Jaguar XJR-S e Lister Jaguar XJ-S: giaguari molto, molto feroci - Ruoteclassiche
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19/10/2020 | di Giancarlo Gnepo Kla
Jaguar XJR-S e Lister Jaguar XJ-S: giaguari molto, molto feroci
Jaguar XJR-S e Lister-Jaguar XJ-S, due interpretazioni sportive della iconica XJ-S.
19/10/2020 | di Giancarlo Gnepo Kla

La XJR-S era il modello di punta della gamma XJ-S (successivamente XJS). Se la XJ-S “normale” si prestava bene al passeggio, nel 1988 Jaguar alzò l’asticella con XJR-S, dall’indole molto più feroce. Ma anche Lister, preparatore esterno aveva un asso nella manica per tirare fuori tutta la cattiveria dalla sportiva del giaguaro.

Granturismo apprezzatissima dai viveur di mezzo mondo, la XJ-S coniugava stile e prestazioni con il fascino tipicamente inglese. In commercio per più di vent’anni, dal 1975 al 96, si configurò come il modello più longevo prodotto dalla Casa del giaguaro. La Jaguar XJ-S debuttò il 10 settembre 1975, con l’onere di sostituire l’iconica E-Type. Il linguaggio stilistico della nuova granturismo era completamente diverso: le sue linee tese e slanciate evocavano modernità. Nella parte posteriore del padiglione, l’elemento distintivo era rappresentato dai montanti posteriori, che come contrafforti prominenti ne sottolineavano la robustezza. La XJ-S venne prodotta in tre serie che includono due modelli principali, la coupé e la convertibile. Non sono mancate diverse interpretazioni come XJ-SC con carrozzeria targa (che anticipò la cabrio) e le Lynx Eventer, con la carrozzeria shooting brake. Nel 1978, la Pininfarina presentò una concept car chiamata Jaguar XJSpider che però non giunse ma in produzione.

La gestazione. Il progetto per la sostituta della E-Type prese il via negli anni Sessanta con il nome in codice XJ27, sotto la direzione di William Heynes (Direttore Tecnico della Jaguar). Questo partì dalle indicazioni di Malcolm Sayer, deceduto nel 1970 e fu completato dal team di progettazione Jaguar, guidato da Doug Thorpe. Particolarmente importante il contributo di Malcolm Sayer, uno dei primi progettisti ad applicare i principi dell'aerodinamica avanzata alle auto, mancato anche lui prima della presentazione della XJ-S. La nuova Jaguar montava un propulsore V12: adottato dalla E-Type terza serie, poteva essere abbinato, inizialmente, sia al cambio manuale che all’ automatico. Il cambio manuale tuttavia, venne presto abbandonato in quanto non si sposava bene con la meccanica rivista della nuova XJ-S.

Scelta esclusiva. Negli anni 70, quasi nessuna vettura di serie montava propulsori V12, una prerogativa delle sportive di lusso come Ferrari e Lamborghini: modelli molto esclusivi e di produzione semi-artigianale. L’adozione di un motore a 12 cilindri elevò la “percezione” del marchio Jaguar che poteva entrare nel novero delle auto più prestigiose sul mercato. Le prestazioni della XJ-S erano piuttosto elevate per l’epoca, specie se si considera l’adozione del cambio automatico che assorbiva molta potenza dal motore. La XJ-S accelerava da 0 a 100 km/h in 8 s con una velocità massima di 230 km/h. La prima serie di XJ-S montava un cambio Borg-Warner “12” con cassa in ghisa e campana a vite. Nel 1977 sulla Jaguar XJ-S venne adottata una nuova trasmissione: la Turbo-Hydramatic 400 della General Motors. Questa prevedeva un carter in lega di alluminio con campana integrata.

