Nella prima metà degli anni 60 la Germania Occidentale era in pieno boom economico e Opel si affacciava nell’alto di gamma con tre grandi berline: Kapitan, Admiral e Diplomat. In un segmento popolato da marchi blasonati, occorreva tuttavia anche un coupé che conciliasse un’immagine importante e un misurato tocco di grinta per evocare un prestigio ancor maggiore delle compassate berline.
Nel marzo del 1965 Opel presentò la Diplomat Coupé, un “incrociatore” da strada con due porte realizzato in collaborazione con la storica carrozzeria Karmann. La nuova vettura era destinata in primo luogo ai capitani d’industria che preferivano mettersi al volante in prima persona piuttosto che delegare a uno chauffeur. Del resto, le prestazioni erano degne di nota per l’epoca: pochissime altre vetture di serie potevano superare agevolmente i 200 all’ora garantendo un confort simile.
Una vera cruiser. Il motore della Opel Diplomat Coupé era infatti una versione maggiorata a 5,4 litri (5.354 cc) del V8 di 4,7 litri della berlina, abbinato ad una trasmissione automatica Powerglide a 2 sole marce, che fa sorridere se si pensa che alcune trasmissioni automatiche odierne hanno addirittura 10 rapporti. Tuttavia, con 230 CV, la Diplomat Coupé poteva raggiungere una velocità massima di 206 km/h. Nel 1965 era la più potente e veloce tra le auto tedesche prodotte in grande serie.
L’americana di Russelsheim. Intanto i personaggi dello spettacolo, la musica e i costumi si omologavano agli standard americani e anche le Opel strizzavano l’occhio alle cugine d’Oltreoceano. La Diplomat Coupé si differenziava dalla berlina per l’assenza delle porte posteriori e del secondo montante del tetto. Questi elementi, così come il massiccio montante posteriore, erano stilemi molto in voga tra le auto americane del periodo: non dimentichiamo che Opel era a tutti gli effetti la “filiale” europea del colosso General Motors.
Quando il nome fa la differenza. Con un prezzo di 25.500 Marchi, la Opel Diplomat non era una vettura a buon mercato e nonostante l’immagine esotica e un motore potente, stentò ad affermarsi. Nel club delle coupé di lusso il “nome” era un fattore determinante. Tra il 1965 e il 1967, la Diplomat Coupé venne prodotta in appena 304 esemplari (più una versione cabriolet). A maggior ragione tra le coupé, pensate per una clientela particolarmente esigente e attenta allo status, non bastava una buona reputazione per spiccare. Chi sedeva al volante di vetture blasonate, pretendeva di suscitare sguardi d’invidia. Una prerogativa, appunto, che alla Opel mancava.
Tutta un’altra musica. Dopo l’uscita di produzione, la Opel Diplomat Coupè divenne la base di partenza per la realizzazione del prototipo CD (Coupè Diplomat), disegnato dal designer Charles M. Jordan. La showcar venne presentata al Salone di Francoforte del 1969 riscuotendo grande consenso. Nel 1970, Pietro Frua presentò una sua personale interpretazione. L’auto piacque molto all’ex pilota di rally Erich Bitter che ne acquisì i diritti e la sviluppò in piccola serie. Allo stesso Frua venne affidato il compito di derivarne il modello di produzione, più pratico e riproducibile a livello industriale.
Stile italiano. Nacque così la Bitter CD, presentata tre anni dopo al Salone di Francoforte del 1973. In pochi avrebbero sospettato che la massiccia Diplomat si fosse tramutata in una slanciata coupè alta poco più di un metro (1,1 metri per l’esattezza) e capace di toccare i 210 km/h. Il tempismo non fu dei migliori: la crisi petrolifera arrivò come una stangata e per le "auto da sogno" l’aria si fece improvvisamente pesante. Anche i conflitti sociali che imperversavano in molti Paesi non invogliavano la clientela di riferimento tipo a ostentare vetture di questo tipo.
Fuoriserie di successo. Nel suo piccolo, la Bitter riuscì a portare a segno questa missione con l’aiuto della carrozzeria Baur di Stoccarda: tra il 1973 e il 1979 vennero realizzate 395 Bitter CD vendute attraverso la rete ufficiale Opel al prezzo di 52.000 Marchi. Dopo il 1979 la sigla “CD” venne ripresa dalla Opel per indicare alcuni allestimenti di punta, ma il fascino della coupé disegnata da Frua era difficilmente replicabile. E chi l’avrebbe mai detto che, a fronte di un prezzo più che doppio rispetto al modello di partenza e un momento storico particolare, le fuoriserie Bitter arrivassero persino a superare le vendite della Diplomat Coupè.