Un anonimo appassionato olandese è riuscito in una impresa ai confini della realtà: realizzare un 6 cilindri boxer in scala 1:3 perfettamente funzionante
Le mille sfaccettature della passione automobilistica: dai modellini in scala alle automobili vere. In mezzo c’è un universo con tanti, differenti, mondi. Un appassionato olandese ha realizzato un progetto a suo modo straordinario: ha preso i due opposti e li ha fusi in un unico concetto. Con pazienza e, naturalmente, precisione ingegneristica, ha creato un modellino in scala 1:3 di un motore boxer 6 cilindri per Porsche 911 perfettamente funzionante. Nel video (clicca qui) si può ammirare l’impressionante risultato: il piccolo motore “vive”, “pulsa”, “scalcia” e offre una sonorità tremendamente simile a quella del motore originale.
Va da sé che, naturalmente, l’anonimo appassionato ha scrupolosamente seguito tutti i capitolati tecnici di produzione. Per suggerirvi la complessità di realizzazione di questo progetto, in quest’altro video (clicca qui) avviene il processo opposto: attraverso una sequenza di centinaia di fotogrammi viene illustrato il processo di smontaggio di un motore prelevato da una 911 Carrera 3.2 (1983 – ’89).
Il motore boxer 6 cilindri della 911 (presentata per la prima volta al Salone di Francoforte del ’63) è uno dei motori più longevi della storia dell’automobilismo, essendo ancora in produzione dopo oltre 50 anni, seppure in un contesto di instancabile evoluzione. Il propulsore, agli inizi degli Anni 60, avrebbe dovuto equipaggiare l’erede della 356 (in produzione dalla fine degli Anni 40 come evoluzione del Vw Maggiolino e ormai prossima alla fine del suo ciclo di vita) offrendo un adeguato livello di potenza, affidabilità ed elasticità per tenere fede al “credo” di una vettura Porsche: vettura sportiva utilizzabile tutti i giorni.
Poiché il motore boxer 4 cilindri aveva raggiunto il suo limite tecnico nella versione 2 litri da 130 Cv per le versioni Carrera GS, il responsabile tecnico del progetto, Ferdinand Piech, optò per una soluzione a metà tra la tradizione e il rischio. Continuare a utilizzare un motore boxer, per giunta ancora installato a sbalzo sul posteriore, infatti, rappresentava senza dubbio un azzardo ma perfettamente compatibile con la filosofia di costruttore ancora, tutto sommato, di piccole dimensioni e con un importante occhio di riguardo verso le corse.
Fu quindi scelto un layout a 6 cilindri con 2 litri di cilindrata e con caratteristiche comunemente viste su un motore da competizione: lubrificazione a carter secco, camere di scoppio emisferiche, distribuzione con albero a camme in testa.
Contraddistinto da misure geometriche di 66 x 80, il motore 901/01 aveva una cilindrata complessiva di 1.991 cc e rapporto di compressione di 9:1. La distribuzione avveniva mediante un albero a camme su ogni testata che comandava punterie a martello e due valvole per ogni cilindro (Ø carico/scarico 35/39 mm) mosse da cinghia dentata (una per bancata, supportata da un tensionatore idraulico), una candela per cilindro, camicie in Biral, pistoni in alluminio. Ogni bancata era imbullonata al carter e tutto il castello era raffreddato mediante una grande ventola a 5 pale sistemata in cima al motore e mossa dall’albero motore (poggiante su 7 supporti). L’alimentazione era assicurata da 2 carburatori triplo corpo Solex. La potenza massima sprigionata era pari a 130 Cv a 6.100 giri.
Questo propulsore fu utilizzato fino al 1966, quando apparve l’evoluzione 901/02 per la 911 S, con 160 Cv (maggiore rapporto di compressione, valvole più grandi, carburatori Weber, diverso impianto di scarico).
Alvise-Marco Seno