Lontano dalle 164 di tutti i giorni, nel 1988 vede la luce un prototipo che gli intenditori del marchio ricorderanno senz’altro. Visto su uno dei tanti libri dedicati alle vetture Alfa Romeo magari, o dal vivo, per chi il 9 settembre di trent’anni fa si trovava sugli spalti dell’Autodromo di Monza. Proprio là dove Riccardo Patrese, in occasione del Gran Premio d’Italia, inanellò una manciata di giri forsennati al volante di una 164 molto particolare.
È sotto la pelle che la 164 ProCar rivela la sua natura di purosangue da corsa: solo un occhio attento, infatti, la smaschera al primo colpo. Le ruote specifiche e la risicatissima altezza da terra destano più di un sospetto, certo, ma non quanto basta a centrare la questione. Questione che, una volta smontata la carrozzeria nei due “gusci” in materiale composito, si fa davvero interessante.
La denominazione del modello, “Pro Car” (Production Car, per esteso), indica il campionato per cui i tecnici del Biscione mettono a punto la vettura. Un’idea lanciata dalla FIA nella seconda metà degli anni Ottanta, con un regolamento che parla chiaro: la scocca deve rispettare le forme del modello di serie, da prodursi in almeno 25.000 esemplari l’anno.
Molta più libertà per il telaio, invece, con un peso minimo fissato a 750 kg. Dello scheletro della 164 ProCar si occupa la Brabham, ceduta all’Alfa Romeo da Bernie Ecclestone proprio nel 1988. Il posto guida, a destra, è racchiuso da una cellula centrale, come anche il motore, alloggiato al posto dei sedili posteriori: il tutto è poi assemblato con una struttura a nido d’ape in alluminio, a sua volta rivestita da pannelli in fibra di carbonio.
Con vincoli pressoché identici a quelli disposti per la Formula 1 (propulsore aspirato di 3,5 litri, massimo 12 cilindri), per gli uomini del Biscione tirar fuori un motore all’altezza è quasi un gioco da ragazzi. Ad Arese, infatti, è già bell’e pronto il V10 progettato poco prima per la monoposto Ligier: 600 CV a 12.000 giri al minuto, per una velocità massima rilevata di 329 km/h.
A restare negli annali, però, alla fine sarà solo la famigerata “sgroppata” di Patrese tra i cordoli di Monza. L’Alfa Romeo, infatti, non avrà mai la soddisfazione di veder correre la sua ProCar: il campionato infatti, pubblicizzato poco e male, non vedrà mai la luce per mancanza di iscritti. Un peccato perché, almeno stando a sentire più di qualche addetto ai lavori, non ci sono molti dubbi su come sarebbe andata a finire...
Alberto Amedeo Isidoro