Francia, gennaio 1965. Fa freddo a Juan-les-Pins, in Costa Azzurra. Un gruppo di giornalisti provenienti da tutta Europa si raccoglie, curioso, intorno ai primi esemplari di un’appariscente scatola delle meraviglie su quattro ruote. Un fuoco d’artificio di versatilità dissimulato in un grande e inedito involucro a due volumi. Il grande pubblico potrà conoscere ufficialmente la R16 solo tre mesi dopo, a Ginevra, proprio mentre le sfilate parigine svelano la minigonna di André Courrèges, la prima d’Oltralpe. Ma i reporter infreddoliti provano subito quella singolare trazione anteriore tutta spigoli e superfici vetrate, carica di cromature eppure pulita e, innegabilmente, moderna. Con responsi sorpresi e antipodici, esattamente come accadrà per la gonna sopra il ginocchio. Due simboli di rottura dei codici formali, ma anche funzionali, s’intrecciano in quell’anno che inframmezza gli irripetibili Sessanta. La rivoluzione dei costumi si specchia nelle lamiere della nuova berlina.
Francia, maggio 2015. L’appuntamento è a Flins, storico sito produttivo della Losanga e sede dell’eccellente officina Renault Classic. Stavolta il meteo si rivela piacevolmente amichevole. Ad accogliere i giornalisti, due ali di “voitures à vivre” schierate come testimoni di cinquant’anni di cultura dell’automobilismo alla francese. Perché prima di saggiare la carica innovativa della festeggiata, spiega il direttore del reparto storiche Hugues Portron, bisogna immergersi nella ricerca progettuale che ne ha permesso di nascita. Tappa numero uno, la frugale R4, che già nel 1961 spalancava il portellone a una nuova era di fruibilità. Poi, una brusca virata con l’iperclassico progetto 114 (una tre volumi a sei cilindri e sei luci con la firma di Ghia): viene abortito, sempre nel 1961, proprio per cedere il posto all’irriverenza funzionale della futura R16.
Dopo il giro di boa del 1965, ogni Renault diventa protagonista di una felice corsa alla vivibilità. Dalla R5 del 1971, con il suo bagagliaio tagliato sulla misura di un carrello della spesa, alla rivoluzionaria Espace a sette sedili singoli, fino all’iconica Twingo e alla rassicurante Scénic, per l’occasione rappresentata dal prototipo del 1991.
Come racconta in conferenza stampa, con grande capacità affabulatoria, lo storico Jean Louis Loubet, la 16 è riuscita a scardinare le resistenze conservatrici annidate fra i progettisti e nel pubblico. Ha osato proporsi quale berlina medio-superiore lontana dall’amalgama della concorrenza, dirompente nella sua aderenza alla modernità e sfacciata nel sedurre la borghesia meno conformista. Con quella forma sintetizzata in pochi tratti scattanti, lo specchio di coda tutto costruito sull’ampio portellone e il tetto incasellato da due increspature che sostituiscono i gocciolatoi, si è vestita di una formula estetica senza paragoni, polarizzante. Ma soprattutto, si è potuta fregiare di un abitacolo pirotecnico nella concezione del divanetto: scorrevole, ribaltabile, estraibile e ripiegabile a cuccetta. Un’anteprima di modulabilità capace di diversificarsi in sette configurazioni, regalando un bagagliaio da 346 a 424 litri in cinque a bordo, ma fino a 1200 litri in due.
Al termine del raffinato excursus storico, qualsiasi appassionato sarebbe ingolosito. È tempo di tastare dal vivo le soluzioni della splendida cinquantenne. Renault Classic supera ogni aspettativa e rende disponibili cinque fiammanti R16, fresche di restauro, addirittura per una prova su strada. E per raggiungere il luogo del test, si possono guidare le “auto da vivere” in esposizione! Ma questa è un’altra storia...
Silvio Jr. Suppa