appare a Francoforte. Noi posteri dobbiamo calarci nei suoi panni: come fare bella figura quando vieni chiamato a sostituire un monumento come la E-Type? Il nuovo Giaguaro era qualcosa di ben diverso: non era più una sportiva pura, ma una GT lussuosa e comoda, quindi, più che fare concorrenza a Ferrari o Porsche, andava a contrastare le Mercedes SL e SLC. La linea non era sinuosa, ma solida, più moderna e con alcuni "passaggi" che lasciarono inizialmente alcuni piuttosto tiepidi. Il mercato Usa dettò legge su svariate caratteristiche (l'export per la Jaguar era sempre vitale), ma in un momento storico di recessione generalizzata quel V12 5.3 (qui a iniezione), seppur unico punto di contatto con l'ultima "E", era davvero troppo assetato (21 litri/100 km), contribuendo a rendere la XJ-S un oggetto per pochi, considerato il periodo.
Maturata con il tempo
Tutto inizia a quadrare meglio dai primi anni '80. Il mercato ricomincia a tirare, il pubblico si abitua alle linee tracciate anticamente da Malcolm Sayer (e completate poi dal team di Doug Thorpe), la XJ-S acquista in affidabilità, il V12 viene ridisegnato diventando High Efficiency (più potenza, meno peso, minori consumi: ideale per gli States), con ridotti interventi estetici. Nel 1983 viene affiancata una versione dotata del 6 in linea, di 3.6 litri, per guadagnare quote di mercato anche in Europa. In parallelo, debutta anche la XJ-SC, versione "targa" della sportiva britannica.
Cambia la sigla
Nel 1989 la Ford rileva la Jaguar, cui fa seguito, due anni dopo, l'arrivo della XJ terza serie (e la XJ-S diventa XJS). Ringiovanita da Pininfarina, tutta la gamma Jaguar assume un aspetto più omogeneo e coeso. È il senno di poi a darci la giusta chiave di lettura: criticata al lancio per essere meno accattivante e con qualche chilo di troppo, in realtà la XJS rispose perfettamente alla tendenza dei costruttori durante la crisi energetica, ossia quella di fare più leva su lusso e comfort, non potendo più contare sulle prestazioni assolute come elemento chiave per riuscire a vendere. Negli Usa lo fecero tutti, ma anche la stessa Ferrari con la serie 400/412 o la Mercedes con le SL, nel frattempo cresciute in tutto. E finalmente oggi la XJS è una storica di classe, godibile su strada e di longeva carriera, che fa ancora discutere di lei quanto merita.