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Il tocco di Tanaka-san

Il mondo del car design piange la scomparsa di Shunji Tanaka, uno dei “padri spirituali” della Mazda MX-5 Miata, scomparso nelle scorse settimane poco prima di compiere 76 anni.

Lo abbiamo appreso poco fa, ci ha lasciati Tanaka-san (“il signor Tanaka”): designer che dette il suo importante contributo per la definizione dello stile della Mazda MX-5 Miata. In rete non ci sono molte informazioni sulla vita e la carriera del designer giapponese ma la sua partecipazione nel progetto MX-5 è ben documentata nel documentario “Miata” di Brian Long.
Classe 1945, mentre lavorava alla sesta generazione della Mazda 929, nel 1986, venne coinvolto nello sviluppo della nuova spider con il compito di perfezionare le proposte dei colleghi del Centro di Advanced Design Mazda in California. Il designer Tom Matano ricorda: “Veniva dalla scultura ed era l’unico in grado di tradurre in segni grafici le emozioni che avevamo in mente per lo stile della Miata”.

Le origini del mito. Ma prima di approfondire il processo di sviluppo è bene fare un passo indietro per capire come ebbe origine la vettura. La Mazda Miata nacque dall’idea del giornalista e progettista Bob Hall, il quale mise la pulce nell’orecchio del boss della Mazda, Kenichi Yamamoto. Convinti della bontà del progetto, i vertici Mazda dettero il via libera per lo sviluppo affidato in questo caso al Centro di Advanced Design della Mazda in California: qui i designer Tom Matano e Mark Jordan cominciarono a mettere giù i primi studi e definirono il profilo dettagliato per la nuova sportiva insieme all’ingegnere capo Toshihiko Hirai. Arriviamo così a Shunji Tanaka, chiamato in causa per trasformare il concept originale nell’auto di produzione amatissima ai quattro angoli del globo.

Approccio filosofico. In un’intervista pubblicata nel libro di Long, Tanaka raccontava come l’auto doveva riflettere la cultura e i valori del Sol Levante e per farlo, trasse ispirazione dalle maschere “Noh”. Le stesse scolpite da Tanaka-san nel suo tempo libero, oggetti della tradizione che appaiono in modo diverso a seconda del modo in cui vengono guardati. “Quando prendo in mano uno scalpello per creare una maschera Noh, rispetto sempre la semplicità tradizionale e le curve perfette tramandate nei secoli. Molti sentimenti e desideri diversi sono racchiusi nella maschera, il loro aspetto dipende dai cambiamenti della luce e delle ombre. È un tratto molto caratteristico dei giapponesi, completamente diverso dalla nozione occidentale di esprimere concretamente la perfezione”.

Tradizione e modernità. Nell’intervento, Tanaka continuava spiegando come nelle forme dell’auto siano racchiusi i ritmi di pace, movimento e silenzio racchiuse nell’identità nipponica: “Per la pace, mi sono ispirato a una statua della dea della misericordia, un simbolo veramente grazioso. Per il movimento, ho pensato a un animale selvatico quando caccia, che corre veloce e preciso e, per il silenzio, la tranquillità della natura. Volevo che l’auto si fondesse con il paesaggio, riflettendo la luce sulle sue superfici curve e definendo un nuovo corso stilistico: dinamico e originale ma distintamente giapponese nella sua origine. Un misto di sensibilità e tecnologia moderna”.

Il ricordo di Tanaka-san. In una recente intervista rilasciata al magazine americano Road&Track, Matano ha aggiunto: “Tanaka e Hirai, il responsabile del programma, hanno tradotto il nostro concept, i temi ma soprattutto le sfumature di un prodotto diventato un’icona contemporanea, la Miata”.
Dopo il suo lavoro in Mazda, Tanaka è entrato a far parte della Kawasaki Motorcycles come capo progettista ma è sempre rimasto profondamente legato al mondo Miata, con numerose partecipazioni agli eventi dei club in Giappone fino alla sua morte.

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