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07/01/2013 | di Raffaele Laurenzi
Marchionne ha ferito l’orgoglio degli italiani
L’editoriale di dicembre, scritto in seguito alle dichiarazioni di Marchionne sul destino della Lancia, ha provocato la reazione di molti lettori. In redazione sono arrivate decine e decine di lettere, commenti e email. Ne abbiamo scelte undici, rappresentative dello sconcerto e della delusione di noi appassionati, che nonostante tutto non la smettiamo di credere nel […]
07/01/2013 | di Raffaele Laurenzi

L'editoriale di dicembre, scritto in seguito alle dichiarazioni di Marchionne sul destino della Lancia, ha provocato la reazione di molti lettori. In redazione sono arrivate decine e decine di lettere, commenti e email. Ne abbiamo scelte undici, rappresentative dello sconcerto e della delusione di noi appassionati, che nonostante tutto non la smettiamo di credere nel futuro dell'auto italiana.
Ma di fronte alla prospettiva di una produzione di vetture che di italiano hanno solo il marchio, qualcuno dichiara: "Piuttosto, finiamola qui".

Anni 70 e 80, qualcuno ci credeva
Sono un giovane ingegnere dell’indotto auto, collezionista Lancia. So bene che la gloriosa Lancia, che ha prodotto le mie “Flavia” e “Appia”, non esiste più dal 1969, anno di acquisizione da parte di Fiat. E so che la Lancia perse l’indipendenza per sua colpa, per la sua “distanza” dal controllo dei costi industriali e in sostanza dal mercato reale che si andava delineando negli anni Cinquanta e Sessanta. È altresì vero che sotto la gestione Fiat, quando sono stati fatti gli investimenti necessari, Lancia ha prodotto buone vetture che tutti ricordano e hanno apprezzato: “Stratos”, “Thema”, “Dedra”, “Delta”. Marchionne ha ritenuto la “Kamal” dell’Alfa Romeo un prodotto senza futuro. Quello che poi è diventato il “fenomeno Qashqai”, poteva essere il “fenomeno Kamal”. E a proposito dello scarso appeal del marchio, inviterei Marchionne a fare un giro con me sulle mie “Flavia” e “Appia”, perché si rendesse conto di quanta gente mi ferma, guarda le macchine con ammirazione e mi saluta dicendo “povera Lancia”. Quell’accozzaglia di modelli Chrysler, antiquati ed estranei al gusto europeo, proposti da Marchionne con la mascherina Lancia e con una mistura di nomi gloriosi male assortiti, non può certo dirsi un piano industriale serio. La nostra forza era il design, ma sembra che nessuno, nelle stanze dei bottoni, se ne ricordi. Il grande Gino Bartali avrebbe detto: “L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”.
Paolo Balordi - pb07@libero.it

Sempre più difficile essere italiani
Sono un sostenitore dell’Alfa Romeo e dell’auto italiana in genere. Adopero tutti i giorni un’Alfa “159 SW” e vado ai raduni con una bellissima “Alfetta” prima serie. Nel 2011 ho comprato una moto Ducati nuova: quando nel 2012 la Casa di Bologna è passata in mani tedesche, l’ho sostituita con una moto italiana. Capirete come ci sia rimasto male per la Lancia, marchio storico il cui declino, negli ultimi tempi, è stato colpevolmente accelerato. Tuttavia continuo a sperare che la Fiat si ravveda. Ho 42 anni, abbastanza per ricordare il successo della Lancia “Thema”, che riuscì a “scheggiare” il monopolio delle auto tedesche nel settore delle berline di lusso. Sebbene di fede alfista, ritengo che se il gruppo Fiat volesse nuovamente investire nell’alto di gamma, potrebbe farlo solo attraverso il marchio Lancia. Cancellandolo, si precluderebbe questa strada. Mi permetto di aggiungere una riflessione: ma il problema della Fiat non siamo forse anche noi italiani che abbiamo “bistrattato” le auto nazionali per semplici pregiudizi e per sentito dire? Non voglio dire che le Fiat siano le migliori auto del mondo, ma sicuramente non sono peggiori delle coreane o di tante altre macchine europee (le Volkswagen, è vero, sono un’altra cosa, ma costano anche di più). Voglio dire che far fallire un marchio italiano e lasciare a casa migliaia di dipendenti (senza considerare l’indotto) solo perché è diventato quasi un sport parlare male di Fiat mi sembra un autogol. Soprattutto quando scopri, parlando con la gente, che sono in tanti a lamentarsi delle noie e dell’affidabilità delle loro auto straniere.
Fabrizio Granata - alfetto70@yahoo.it

