L’Alfa Romeo Alfasud Sprint 6C, un vero bolide a motore centrale e trazione posteriore, avrebbe dovuto disputare (e possibilmente) vincere il Campionato del Mondo Rally, un titolo che la Casa del Biscione non è mai riuscita a conquistare.
Il titolo mancante. Il progetto della sportiva italiana nasce alla fine del 1980 per volere del presidente Ettore Massacesi: dopo i deludenti risultati dell’Alfa Romeo nei rally, il numero uno della Casa decide di puntare su un modello inedito, finalmente competitivo, sviluppato secondo il regolamento del Gruppo B, in vigore a partire dal 1982. La realizzazione del progetto viene affidata al reparto corse dell’Alfa Romeo, l’Autodelta, guidata da Carlo Chiti, in quel momento impegnata fra l’altro anche nel programma F.1.
Scartata l'Arna, scelta la Sprint. Vengono studiate varie possibili alternative per il nuovo impegno sportivo del Quadrifoglio, a partire dall’impiego del motore V6 di 2.5 litri montato posteriormente sull’Alfasud Sprint: un prototipo, dotato di un grande alettone posteriore, viene testato per la prima volta da Giorgio Francia sulla pista di Balocco alla fine del 1981, ma la berlina è ormai verso la fine della carriera e il marketing decide quindi di far derivare la nuova supersportiva da un altro modello. Viene presa in considerazione anche l’ipotesi di utilizzare come base di partenza l’Arna, ormai prossima al debutto, ma l’idea viene scartata. La scelta cade così sulla Sprint, che, per le sue caratteristiche e la sua immagine, costituisce già una favorevole base di partenza. Il regolamento del Gruppo B impone, fra l’altro, la produzione di almeno 200 esemplari con le stesse caratteristiche delle vetture impegnate nelle competizioni, e certo sotto l’aspetto commerciale la Sprint può offrire le prospettive più interessanti.
Motore e trasmissione. Le alternative tecniche a disposizione dei progettisti sono due: il motore V6 da 160 CV montato alle spalle dell’abitacolo, con la stessa impostazione tecnica della Lancia 037 a trazione posteriore, oppure la scelta più complessa e costosa della trazione integrale, accoppiata al V6 sempre centrale longitudinale, casomai sovralimentato, come sulla Peugeot 205 Turbo 16, di cui proprio negli stessi mesi è iniziato lo sviluppo. La scelta cade sulla prima e più semplice soluzione tecnica, ma la vittoria dell’Audi quattro nel Campionato del mondo 1982 fa capire che la trazione integrale è destinata a prendere il sopravvento nei rally. Mentre cominciano i primi test della Sprint 6C la scocca viene così predisposta per ospitare l’albero di trasmissione della possibile evoluzione 4x4. Iniziano anche a filtrare le prime notizie sul progetto e le reazioni dei concessionari e del pubblico sono favorevoli, mentre si parla dell’impiego della 6C nel 1984 anche nel Trofeo Sprint Europa, il campionato promozionale Alfa Romeo disputato sulle principali piste continentali.
E poi c'è chi fa i conti... Tutte le prospettive per il nuovo modello, di cui vengono completati due prototipi, sembrano favorevoli, ma lo sviluppo del progetto si scontra con la difficile situazione finanziaria dell’Alfa Romeo all’inizio degli anni Ottanta, che poi la porterà ad essere acquistata dalla Fiat nel 1986. La gamma comincia ad accusare il peso degli anni, le vendite sono in calo e gli investimenti vanno destinati, oltre che all’Arna, alla ormai prossima 33, erede dell’Alfasud, alla futura 75 e al progetto Tipo 4, da cui nascerà la 164. Fra i tanti tagli di quel periodo si prospetta quindi anche quello della Sprint 6C, soprattutto perché appare evidente che l’impegno nel mondiale rally risulterebbe troppo gravoso per le casse dell’Alfa Romeo. La vettura viene comunque esposta al Salone di Parigi nell’ottobre 1982 e poco dopo viene fotografata sulla pista di Monza per sondare il parere dei mass media e del pubblico verso la nuova supersportiva del Quadrifoglio. I giudizi sono più che positivi e c’è già chi si reca nelle concessionarie per prenotare uno dei 200 esemplari previsti, il cui prezzo si può ipotizzare simile a quello della Lancia 037, nell’ordine dei 40 milioni di lire.
