Piove a dirotto, sulla tribuna scoperta di Sainte Dévote, durante il G.P. di Monaco 1984. Ma quasi non la sento, nonostante l’azzurro della camicia cominci a colarmi sui jeans. Sono troppo intento a seguire la corsa, che sta prendendo una piega quantomeno inaspettata. Ayrton Senna da Silva – all’epoca, l’asso brasiliano manteneva ancora il cognome del padre -, al volante della semisconosciuta Toleman TG184-Hart numero 19, sta rimontando tre secondi al giro – a volte anche di più – ai danni di un pilota affermato come Alain Prost, alla guida della McLaren-Tag Porsche. Roba da non credersi. Ayrton è al suo sesto gran premio, Alain è nel circus della F.1 dal 1980 e si sta giocando il mondiale Piloti con il compagno di team, un certo Niki Lauda.
Distacco a crollare. Ebbene, cronometro alla mano (utilizzo quello per i kart, con il cordino per il collo), non credo ai miei occhi e tocco il gomito di mio zio -merito suo se sono qui, santo subito - quando vedo Ayrton “sbranare”, giro dopo giro, il distacco che lo separa dal leader della corsa. Inesorabile e affamato di vittoria, come sarà sempre in tutta la sua carriera. Ma noi, in quel momento, come milioni di telespettatori in tivù, stiamo solo “registrando” l’esplosione di un fenomeno, e stiamo osservando doti davvero fuori del comune per un pilota che diventerà noto a tutti come “Magic”.
Nasce una stella. Quel giorno, sulle stradine del G.P. di Monaco 1984, diventa visibile a tutti una delle stelle più luminose nella storia della F.1. Paragonabile, nel passato, a quelle dei grandissimi Juan Manuel Fangio e Jim Clark, in particolare nella superiorità dimostrata nei confronti di compagni di squadra e colleghi. Una stella, quella dell’asso brasiliano di San Paolo, che ci manca da 30 anni giusti. Dal G.P. di San Marino a Imola di quel primo maggio, dove purtroppo ebbi la sventura di assistere all’incidente al Tamburello. Un pilota, Senna, che amava l’Italia e parlava così bene la nostra lingua anche per via della discendenza nostrana dei suoi bisnonni materni. La prima vittoria, nel gran premio del Principato, sfugge ad Ayrton solo a causa della decisione del direttore di corsa (Jacky Ickx) d’interrompere il gran premio. Ma l’appuntamento con il successo è solo rimandato per il pilota brasiliano, e arriverà al G.P. del Portogallo 1985, su Lotus-Renault. Da lì, la carriera di Ayrton compie un balzo, e un altro, più grande, lo realizzerà con il passaggio alla McLaren-Honda, nel 1988, stagione che lo incoronerà per la prima volta campione del mondo (con la scuderia di Ron Dennis, Senna vincerà anche i Mondiali del 1990 e del 1991).
Gocce di Ayrton. Di Senna, però, non mi vengono in mente solo le vittorie in F.1, che sono tante (41), alcune delle quali indelebili, o i sorpassi da urlo, o le pole position (65), per lui così importanti per esternare il suo talento cristallino. Di lui, mi ritorna in mente lo sguardo, a volte triste e pensoso, a volte iper concentrato, come quando, negli ultimi minuti delle prove di qualificazione, stava per uscire in pista con la sua monoposto, spesso per battere sé stesso. Ecco, al di là delle sue doti indiscutibili di asso del volante (e di re del cambio manuale!), mi ha sempre colpito la sua umanità, la sua sensibilità verso gli altri, verso i più deboli, come i bambini meno fortunati del suo amatissimo, generoso e controverso Paese, per i quali faceva tantissimo, ma lontano dai riflettori.
Molto generoso. Spesso ripenso a una scena (che si trova su YouTube) che lo vede protagonista durante le prove del G.P. del Belgio 1992. All’uscita del curvone velocissimo di Blanchimont, Senna vede sventolare le bandiere gialle e si trova davanti la Ligier-Renault di Érik Comas, che ha appena sbattuto contro le barriere e si sta fermando in mezzo alla pista. Ebbene, Ayrton non ci pensa un attimo e parcheggia la sua McLaren sull’erba. Si slaccia le cinture di sicurezza, scende dalla macchina e corre verso lo sfortunato collega, incurante delle monoposto che stanno sopraggiungendo: prima dell’arrivo dei commissari di percorso, si china nell’abitacolo della Ligier, chiude il passaggio della benzina e sostiene il casco del francese, per evitargli danni alle vertebre cervicali. Riuscirà nell’intento, tanto che Comas sarà al via già del G.P. successivo, a Monza. Ebbene, in questo gesto così valoroso e altruista del grande asso verso un collega, una persona, vedo tanto di Ayrton, del suo modo di essere uomo a 360 gradi, oltre il Campionissimo. Pure questo, credo, non sia stato dimenticato, attirando il più vivo interesse anche da parte di chi, all’epoca, non era ancora nato.