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01/09/2001 | di Redazione Ruoteclassiche
UN ELEGANTE GIOCO DI SQUADRA
La grinta delle Zagato e la tradizionale classe della Casa, le prestazioni offerte da una linea aerodinamica e la fluidità di una meccanica raffinata, l’agilità in pista e la docilità nel traffico: queste le doti comuni a tutta la serie, apprezzata dai gentleman driver di ieri e di oggi. Solo 1100 cm3, consumo modesto e […]
01/09/2001 | di Redazione Ruoteclassiche

La grinta delle Zagato e la tradizionale classe della Casa, le prestazioni offerte da una linea aerodinamica e la fluidità di una meccanica raffinata, l'agilità in pista e la docilità nel traffico: queste le doti comuni a tutta la serie, apprezzata dai gentleman driver di ieri e di oggi. Solo 1100 cm3, consumo modesto e poca manutenzione.

Sulla pista di Vairano, dopo tanti anni, ecco finalmente riunita l'intera famiglia delle "Appia" sportive firmate Zagato. C'è la "GTZ" 1957 del collezionista milanese Uberto Pietra, la "GTE" 1961 del brianzolo Giorgio Porta e la "Sport" 1962 di Giuseppe Dosi, comasco. Tre "Appia" che denotano forme e studi aerodinamici differenti. Del resto, all'epoca si sceglieva Zagato per distinguersi: perché il carrozziere era pronto ad accontentare tutti i gusti, a creare modelli unici e, diremmo oggi, personalizzati. Le "Appia" di Zagato erano fatte per essere usate tutti i giorni oppure per andare a correre nel weekend, in pista e nelle gare su strada.

La più anziana delle tre, la "GTZ", sembra appartenere a una generazione precedente: meno compatta, mostra una parentela stretta con i prototipi. Sui primi esemplari di questa serie apparivano due eleganti "pinnette" posteriori e le gobbe sul tetto. La meccanica deriva dalla berlina seconda serie: motore a 4 cilindri a V stretto da 53 CV (una decina in più rispetto alla versione di serie, grazie ad alcune modifiche, tra cui l'adozione di un carburatore doppio corpo), stesso passo di 2510 mm, sospensioni anteriori a ruote indipendenti e retrotreno ad assale rigido. Sul pianale, modificato e abbassato, veniva montata una scocca con scheletro in lamiera d'acciaio scatolata, rivestita d'alluminio. Una tecnica anticorrosione che rende queste vetture ambite.

La "GTE", invece, ha una linea più morbida e abbassata, frontale con fari incassati, coda più arrotondata, ma identica misura di passo: il motore sviluppa 60 CV e spinge la vettura a circa 160 orari. Infine la "Sport", la più cattiva delle tre e sicuramente la più corsaiola, con passo accorciato a 2350 mm.

Ma come e quando nascono le "Appia" Zagato? Quando la Lancia sente l'esigenza di offrire versioni più sportive e spinte ai propri clienti e affida a Zagato la realizzazione di alcuni prototipi. Il primo, che debutta al Salone di Torino '56, viene ribattezzato "Cammello" per le vistose doppie gobbe su cofano e tetto, stilisticamente interessanti, ma criticate e ritenute inopportune. Così, nel gennaio '57, sulla versione definitiva, le gobbe restano soltanto sul tetto, per ragioni di abitabilità. È la "Appia GT". Il resto della carrozzeria viene ripulito, in una riuscita combinazione di originalità e grinta. Due le varianti: "GT", con fari esterni e gobbe, ma senza pinnette, e "GTZ", con fari carenati, pinnette e gobbe, anche se non su tutti gli esemplari.

Nel 1958 arriva la "GTE" (cioè, Gran Turismo Esportazione): la linea diventa più simile a quella della "Flaminia Sport" versione corsa, soprattutto per le modifiche al frontale, e il motore passa a 60 CV. Tre anni più tardi è la volta della "Appia Sport" a passo corto, che si distingue per la maneggevolezza e la linea, leggermente rivista.

La "Sport" resta in produzione per un anno, fino al 1962. Tirando le somme, quello dal '57 al '62 rimane un periodo fortunato per la carrozzeria Zagato, meraviglioso e irripetibile. Interpretando abilmente le "Appia" più sportive, la carrozzeria milanese cresce di qualità, avviando una stretta collaborazione con una grande Casa come la Lancia. Lasciando la propria firma su una piccola ma elegante coupé.

TAGS Lancia
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