Maserati, l'era delle grandi GT, seconda parte - Ruoteclassiche
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15/06/2020 | di Giancarlo Gnepo Kla
Maserati, l’era delle grandi GT, seconda parte
Seconda parte dello speciale sulle GT Maserati, dedicato alle sportive del Tridente con motore centrale: Bora e Merak.
15/06/2020 | di Giancarlo Gnepo Kla

Nel 1971 il design automobilistico raggiunse il suo zenit: tra concept car e vetture di produzione, tutti i grandi nomi dello stile erano proiettati verso un’avanguardia stilistica che accelerò la diffusione dell’architettura a motore centrale. Anche Maserati, marchio molto legato alle tradizioni intraprese questa via proponendo le spettacolari Maserati Bora e Merak.

Con l’avvento degli anni ’70, Maserati sotto il controllo della Citroen decise di proporre due linee per le sue granturismo. Potenti e lussuose, tutte conciliavano eleganza e prestazioni, ma si orientavano verso due tipi di clientela: quella più tradizionale, affezionata all’architettura classica delle GT 2+2 a motore anteriore e quella più sportiva che desiderava un look più audace e il motore centrale.

Meccanica collaudata. Con buona pace dell’Ing. Giulio Alfieri restio a cambiare rotta, Guy Malleret allora direttore della Casa del Tridente intuì il potenziale mediatico e commerciale di una vettura di nuova concezione e delegò Giorgetto Giugiaro per definire lo stile della nuova vettura. Maserati decise di seguire il trend delle nuove supersportive con un'inedita granturismo due posti, dalla linea cuneiforme e motore centrale. Lo sviluppo di un motore ex novo avrebbe richiesto ingenti risorse finanziarie che in quel momento non erano disponibili (si ipotizzava un V12 a cilindri contrapposti per ottimizzare i pesi ) e perciò sulla Maserati Bora venne utilizzato il 4,7 V8 della Ghibli. L'assemblaggio della vettura, invece venne affidato alle Officine Padane di Modena.

Lusso e prestazioni. Il tradizionale comfort e la facilità di guida dei modelli Maserati venivano implementate dalla reggenza Citroen che introdusse anche sulla Bora un unico circuito pneumatico per i fari a scomparsa, la regolazione dei fari (a scomparsa), servocomandi per frizione e freni, sedile di guida. Tra le tante particolarità, la Bora prevedeva la regolazione del sedile solo in altezza, con volante e pedaliera mobili. L’unica vera rinuncia nella Maserati Bora era quella relativa ai due posti di fortuna, appannaggio dei modelli a motore anteriore: comfort e maneggevolezza erano ai massimi livelli. L’influenza Citroen consentì di raggiungere anche un isolamento acustico ottimale, che lasciava filtrare le note del V8 senza che la rumorosità diventasse mai fastidiosa. La Maserati Bora introduceva poi un importante novità dal punto di vista telaistico, era la prima Maserati con sospensioni indipendenti sulle 4 ruote.

Granturismo 2.0. Con un profilo arcuato e armonico, un potente V8 da 310 CV (20 in meno della Ghibli, per ottenere un’erogazione più dolce), la Maserati Bora raggiungeva i 280 km/h, confermandosi come una delle vetture più veloci sul mercato. Un dato ancor più sbalorditivo se consideriamo che la Bora era quasi 200 kg più pesante e 20 CV meno potente della Ghibli… Con la Bora Maserati ridefiniva l’idea della granturismo alzando l’asticella, sia sul fronte delle prestazioni che del comfort, con finiture curate e una dotazione ricca in cui paradossalmente mancava il servosterzo. Questa fu una scelta voluta, in quanto all’epoca l’idroguida filtrava parecchio la sensibilità del comando, tuttavia il motore essendo nella parte posteriore alleggeriva l'avantreno, agevolando non poco lo sforzo necessario durante le manovre.

