Mostra-scambio di Imola, tanta folla ma affari così così - Ruoteclassiche
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10/09/2018 | di Marco Visani
Mostra-scambio di Imola, tanta folla ma affari così così
A parte i locali, che lo fanno coincidere con il nome del club che lo organizza, e per i quali è familiarmente "il Crame", tutti gli altri - i moltissimi che vengono da fuori, Giappone compreso - continuano a chiamarlo mercatino. E quell’"ino", per una mostra scambio che si dipana sui due lati dei quasi cinque chilometri di un autodromo più il paddock più i box, è, minimo minimo, inadeguato.
10/09/2018 | di Marco Visani

A parte i locali, che lo fanno coincidere con il nome del club che lo organizza, e per i quali è familiarmente "il Crame", tutti gli altri - i moltissimi che vengono da fuori, Giappone compreso - continuano a chiamarlo mercatino. E quell’"ino", per una mostra scambio che si dipana sui due lati dei quasi cinque chilometri di un autodromo più il paddock più i box, è, minimo minimo, inadeguato.

In passato c'erano Vasco e la F. 1. Comunque sia, quella di Imola resta una delle mostre-scambio più ricche d’Europa. Oltre che un vanto per un impianto che conobbe tempi migliori, quelli in cui ci si correva la Formula 1 - il cui imminente ritorno è un maldestro tormentone dei politici di turno - e ci cantavano Vasco e i Guns ‘n Roses. L’edizione andata in scena lo scorso weekend, la numero 42, ha fatto il pieno di espositori (duemila) e visitatori (40mila secondo le stime) per la massima soddisfazione del Club Romagnolo Auto e Moto d’Epoca (il Crame, appunto) che lo mette in piedi ogni anno nel primo weekend di settembre. E come ogni anno la pioggia, almeno per qualche ora, ci ha messo lo zampino. Colpa - raccontano sulle rive del fiume Santerno - di un bizzarro, sedicente scienziato che un tempo abitava in zona e che, non amando la bolgia, aveva la capacità di scatenare acquazzoni in segno di ritorsione. Sicuro, è una balla. Ma altrettanto sicuro è che, anche ai tempi del Gran Premio, su Imola ha sempre piovuto a catinelle.

Una formula ruspante. Il bello di questo evento, suggestioni del luogo a parte, è che è rimasto una delle poche fiere di auto, moto e (soprattutto) ricambi d’epoca che ha conservato la formula ruspante delle origini. Le transazioni avvengono in contanti (rarissimamente con carte di pagamento), ma l’atmosfera è tale che ti aspetti davvero che, da un momento all’altro, qualcuno ti rifili un paraurti della Topolino in cambio dei fanalini della Appia. Non ci sono, qui, gli stand dei club di marca e modello (c’è solamente l’Asi) e nemmeno quelli, tirati a lucido, delle Case costruttrici. Quel che si trova è una distesa sterminata e oggettivamente affaticante (per le gambe dei compratori) di bancarelle più o meno improvvisate in mezzo alle quali la sfida più tribolata - e insieme la più divertente - è trovare il pezzo che ti mancava per completare il restauro. Mica a caso, la fanno a settembre: sta per arrivare l’autunno, le storiche escono meno dai garage e ci entrano più spesso, nei loro box, i collezionisti, per "pasticciare" sulle macchine nelle fredde sere e nei pigri fine settimana d’inverno.

Affari così così. A tastare il polso di molti dei commercianti storici, quelli che Imola la fanno da sempre, gli affari non sono stati in realtà così brillanti. Al netto dell’inevitabile pessimismo da ambulante, i tempi si sono oggettivamente complicati: le fiere crescono come funghi (solo in Emilia e solo nelle prossime settimane ce ne saranno altre due, a Modena e Parma) e c’è la concorrenza del commercio sul web, che moltiplica la scelta e riduce le distanze. Poi resta il fatto che la mostra romagnola è storicamente più specializzata sulle moto che sulle auto, il che genera incassi inevitabilmente inferiori.

Qualche occasione. Le auto in vendita non erano molte, anche meno del solito, parecchie erano esposte senza prezzo (una brutta abitudine sempre più diffusa in tutte le fiere) ma non mancavano pezzi interessanti. Con richieste economiche, quando appunto venivano espresse, meno esose che altrove. Abbiamo visto una Siata Spring a 14.000 euro, una Fiat 600 D Fanaloni del 1970 (una delle ultimissime) a 5000, una Fiat 1100 R radiata a 3800, una Topolino Belvedere 1955 (anche in questo caso, una fine serie) a 10.000. Già meno convenienti, ma comunque belle, una Innocenti Mini T leva lunga a 13milae una Ford Capri II GT a 7500 e una Lanci Flavia Coupé a 23.800. Difficile, con un parterre limitato, trovare auto insolite, ma non impossibile. La palma della più particolare va dritta dritta a una Austin Metro MG Turbo a .000 che, se davvero la meccanica è stata rifatta correttamente come declama il cartello, giustifica la richiesta.

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