Porsche 959, la supercar che vinse a Dakar - Ruoteclassiche
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22/01/2021 | di Giancarlo Gnepo Kla
Porsche 959, la supercar che vinse a Dakar
La Porsche 959 rappresenta la prima supercar di concezione "moderna". Le sue capacità vennero confermate con vittoria alla Parigi-Dakar del 1986.
22/01/2021 | di Giancarlo Gnepo Kla

Nel 1985, Porsche decise di mettere alla prova i primi prototipi della 959, la supersportiva che l’anno seguente avrebbe rivoluzionato il prestigioso segmento delle auto ad alte prestazioni. Stavolta non c’erano test di durata da effettuare in giro per il mondo ma, la partecipazione alla massacrante Paris-Dakar.

In Casa Porsche sono soliti alzare l’asticella della sfida e guai se così non fosse. A metà anni 80, il management decise di fare un salto di qualità, andando a competere nella fascia più alta del segmento delle auto sportive, che in quel momento era popolato essenzialmente dalle emiliane Ferrari e Lamborghini a 12 cilindri. L’approccio del nuovo modello doveva essere diametralmente opposto alle sanguigne italiane, che erano auto “vecchia scuola”: realizzate artigianalmente, difficili da portare al limite e poco adatte all’uso quotidiano.
Il pragmatismo teutonico doveva raggiungere il suo zenit con la Porsche 959, manifesto della più avanzata tecnologia germanica. A parte la prosopopea, la 959 divenne davvero una pietra miliare per lo sviluppo delle auto sportive in quanto combinava performance straordinarie, un maggior controllo (dato dalla trazione integrale), una tecnica avanzatissima nella gestione elettronica dei parametri di guida e soprattutto una docilità sconosciuta alle altre auto dell’esclusivo “club dei 300 all’ora”. Le supercar odierne seguono, infatti, i principi di questa filosofia.

La grande sfida. Per lo sviluppo di qualsiasi auto, dalle utilitarie alle supersportive, vengono realizzati dei modelli preserie, spediti in giro per il mondo per valutarne la resistenza nelle condizioni climatiche più estreme e negli usi più gravosi. La Porsche 959 venne posta su un banco di prova ancora più impegnativo: la Parigi-Dakar, il raid africano per eccellenza, organizzato a partire dal 1979 dal leggendario Thierry Sabine.
Il 1 gennaio 1985 i tecnici di Stoccarda festeggiavano l’anno nuovo ultimando i preparativi sulla 959 che il giorno stesso avrebbe iniziato a percorrere i 13.800 chilometri, tra deserti e foreste pluviali. Tre settimane di grande sforzo, fisico e mentale, per i piloti e i veicoli alle prese con il sole cocente e i forti sbalzi termici. Senza contare le insidie imprevedibili che il deserto e la savana possono riservare agli equipaggi. Il modello che corse alla Dakar era molto diverso dalla futura versione stradale: il suo motore aspirato, erogava 231 CV, quasi la metà rispetto ai 450 della 959 di serie, che invece era sovralimentata. Imprescindibile l’assetto rialzato: 300 mm, per superare dune e superfici accidentate.

Il dream team. Gli ingegneri Porsche contavano di bissare il successo dell’edizione precedente, in cui aveva trionfato la 953, realizzata sulla base della 911. Tutto normale nell’epoca d’oro delle mitiche Gruppo B… Al volante, il solito René Metge con Dominique Lemoyne, entrambi francesi.
La Porsche 959 doveva spingersi oltre e la squadra corse schierò un dream team composto dal belga Jacky Ickx e Metge, affiancati dal collega tedesco Jochen Mass, rivale nell’edizione 1984, quando partecipò con una Mercedes-Benz 500 SLC. Il rapporto di buon vicinato con la Mercedes venne confermato con il supporto logistico operato con una Mercedes-Benz 280 G. Per l’occasione, l’indistruttibile fuoristrada venne dotata del motore V8 della Porsche 928 S4: al team Porsche occorreva un mezzo di servizio capiente, inarrestabile e veloce, per poter seguire prontamente le 959 in corsa. Nonostante questo dispiego di forze, nessuna delle tre 959 nell’elegante livrea Rothmans giunse sul podio.

In corsa per la vittoria. Il debutto della Porsche 959 stradale, si avvicinava e questa volta la vittoria della squadra Porsche diventò una questione d’onore: la 959 doveva scrivere un nuovo capitolo nella storia delle supercar e in quella del motorsport. E così fu. Esattamente un anno dopo, il 1 gennaio 1986, Porsche tornò alla Parigi-Dakar con una “nuova” 959, più evoluta e potente. Il telaio venne rivisto, così come le sospensioni. Il serbatoio aveva una capienza di ben 330 litri, contro gli 84 della stradale. Il motore a sei cilindri contrapposti da 2,9 litri venne abbinato alla doppia sovralimentazione: la potenza schizzò da 231 a 400 CV, che le consentivano di raggiungere una velocità massima di 242 km/h. La versione stradale forte di 450 CV e con una conformazione aerodinamica ottimizzata per le massime performance, superava di slancio i 300 km orari, toccando i 315 km/h.

Un importante palmares. Anche stavolta le vetture in gara sono tre e ritroviamo i leggendari Metge e Ickx, affiancati dall’ingegnere tedesco Roland Kussmaul che fornì l’assistenza tecnica ai due assi del volante. Come pronosticato, la Porsche 959 dominò la Dakar ’86: un’edizione il cui ricordo è macchiato dalla tragica morte dell’organizzatore Thierry Sabine, perito in un incidente in elicottero. René Metge condusse la gara per gran parte del tempo insieme al copilota Dominique Lemoyne; nonostante la loro 959 fosse rimasta impantanata nell’ultima prova speciale, il francese riuscì a mantenere la prima posizione. Seguivano Jacky Ickx e Claude Brasseur. Il team Porsche portava a casa una nuova e prestigiosa vittoria, assicurando alla nascente supercar un nobile pedigree. Kussmaul, che aveva aiutato Metge nella sua impasse, concluse con un rispettabile 6° posto.

Una Porsche da record. Nell’ottobre del 2015, la prima delle Porsche 959 reduci della Dakar tornò agli onori delle cronache. L’auto, con telaio “010015” è stata la protagonista dell’asta indetta da RM Sotheby’s. Questo esemplare guidato da Metge,il vincitore di tre edizioni della Dakar (1981, ‘84 e ‘86) è stato battuto per 5,2 milioni di euro: una cifra record per una vettura Porsche.
Una somma ingente ma, chi, al posto del fortunato acquirente avrebbe rinunciato a mettersi in garage un pezzo tanto pregiato? Noi no di certo.

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