Simil-cabrio. Dal luglio 1981, la XJ-S venne rinominata XJ-S HE. Un nuovo motore V12 Hig Efficiency ad alta efficienza assicurava un miglior rendimento e consumi maggiori. I vantaggi derivavano dall’adozione di una nuova camera di combustione “Fire Ball” progettata dall'ingegnere svizzero Michael May. La potenza aumentava così fino quota 295 CV (263 CV per i modelli destinati agli USA). Allo stesso tempo, con la XJ-S HE vennero introdotte anche alcune modifiche estetiche: finiture del bagagliaio in tinta carrozzeria al posto delle precedenti in nero, nuovi cerchi in lega a cinque razze, inserti cromati sulla parte superiore dei paraurti, inserti di olmo sulla plancia e sui pannelli porta. Nel 1983, invece debuttava il nuovo motore Jaguar AJ6: un sei cilindri in linea da 3,6 litri introdotto insieme alla XJ-SC, con tetto apribile. La “SC” faceva a meno dei sedili posteriori della coupé (piuttosto angusti), che vennero rimossi per lasciare spazio alla capote ripiegabile.

Dolce Vita all’inglese. L'XJ-SC non era una cabriolet vera e propria, ma una variante con profilo fisso e struttura centrale posteriore non rimovibile, praticamente una vettura di tipo “targa”. La XJ-SC non ebbe un grande seguito e nel 1988 venne sostituita da una cabriolet due posti: il modello con capote in tela ottenne subito un grande successo. Negli anni della “Dolce Vita 2.0” era facile incontrarla davanti ai luoghi più “in” delle località più rinomate: diventò uno status symbol. Tra il 1983 e il 1987, le vetture a sei cilindri erano disponibili solo con un cambio manuale a cinque velocità (Getrag 265). Le Xj-S 3.6 erano facilmente riconoscibili per la sezione centrale del cofano rialzata. A partire dal 1987, le XJ-S 6 cilindri potevano essere equipaggiate con un cambio automatico a quattro velocità (ZF 4HP22) e nello stesso anno venne montato anche un nuovo impianto di iniezione, lo stesso della berlina “XJ40”. Le XJ-S 6 cilindri del 1987 furono i primi modelli con cambio manuale della serie ad essere esportati nel mercato americano.

Il motorsport. I vari aggiornamenti meccanici e il lancio della XJ-S Cabriolet giovarono non poco alla granturismo britannica, che a fronte di un progetto non freschissimo, negli anni 80 ottenne i suoi successi maggiori. La Xj-S in quegli anni era in forte ascesa anche nel motorsport: nel 1982, la squadra corse Tom Walkinshaw Racing (TWR) portò la XJS V12 nel Gruppo A del Campionato Europeo Turismo (ETCC). Dopo altre vittorie nel 1983, le Jaguar della TWR diventarono le vetture da battere nell'ETCC, con Walkinshaw che si aggiudicò il Campionato Piloti ETCC del 1984. Durante la stagione ’84, il team TWR Jaguar vinse anche la prestigiosa 24 Ore di Spa con una XJS guidata da Walkinshaw, Hans Heyer e Win Percy, dimostrando non solo la velocità delle vetture ma anche l'affidabilità del motore V12 da 5,3 litri, qui in configurazione da 451 CV. Nel 1985 la XJS venne ritirata dalle competizioni europee, la TWR proseguì l’attività agonistica nell’ETCC con la Rover 3.5L V8 Vitesse. La XJ-S tuttavia ottenne un’importante vittoria a Bathurst in Australia: La gara è stata dominata dalle Jaguar XJ-S TWR che hanno conquistato il 1°,3° e 6° posto. In pole position, John Goss e Armin Hahne.

Più affilata. Nel 1988, Jaguar e TWR collaborarono per mettere a punto una versione stradale della XJ-S ad altissime prestazioni. Nacque così Jaguar Sport, una società separata posseduta in quote paritarie da Jaguar e TWR Group Limited. La partnership era finalizzata allo sviluppo di vetture sportive Jaguar ad alte prestazioni. Il primo frutto della collaborazione, fu la XJR-S equipaggiata con il motore V12 HE da 5,3 litri (5.344 cc) da 318 CV. La XJR-S venne presentata poco dopo la vittoria della Jaguar alla 24 di Le Mans. Le prime 100 vetture, riservate al mercato britannico vennero chiamate "Celebration Le Mans" proprio per commemorare quella vittoria. La XJR-S si distingueva per il bodykit aerodinamico, cerchi in lega esclusivi e un nuovo assetto Bilstein a garanzia di una migliore maneggevolezza. All’interno i lussuosi rivestimenti in pelle “Connolly Autolux” e finiture in radica di noce. Tra il 1988 e il 1989, sono state prodotte in totale 326 XJR-S con il motore da 5,3 litri. Dal settembre 1989, la cilindrata del motore salì a 6 litri (5.993 cc) in combinazione all’iniezione Zytek e un sistema di gestione elettronica del motore.

