Sono entrate in vigore quest’autunno le ordinanze che, in alcune Regioni d’Italia, vietano per sempre la circolazione dei veicoli con motore a due tempi Euro 0. L’alimentazione a carburatore e la mancanza della marmitta catalitica li fanno diventare ufficialmente “veicoli inquinanti”, con una sola ancora di salvezza: l’attestato di storicità. Si salvano, probabilmente ancora per molto, i motori a due tempi con alimentazione a iniezione, adottati sui moderni scooter.
Il loro impiego automobilistico risale a sessant’anni fa, all’autunno del 1951, quando la Bosch, forte dell’esperienza sui motori diesel, realizzò il primo impianto d’iniezione per motori a due tempi, montato sui bicilindrici delle utilitarie tedesche Gutbrod “Superior 700 Luxus” e Goliath “GP 700 E”. Assicurando l’esatto dosaggio del carburante, l’impianto incrementava la potenza e riduceva il consumo, limitando quindi anche le emissioni inquinanti. All’epoca poco importava di quest’ultimo fattore e il costo aggiuntivo rispetto al carburatore non giustificava i vantaggi in termini di potenza e consumi.
Dopo le necessarie messe a punto le vetture entrarono in produzione, rispettivamente nel ’52 e nel ’53, ma ebbero ben poco successo, venendo presto dimenticate assieme al loro innovativo sistema di alimentazione. Peccato, perché forse il destino del “due tempi” automobilistico sarebbe stato diverso.