Fiat è stata un colosso dell’industria italiana: un’organizzazione tentacolare che ha abbracciato ambiti produttivi molto diversi. Il “core business” della Fabbrica Italiana Automobili Torino resta indubbiamente l’automobile, in particolare il segmento delle utilitarie.
Se c’è un campo in cui Fiat ha sempre fatto breccia è quello delle utilitarie: auto di piccole dimensioni, ma di grandissimo successo. Una su tutte? La Fiat 500, un modello che ha segnato la motorizzazione di massa e divenuto un simbolo verace della nostra Italia. Un’icona pop, celebre alla stregua dei più famosi monumenti nazionali. Dopo il “Cinquino” ci sono state altre vetture a perpetuare l’eco di questo successo; tutte accomunate da una ricetta che prevede ingredienti molto semplici, ma la cui preparazione richiede un estro fuori dal comune… Praticità, motori rivoluzionari, una linea moderna e ovviamente un prezzo concorrenziale hanno decretato la grande diffusione dei modelli Fiat. Ripercorriamo l’evoluzione delle utilitarie Fiat, le auto che hanno contribuito all’affermazione del principale Marchio italiano, tanto in Italia quanto in altri Paesi.
Anteguerra. Nel 1932, in piena era autarchica viene presentata la Fiat 508. In quegli anni la Fiat si era già consolidata come la principale realtà industriale del Paese; pur adottando il modello produttivo della catena di montaggio, l’offerta Fiat era atta a soddisfare la richiesta di autoveicoli per una clientela (più che) benestante, oltre alle commesse per la fornitura di autocarri destinati all’industria e all’esercito. Fortemente voluta dal regime fascista, la 508 “Balilla” doveva essere l’auto per il popolo italiano: una vetturetta economica con carrozzeria chiusa e sole tre marce. Progettata da alcuni dei più importanti tecnici dell’epoca, tra cui Antonio Fessia e Dante Giacosa, la Balilla poteva ospitare 4 persone e raggiungeva una velocità massima di 80 km/h. Prodotta in vari modelli fino al 1937 in circa 110 mila esemplari, fu la prima utilitaria italiana di grande diffusione. Tuttavia, non si poteva ancora parlare di motorizzazione di massa, e un primo passo verso questo traguardo venne segnato dalla Fiat 500 “Topolino” a partire dal 1936 . Se la meccanica era ancora più semplice di quella della Balilla, la sua linea aerodinamica era decisamente più moderna: seguiva lo stile “Streamline” dell’epoca. La nuova vetturetta torinese viene costruita su licenza anche Oltralpe dalla francese Simca e dalla tedesca NSU-Fiat. Tra le sue evoluzioni, venne molto apprezzata la “Giardiniera Belvedere”, che nel dopoguerra proponeva una carrozzeria in legno simile a quella delle “woodie” americane.
La rinascita. Gli anni drammatici della Seconda Guerra Mondiale vedono la produzione Fiat mirata principalmente allo sforzo bellico; nel dopoguerra le varie 500B e 500C, aggiornamenti della Topolino, precedono la Fiat 600 (1955) e la “Nuova 500” (1957) che segnano con decisione l’avvio della motorizzazione di massa: c’è voglia di rinascita, l’industria cresce costantemente e si aprono nuove opportunità per tutti: in milioni lasciano la propria terra con la valigia di cartone. Siamo negli anni ’60 e l’automobile non è più un miraggio, ma un obiettivo possibile, se non per tutti per moltissimi. Pian piano lo diventano anche il frigorifero, la televisione e il telefono… Cambiano i costumi e le infrastrutture, che nel bene e nel male modificano il paesaggio e le abitudini. Lo sviluppo tecnologico consente un approccio diverso anche per quel che riguarda la progettazione automobilistica. Il modello del “centro stile” (nato negli USA negli anni ’30) diventa uno standard per le case automobilistiche: non mancano poi i grandi nomi della Carrozzeria, a loro l’onore e la gloria di sviluppare fuoriserie e showcar avveniristiche che introducono gli stilemi e le tendenze per gli anni che verranno.