Caratteristiche notevoli. In realtà la decisione dei vertici Alfa Romeo di bloccare il progetto sembra ormai irrevocabile, anche se basterebbe solo una ulteriore breve messa a punto per impostare la produzione di questa piccola serie. La vettura è praticamente pronta, va bene, è veloce (raggiunge i 215 km/h e accelera da 0 a 100 km/h in 7,3 s) e nel corso dei test dimostra un eccellente comportamento, grazie alle soluzioni tecniche adottate e all’ottima distribuzione dei pesi, con le ruote motrici posteriori e l'apprezzato sei cilindri a V di 2492 cmc, con potenza portata a 160 cv e una coppia massima di 21,7 kgm a 4000 giri, montato in posizione centrale longitudinale, accoppiato al cambio manuale a 5 rapporti. Le sospensioni anteriori di tipo McPherson e posteriori a parallelogramma trasversale indipendente, con ammortizzatori Koni, l’impianto frenante a 4 dischi autoventilanti, i pneumatici Pirelli P7 205/50 VR15 e il peso di 990 kg completano le principali caratteristiche tecniche.
Trattamento... di bellezza. La Sprint 6C però è anche bella, o quantomeno grintosa, grazie alle modifiche e alle appendici aerodinamiche adottate sulla carrozzeria originale: l’ampio spoiler frontale, la calandra e i gruppi ottici di nuovo disegno, i passaruota allargati, le bandelle laterali, mentre nella coda spiccano il vistoso spoiler che racchiude la presa d’aria per il raffreddamento del motore, la griglia che sostituisce il lunotto, il nuovo paraurti e il doppio terminale di scarico. Molte le novità anche nell’abitacolo, a cominciare dalla paratia, vetrata nella parte superiore, che divide i due sedili sportivi dal V6, che certo non manca di far udire il suo rombo a guidatore e passeggero. Proprio nell’abitacolo si notano maggiormente le differenze fra i due esemplari realizzati, uno in versione stradale (quello presentato a Parigi) e l’altro per le competizioni (oggi esposto al Museo di Arese). Sul primo i sedili anatomici rivestiti di pelle, la moquette rossa, il volante sportivo in pelle e la plancia, i pannelli porte e il tunnel centrale con finiture specifiche mostrano chiaramente che la Sprint 6C è giunta a un passo dalla produzione in serie, mentre l’esemplare esposto ad Arese, caratterizzato dagli interni più spartani e dai sedili sportivi con gli attacchi a quattro punti delle cinture di sicurezza, mostra come doveva essere la vettura da rally. E il rialzo del tunnel centrale evidenzia che era già stata progettata l’evoluzione a quattro ruote motrici della 6C.
Stradale e da corsa. I due prototipi si differenziano anche in alcune soluzioni estetiche, come il disegno del paraurti, dei gruppi ottici e della griglia posteriori, dello spoiler anteriore e di altri elementi, fra cui i cerchi in lega e i retrovisori. Sulla versione stradale spicca anche la scritta Sprint 6C applicata allo spoiler posteriore che, grazie alla grafica in cui è inserita, alleggerisce in modo convincente la linea della coda. Naturalmente la capienza del bagaglio è penalizzata dalla nuova meccanica: resta quindi solo il piccolo vano anteriore, dove è alloggiata anche la ruota di scorta, e lo spazio disponibile sopra al pannello che ricopre il motore. Nel complesso la 6C “stradale” appare comunque meglio rifinita e più aggraziata esteticamente della sua mancata avversaria diretta, la Lancia 037, che anche a causa dei problemi inerenti le finiture e il confort non ha conquistato allora i favori del pubblico. Probabilmente l’accoglienza del mercato sarebbe stata più favorevole per la Sprint 6C, che oggi costituirebbe un gioiello da contendersi a colpi di rialzi nelle aste di auto d’epoca.