Dopo l’uscita di scena della spider MG B, nel 1980, MG divenne una linea di modelli sportivi Rover. Nel 1992, a trent’anni dal debutto della sua gloriosa decapottabile, la Casa inglese annunciava la RV8: una roadster dalle linee rétro, sviluppata sulla base del modello originario e spinta dal classico V8 di origine GM.
Nel 1988, tale David Bishop del British Motor Heritage convinse la Rover a riportare in auge una spider MG d’impronta vintage, una instant classic per ridare lustro al marchio. A Coventry capirono che c’era del potenziale per creare qualcosa di speciale ed evocativo, da presentare prima di una sportiva (completamente nuova) che sarebbe poi arrivata negli anni 90, la futura MG F.
Lo sviluppo della vettura doveva essere un’operazione a basso costo, da portare a termine riesumando le carrozzerie heritage e recuperando i fondi di magazzino. Come propulsore si sarebbe utilizzato il sempiterno V8 Buick da 3,5 litri che, in passato era appannaggio della coupé “GT V8” e non della spider. L’inedita convertibile venne svelata al Salone di Birmingham del 1993 e venduta come MG RV8. Al momento del lancio, tuttavia, la RV8 non incontrò i favori del grande pubblico mentre negli ultimi anni, nel Regno Unito, si sta affermando tra le youngtimer più in voga: gli aficionados iniziano a considerarla come l’ultima erede dell’originale e inimitabile MG B.
Vintage dentro e fuori. La MG RV8 era una riedizione della spider anni 60, seppur aggiornata nei particolari e negli interni, decisamente più leziosi. Il modello, celebrativo, rendeva omaggio ai 30 anni della MG B e si rivolgeva ad una platea composta da appassionati e simpatizzanti del marchio.
Considerando la portata degli investimenti delle case automobilistiche, il budget di cinque milioni di sterline stanziato per la RV8 risultava quasi irrisorio. Il progetto venne ultimato in 15 mesi utilizzando il 75% di componenti nuove, il 20% di parti della MG B migliorate e un 5% di componenti standard del modello originale. La produzione venne affidata a un manipolo di soli 18 operai dello stabilimento di Cowley che assemblava circa 15 auto a settimana, a partire dalle “pelli” esterne della carrozzeria fornite dalla Abbey Panels di Coventry.
Ritorno al passato. La scocca della MG RV8 era quella elegante e compatta della ben nota MG B, con limitate modifiche estetiche alla mascherina frontale e al paraurti integrale in materiale plastico (più armonico di quello utilizzato sulle ultime MG B). Il nuovo muso, più profilato, migliorò leggermente l’aerodinamica da auto anni ’60. La fanaleria era di ispirazione classica, con fari circolari all’anteriore e fanali posteriori verticali. Per ospitare ruote di dimensioni maggiori, la RV8 montava anche dei nuovi parafanghi allargati. L’immagine vintage era espressa dal disegno dei cerchi in lega che imitavano i raggi, tipici delle auto d’antan. L’impostazione dell’abitacolo restava immutata e, con il parabrezza relativamente basso, la protezione per la testa era limitata, specie per i guidatori alti. Per questi era necessario financo abbassarsi per vedere attraverso il vetro.
Invece, le finiture, con una profusione di pelle e legni pregiati, donavano agli interni un’aria decisamente più curata e signorile. La capote, infine, era rigorosamente in tessuto, come da tradizione.
Un progetto datato. Neppure il quadro tecnico mutava dallo schema originario: motore anteriore, trazione posteriore, sospensioni posteriori ad assale rigido, impianto frenante misto e sterzo non assistito. Il propulsore era il grande V8 Rover, ennesima evoluzione dell’originario motore Buick, qui rielaborato con cilindrata portata a 3,9 litri e alimentazione ad iniezione.
La potenza massima di 190 cavalli, unitamente ad un peso della vettura contenuto in 1.100 chili, consentivano alla RV8 di esprimersi in prestazioni di rilievo: la velocità massima era nell’ordine dei 220 km/h ma soprattutto poteva accelerare da 0 a 100 all’ora in sei secondi, un tempo che nei primi anni 90 la avvicinava a GT ben più blasonate.
Divertente, a suo modo. I tester e i clienti rimasero spiazzati dalla MG RV8. La rivale TVR Chimaera, proposta a un prezzo simile e con una versione più potente dello stesso motore, era talmente superiore nella dinamica che era quasi imbarazzante confrontarle.
La RV8 era sicuramente un‘auto divertente da guidare e sembrava persino più veloce di quanto fosse in realtà. Anche la maneggevolezza era notevole per gli standard dell’epoca, eppure nella guida brillante richiedeva un certo impegno al volante. Il comportamento su strada, complice il differenziale autobloccante, era quello proprio delle sportive di “una volta” che necessitavano di una certa destrezza: le sue reazioni potevano essere imprevedibili. Secondo la scuola “classica” della guida, al guidatore era richiesto di agire frequentemente sul volante, dosando propriamente l’acceleratore. Fu criticata anche per la rigidezza del suo assale posteriore con molle a balestra. Oggi, ci sono due strade percorribili: lo si accetta come parte del carattere del modello oppure lo si sostituisce, con una sospensione posteriore indipendente realizzata su misura.
Nessuno è profeta in patria. A dispetto di quanto avvenuto in Gran Bretagna, quando l’auto venne esposta al Tokyo Motor Show, nell’ottobre 1993, i giapponesi se ne innamorarono: agli appassionati nipponici piacevano moltissimo le auto moderne dall’aspetto rétro e gli ordini per la RV8 (venduta come Rover) si moltiplicarono. Si calcola che l’80% delle 1.983 vetture costruite sia finita in Giappone.
Oggi la MG RV8 è tornata in auge anche in terra d’Albione e si stima che circa metà dei modelli prodotti sia ora nel Regno Unito. Lo scotto da pagare sta nel tachimetro in km/h e nella radio non compatibile con le frequenze europee. Piccoli disservizi, peraltro facilmente risolvibili.
Un modello da riscoprire. Con prestazioni di tutto rispetto, un look distintivo e poca ruggine (grazie ai lamierati rivestiti elettroforeticamente), la “snobbata” RV8 si sta prendendo una bella rivincita. Ma, occhio a non prenderla sottogamba, la sua immagine bonaria può essere fuorviante.