Voglia di novità. Il finire degli anni ’60 inaugura una stagione di scontri e di attentati: l’Italia si riscopre violenta. Si combatte una battaglia ideologica giocata su un campo dai confini molto labili. Nuove alleanze industriali e nuovi competitors segnano l’industria automobilistica italiana. Anche il design risente di questi cambiamenti, ma a differenza di quanto avviene nelle piazze, riesce a contrapporre con grazia i principi di uno stile conservatore a una costante voglia di novità. Negli anni ’70 la “500” è ormai superata, ma se ne vendono come il pane. Le città si espandono a ritmo vorticoso, crescono anche le famiglie e di conseguenza le automobili. Se la piccola Fiat 126 affianca e sostituisce l’anziana 500, la compatta Fiat 127 (1971) diventa una delle bestseller del periodo. La modernità parla un nuovo linguaggio e per questo le linee si fanno più tese ed essenziali, se ombre oscure imperversano sulle pagine di cronaca, gli abitacoli delle auto, invece, sono più ampi e luminosi. I montanti sottili amplificano la visibilità e lo specchietto retrovisore diventa obbligatorio. Un primo (timido) step verso un’idea globale di sicurezza in campo automobilistico: con i prototipi ESV si studiano nuove soluzioni per proteggere gli occupanti e si comincia a pensare anche alla “mobilità del futuro”.
L’era moderna. Nel 1973 la crisi petrolifera contribuisce a dare un’ulteriore sterzata nella progettazione: le linee diventano un inno alla sobrietà e da questo momento la ricerca aerodinamica non è soltanto un concetto d’avanguardia stilistica, ma diviene lo standard irrinunciabile per l’efficienza. L’industria è sempre più automatizzata, l’automobile è una realtà consolidata in una società sempre più consumista. L’auto si configura come oggetto di industrial design: deve costare poco e poter essere replicato in milioni di esemplari con uno standard su scala mondiale. Ergonomia, sicurezza, marketing diventano parole chiave per lo sviluppo dei nuovi modelli. Gli anni ’80 vedono il fortunato debutto delle Fiat Panda nel 1980 e della Uno tre anni dopo. Il successo è stratosferico: le strade italiane pullulano di questi modelli.
Il mercato globale. Negli anni ’90 il mondo ragiona in termini globali e all’alba del Nuovo Millennio Fiat è ancora sulla cresta dell’onda, con una gamma completa e variegata. La Fiat Punto è attesa con trepidazione: è il modello che proietta il marchio verso il futuro. Tre generazioni (con vari restyling in mezzo) per la compatta di casa Fiat che continua a mietere successi. Se nel 21° secolo la posizione di Fiat vacilla sui mercati, la nuova 500 si riconferma come fenomeno di costume. La piccola utilitaria lanciata il 4 luglio 2007, a cinquant’anni esatti dalla sua progenitrice, incarna il nuovo volto della futura Fiat-Chrysler Automobiles. Iconica come sempre e trendy come non mai, la Fiat 500 è tra le ambasciatrici ufficiali dello stile italiano nel mondo. A distanza di vent’anni da quel famigerato “2000”, il mondo probabilmente non è come ce lo aspettavamo, ma la 500 è sempre lì: nel cuore di tutti. Si rinnova, diventa ibrida come la Panda, regina incontrastata delle vendite. Ma non basta e allora l’ultima generazione Fiat 500 introduce Fiat, a pieno titolo, nella seconda decade del secolo: è elettrica e tecnologica. Un controsenso? Forse, ma oggi chi si ferma è perduto.
Semplice, no? Nell’ultimo secolo il mondo è cambiato. Ciò che è rimasto immutato è il concetto dell’utilitaria come risposta all’esigenza di una mobilità prettamente urbana in una società che cambia, e ora più che mai si evolve a ritmi sempre più veloci. Facile a dirsi, specialmente in un panorama automotive tanto combattuto da essere praticamente saturo. In uno scenario così agguerrito, l’approccio Fiat si esprime ancora con uno stile personale volto alla semplicità, forte soprattutto di una funzionalità che da sempre è la chiave di volta alla base dell’ingegno italiano.