Cuore nuovo. Il 6.0 V12 derivava da quello utilizzato sui modelli XJS della terza serie, ma prevedeva caratteristiche specifiche. La potenza era di 329 CV a 5.250 giri/min e 495 Nm di coppia disponibile a 3.650 giri/min, mentre il rapporto di compressione era 11:1. Il rinnovato V12 era dotato di un albero motore in acciaio forgiato, un alesaggio maggiore e pistoni in lega leggera. Venne modificato il sistema di aspirazione dell'aria modificato, così come il sistema di scarico. Per quanto riguarda la trasmissione, il cambio era un GM400 a 3 marce, capace di reggere la coppia superiore. Questo utilizzava un corpo valvola ricalibrato con tempi di cambiata più rapidi. La XJR-S 6.0 era equipaggiata con pneumatici Dunlop D40 M2 e raggiungeva una velocità massima di 260 km/h. Tra le sue concorrenti, la BMW Serie 8, la Porsche 928 GT e la Ferrari Mondial T. Della XJR-S sono stati prodotti 837 vetture: 787 coupé e 50 Cabriolet. Nel 1992 per annunciare il lancio della XJ220 è stata prodotta una serie limitata di 100 coupé e cabriolet XJR destinate al solo mercato americano. Tra queste: 22 coupé e 22 cabrio Signal Red; 22 coupé e 27 cabrio Jet Black coupé; 2 Flamenco Red coupé, e 5 'Press Cars' in tinta Silver Frost (4 coupé e 1 cabriolet).

Un giaguaro ferocissimo. L’idea di una XJ-S ad altissime prestazioni, non è stata una prerogativa della sola casa madre. Già nel 1986, la Lister Cars, capeggiata dall’Ing. Laurence Pearce offrì un pacchetto ad alte prestazioni per la Jaguar XJS. In totale si contano 90 Lister-Jaguar XJ-S. Per lo sviluppo di queste belve meccaniche, la Lister collaborò con altri due fornitori: la WP Automotive e la BLE Automotive. Il pacchetto standard per l’elaborazione comprendeva un motore con cubatura maggiorata a 7,0 litri, un sistema di iniezione con quattro iniettori e corpi farfallati aggiuntivi, valvole più grandi insieme e bielle prodotte dalla Cosworth. Nuovi anche l’albero motore e le teste cilindri. Il motore arrivava ad erogare ben 496 CV e 678 Nm di coppia, mentre il cambio era un manuale Getrag a 5 marce. Le prestazioni erano da brivido: l’accelerazione da 0 a 100 km/h avveniva in soli in 4,7 secondi e una velocità massima di 322 km/h. Dati notevolissimi ai giorni nostri, non ne parliamo all’epoca…

Troppo non è abbastanza. Come è lecito aspettarsi, la Lister-Jaguar XJ-S era aggressiva anche nello stile. Prevedeva infatti un body kit con spoiler posteriore, gruppi ottici posteriori modificati e passaruota allargati per accogliere gli ampi pneumatici. Le auto erano equipaggiate con ruote da 17 pollici con pneumatici Pirelli larghezze di 10 pollici all’anteriore e 13 al posteriore. L’assetto prevedeva sospensioni modificate con ammortizzatori Koni del 30% più rigidi e una disposizione diversa del sottotelaio posteriore, con bracci a forcella e raggi riposizionati. L'impianto frenante vide i dischi dei freni ventilati spostati verso l'esterno per un migliore raffreddamento e maggior stabilità. All'interno, sedili Recaro a guscio e nuovo volante sportivo con feedback ottimizzato. Per gli incontentabili, c’era anche il pacchetto LeMans: cambio manuale Getrag a 6 marce, impianto di scarico più sportivo e due turbocompressori che portavano la potenza a 603 CV.

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