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La leggenda delle auto Gulf

Nel 2021 la McLaren da F1 e una serie limitata di supercar si vestiranno del celeste/arancione Gulf. Una grafica mitica che non passa mai di moda. Andiamo a riscoprire le Gulf Car classiche più celebri, dalla Ford GT40 dell’epopea di Le Mans alla McLaren F1 GTR. Più un certo camion…

La scuderia McLaren e la Gulf Oil International hanno annunciato il ritorno dei colori Gulf sulle monoposto di Formula 1 e sulle supercar a partire dall’anno prossimo. I due marchi si incontrarono per la prima volta nel 1968 e il rapporto proseguì fino alla fine del ‘73, con i successi in Formula 1 e nella Can-Am. La livrea 2021 a cura della McLaren Special Operations riprenderà quella della famosa F1 GRT Le Mans degli anni Novanta. Un po’ come il rosso Ferrari o il nero-oro JPS, la grafica Gulf non passa mai di moda ed evoca l’età dell’oro delle Sportprototipi. Da Le Mans alle ultime Targa Florio. E insomma, chi non si è mai cucito una patch Gulf sul giubbotto? C’è chi ha potuto permettersi molto di più: il petroliere tedesco Roald Goethe ha riunito le Gulf da corsa nel ROFGO, la Gulf Heritage Collection. Ecco una carrellata delle classiche arancio-azzurro più emblematiche di sempre.

Ford GT40 MKII, 1966. La vendetta è un piatto da gustare caldo e possibilmente in faccia al Commendatore di Maranello. Dopo un paio d’anni di sperimentazioni e la guida di Carroll Shelby e John Wyer, la velocissima GT40 con V8 da 7 litri ha servito la rivincita a Le Mans nel 1966 con una tripletta clamorosa. Prima di inanellare come uno spiedino anche le edizioni dal 1967 al ’69. Iconica, eterna, scegliete voi l’aggettivo.

Mercedes 0317 Transporter, 1967. Già, ma come ci arrivavano sul circuito le Porsche Gulf? Con questo rarissimo e ricercatissimo Renntransporter Mercedes-Benz, allestito dallo specialista Robert Schenk a Stoccarda in appena tre esemplari sul pianale del pullman Mercedes 0317 e il motore 6 cilindri in linea Diesel capace di 210 cv e una coppia da trattore. Il camion misura 11 metri di lunghezza e quattro di altezza, il che permette di ospitare quattro Porsche e relativi ricambi. Un esemplare si trova nella collezione ROFGO, un secondo negli Stati Uniti, l’ultimo è andato perduto. Anche se è il più lento di tutti, forse è questo il Sacro Graal del collezionista Gulf.

Porsche 908/3, 1971. Inconfondibile con quelle frecce arancioni puntate decisamente verso il traguardo, la 908/3 fu sviluppata per le gare di durata su circuiti tortuosi come la Targa Florio e il Nürburgring. Corta (2.300 mm di interasse), leggera (545 kg) e quasi brutale nella sua semplicità, con il motore boxer 3 litri raffreddato ad aria montato longitudinalmente al centro del telaio in alluminio space-frame. Non per nulla, è lo stesso della 909 Spyder che aveva mietuto vittorie nelle gare in salita degli anni Sessanta.

Porsche 917K, 1971. Carismatica e spettacolare, la 917 è legata a doppio filo con l’iconografia della Sarthe grazie alla doppietta del 1970 e 1971. Non importa quello che vi ha fatto credere Steve McQueen in “Le Mans”: in livrea Gulf, la 917K arrivò solo seconda con Richard Attwood e Herbie Muller nel ’71, a due giri di distacco dalla Martini coda corta di Marko/Van Lennep. Fu lo stesso Ferdinand Piëch a guidare la mannschaft che credette nel telaio in alluminio e nel 12 cilindri boxer 4.5 litri aspirato da 600 cv.

Mirage GR8, 1975. John Wyer aveva creato il marchio Mirage nel 1967 per differenziare la sua M1 sviluppata sulla Ford GT40. L’associazione con i colori Gulf proseguì per un decennio, con un Wyer decisissimo a scioglierla con un successo. Arrivò grazie alla Mirage GR8, schierata a Le Mans in configurazione Gruppo 5, con il dream team formato da Jacky Ickx e Derek Bell. In testa dal primo all’ultimo giro, la coppia riuscì a rompere l’egemonia delle Matra Simca.

Porsche 911 2.7RS, 1973. La Carrera numero 1014 fu ordinata dall’Italia dal team BaldrinAuto, prima di passare al pilota Robim (Roberto Bianco Mengotti). È in formato “lightweight”, cioè con 75 chili rasati dal peso complessivo per essere più agile nei rally. La tipica paranza di fendinebbia diventò qualcosa di spettacolare e unico in abbinamento – rarissimo, se non unico nei rally – alla grafica Gulf nel 1979, adottata dal carismatico pilota Sergio Schizzi.

McLaren F1 GTR “long tail”, 1997. Per Ron Dennis e Gordon Murray, la F1 non avrebbe mai corso in pista. In fondo era stata costruita per dire l’ultima parola su strada. Nella struttura superleggera in fibre composite scalpitavano i 626 cv del V12 BMW M da 6.1 litri aspirato centrale. Ma come fai a tenere su strada un capolavoro del genere quando ti chiami McLaren e hai sempre fame di successo? Schierata a LeMans nel 1995, la F1 GTR fu la prima granturismo a vincere una 24 Ore al primo colpo dai tempi della Ferrari, nel ’49. Sbaragliando, tra l’altro, le Sport Prototipo e le altre GT del calibro di F40 e Jaguar XJ220. Sarà stato merito della verniciatura?

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