Giocare a Risiko con i grandi marchi
Marchionne è stato incapace di uno sguardo lungimirante. Manovra pezzi di storia industriale e culturale italiana come fossero figurine da appiccicare sui cofani delle automobili. Chiunque, con un po’ di competenza, si sarebbe reso conto che apporre sulle Chrysler il marchio Lancia non sarebbe stata una buona idea. Si possono fare sinergie, certo, ma in modo serio. La VW farebbe carte false per acquisire i nostri marchi storici. Quando non ha potuto comprarli, se li è inventati, vedi Audi. La Fiat invece li vuole seppellire...
Andrea - andreabsga@gmail.com

Una legame che durava dal 1951
La nostra famiglia è legatissima al marchio Lancia. Mio padre avviò la sua attività nel 1951 riparando autocarri Lancia, io sono stato pilota di vetture Lancia. Le recenti notizie sull’intenzione di Fiat di seppellire il marchio Lancia suscitano in me grande rimpianto, ma ormai sono anni che i manager non ascoltano il cuore, e i risultati si vedono. Evviva la Bocconi, vera rovina dell’Italia.
F. Montaldo - ferdimontaldo@gmail.com

Nell’abisso. Ma chi ce l’ha spinta?
Potrei anche essere d’accordo che “Lancia ha un appeal limitato fuori dall’Italia”, ma chi l’ha ridotta così, senza investimenti? Ho qualche anno e mi ricordo le auto che facevano l’Audi e la Volkswagen negli anni 70. Dove sono arrivati? Da quanti anni l’Audi corre e vince a Le Mans? Invece da noi hanno smantellato il reparto corse... Bei tempi quando si passava dai rally alla “24 Ore” e grazie a una “trovata” di Fiorio si vinceva anche il Mondiale Gr. 5... Sarebbe stato più accettabile se avessero detto: “Per il momento non ci sono le risorse, ma appena i bilanci lo permetteranno, torneremo a investire in nuovi modelli”. La nuova “Thema” a mio parere è bella (mi piaceva moltissimo anche la Chrysler “300”), ma comprendo che appaia troppo “americana”, soprattutto nella coda. Risultato: non se ne vede una in giro. Sarebbe stato davvero così impegnativo modificare qualcosa? Due parafanghi, un baule e i gruppi ottici anteriori, almeno quelli, non si potevano ridisegnare? Vorrei poi sapere chi ha approvato la “ristilizzazione” del marchio: è orribile. Sono senza parole: si può ridurre un marchio così a produrre solo utilitarie? Mi terrò stretta la mia “Delta” del ’93...
Fabio - f40lemans@libero.it

Meglio chiusa che usurpata
Presi la patente nel 1963 alla guida di una splendida Lancia “Appia” terza serie verde metallizzato. Che macchina, e che motore: un “1100” che tirava forte e teneva testa alla “Giulietta”. Ci voleva Marchionne per dire che un marchio sinonimo di bellezza ed eleganza nel mondo deve morire. È triste, ma è meglio così che vedere lo scudo Lancia su vetture americane. Almeno mi resta il ricordo di macchine favolose.
Paolo Paruta - ppaolo45@yahoo.it

Non resta che staccare la spina
Meglio farla finita che tirare a campare, trascinando nel fango il glorioso blasone del cavalier Vincenzo Lancia. Certo, spiace constatare che la Fiat abbia tenuto nei confronti della Lancia una politica di “marginalità”, imponendo modelli senza infamia, senza gloria e senza storia. Altro che le sfide e le competizioni sul campo dell’affidabilità, dei consumi, della velocità pura. Ricordo un articolo di “Autocapital” in cui si narrava di Mr. Henry Ford che, a chiusura del Salone dell’Automobile di non so che anno, fu trovato sdraiato sotto una Lancia “Aprilia”. Tirato fuori per i piedi dal servizio di sicurezza, dichiarò che quella macchina era la sola degna di essere studiata.
Alla fine ha ragione Marchionne, non resta che abbandonare il marchio. Ma i motivi puramente commerciali che hanno portato a questa decisione non li condivido. Ci accontenteremo del ricordo di quando l’Italia sapeva farsi invidiare dal resto del mondo e non aveva bisogno di alleanze Oltreoceano per tirare a campare. L’importante è finirla con questi balletti di dichiarazioni più o meno minacciose per il Paese e per la pace sociale.
Giovanni Mattana - avv.mattana@gmail.com