Incompresa. Nel corso degli anni la Maserati Bora venne aggiornata, perdendo alcune delle sue caratteristiche tecniche più interessanti. In primo luogo l’adozione di un 4,9 litri, più elastico ma meno potente (300 CV, pensato per rispettare le normative antinquinamento americane); lo stesso che venne poi proposto in una variante da 320 CV abbinata al differenziale autobloccante e freni più potenti, sebbene le prestazioni non fossero aumentate in maniera significativa. Ma fu soprattutto l’installazione di un impianto idraulico di tipo tradizionale, dopo l’uscita dall’orbita Citroen, a limitare del tutto la portata innovativa di questo modello. Nonostante un corredo tecnico di prim’ordine, una guida precisa e ben gestibile anche dai piloti meno esperti, una certa caparbietà (perpetuata in primis dai tecnici modenesi) relegò la Maserati Bora al ruolo di incompresa. Col senno di poi, tutto ciò la rende oggi un modello molto più apprezzato e ricercato di quanto non lo fosse negli anni 70.

Competitiva. la Maserati Merak andava a competere in un segmento agguerrito, quello delle “piccole” sportive di lusso con cilindrate intorno ai 2,5 litri dominato da Ferrari, Lamborghini e Porsche che proponevano rispettivamente modelli come la Dino 246, Urraco P250 e 911. Presentata nel 1972, un anno dopo la sorella maggiore “Bora”, sfoggiava una linea moderna e affusolata: anche in questo caso opera di Giorgetto Giugiaro. Concettualmente simile alla Bora, la Maserati Merak si distingue principalmente per l’andamento del profilo nella zona posteriore, più morbido e raccordato dominato da un lunotto verticale e archi rampanti.

Differenze importanti. A livello tecnico, le differenze tra Merak e Bora erano ben più più significative: il telaio tubolare della Bora venne abbandonato in favore di una scocca portante in acciaio e il frazionamento che prevedeva un nuovo 6 cilindri in luogo del classico V8: per la nuova “Tipo 114”, non vemne utilizzato un più piccolo V6, derivato dal propulsore che equipaggiava la Bora, progettato anche in questo caso dall’Ing. Alfieri. L’unità (Tipo C.114) già montata sulla Citroen SM prevedeva un alesaggio maggiore che si traduceva in un aumento della cilindrata, da 2,7 a 3 litri, con una potenza risultante pari a 190 CV. Nella sua prima configurazione la Maserati Merak “3000” raggiungeva i 230 km/h, nel 1975 si aggiunse la Merak SS, che accreditata di 220 CV raggiungeva invece i 240 km/h.

Arriva Alejandro. Nel 1975 l’uscita di scena della Citroen traghettò la Maserati sotto il controllo di Alejandro De Tomaso. In questo scenario partì lo sviluppo di una variante della Merak con cilindrata ridotta, destinata esclusivamente al mercato italiano, dove la crisi petrolifera e la tassazione sulle cilindrate superiori ai 2000 cc gravavano sulle auto ad alte prestazioni. La Maserati Merak 2000 GT montava un motore V6 da 170 CV di 2 litri in grado raggiungere velocità una massima superiore ai 200 km/h. Presentata nel 1977, la Merak 2000 GT era la rivale diretta della Lamborghini Urraco P200. La Maserati Merak 2000 GT partendo da una configurazione meno sportiva non risentì più di tanto del calo di prestazioni, preservando cosi l’immagine complessiva della granturismo di accesso del Tridente.

Una lunga carriera. Dal 1978 i modelli Merak vennero sottosposti ad un leggero restyling che riguardò principalmente le modanature esterne e l’adozione della plancia della Bora in luogo di quella precedente derivata dalla Citroen SM. Al buon successo della Merak contribuirono le tradizionali finiture e una dotazione completa, ma soprattutto la riduzione degli ingombri meccanici che consentì di ricavare due sedili piccoli (angusti) sedili posteriori. Come molti altri modelli sportivi e di prestigio, anche la Merak risentì degli effetti della crisi petrolifera, ma riuscì a tener banco meglio di molte altre vetture coeve dalla caratteristiche simili: la Maserati Merak venne prodotta per 11 anni, dal 1972 al 1983. La produzione complessiva ammonta a meno di duemila esemplari, gran parte dei quali Merak SS, più rara invece la 2 litri. Nei primi anni ’80 la gamma Maserati venne poi completamente rivoluzionata con l’arrivo dei modelli Biturbo, che segnarono ufficialmente l’inizio di un nuovo capitolo, cominciava l’era De Tomaso.

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