Se ne va un altro pezzo di made in Italy
Se il futuro della Lancia doveva essere quello di produrre Chrysler rimarchiate e imbellettate è molto più dignitoso chiuderla qui. Ma come lancista, e come italiano, sono molto amareggiato: la Lancia che chiude è un altro pezzo di “made in Italy” che viene irrimediabilmente perduto, come già accaduto per Autobianchi e Innocenti. Va ricordato che Fiat non è nuova a certe barbarie. Sì, barbarie, perché chiudere una casa automobilistica come la Lancia non è molto diverso da chi bombarda una cattedrale, un’azione che ricorda l’intolleranza di certi gruppi integralisti. Chiusa la parentesi emotiva vorrei provare ad analizzare con distacco e razionalità la dichiarazione di Marchionne, perché se fossi un azionista Fiat, e fortunamente non lo sono, sarei molto preoccupato: come si può pensare di essere più competitivi eliminando un marchio? È grottesco. La Volkswagen è stata capace di assorbire marchi certamente meno blasonati di Lancia, come Skoda e Seat, e di rilanciarli con una nuova immagine. Le dichiarazioni di Marchionne hanno il sapore amaro di una resa. L’uomo non è credibile quando afferma di voler conquistare il mercato americano con Alfa e Maserati. Fandonie: non sono stati capaci di fare vera concorrenza in Italia e in Europa, figurarsi Oltreoceano! Eppure le idee c’erano, basti pensare al remake “Fulvia Coupé”, che nonostante le petizioni e gli appelli sul web non si è voluto produrre. Quel prototipo, presentato a Francoforte e votato a furor di popolo come il più bello del Salone, dimostrò in modo inconfutabile che Lancia aveva ancora appeal anche fuori dai confini nazionali. Ciò significa che il potenziale e le idee c’erano; sono mancati il coraggio e la lungimiranza, ovvero gli attributi di un grande imprenditore.
Matteo Vezzosi - matteo.vezzosi@gmail.com

Ecco che cosa sognavo
Posso semplificare? Le Lancia che vorrei oggi sono un’“Aurelia B20” con motore V6, un’“Aurelia B24” con motore V8, una “Flavia” berlina a sei cilindri boxer e una “Fulvia Coupé” con motori a quattro o, meglio, a sei cilindri a V stretto. Vorrei carrozzerie in alluminio e fibra di carbonio, evolute nello stile ma rispettose dell’originale. Ecco quali avrebbero dovuto essere le Lancia del XXI secolo. Bye bye, Lancia.
G.Pettinelli - g.pettinelli@libero.it

Che noia l’eleganza, famole volgari
L’annuncio dell’imminente scomparsa di una casa automobilistica importante come la Lancia è una pessima notizia per tutti, ancor più per un lancista come me, proprietario di una “Fulvia Sport” carrozzata Zagato.
Mi rammarica il fatto che la filosofia delle vetture Lancia, ovvero l’unione di eleganza e sportività, sia destinata a scomparire. Si poteva anche evitare di applicare la filosofia Lancia a certe macchine americane semplicemente attaccandovi lo scudetto Lancia.
G.Marchiori - giuseppe.marchiori@gmail.com

Noi indietro, gli altri avanzano
È evidente come la Fiat si sia adoperata con successo nell’acquisire grandi marchi dell’automobilismo per smembrarli e disperderli. Si vergognino quanti dirigono e hanno diretto negli ultimi anni la ormai piccola Fiat con tanta incompetenza. “Delta” seconda serie, “K”, “Thesis”, “Delta” terza serie si sono dimostrate peggiori di un qualsiasi progetto made in Corea, ove invece marchi di serie B hanno saputo diventare validi in pochissimi anni. Spero di veder nascere un giorno un nuovo marchio italiano che cancelli l’egemonia despotica del marchio torinese.
A.Sammartini - taistudio.s@gmail.com

(disegno di Stefano Tartarotti)

TAGS Lancia
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