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VENT’ANNI DI RUOTECLASSICHE

Non è un azzardo dire che Ruoteclassiche è figlia della stanchezza e della noia per le automobili moderne. Vent’anni fa, quando nacque la rivista, una cospicua minoranza di utenti, la più colta in campo automobilistico, cominciò a capire che le macchine moderne concedevano troppo poco alla passione e alla trasgressione.

Per reazione, essi presero a interessarsi alle “storiche”, che al contrario erano capaci di risvegliare il piacere della guida, l’entusiasmo per la tecnica raffinata e il gusto della bella linea. In sostanza era successo questo: le macchine, le normali macchine che la maggior parte della gente poteva comprare, erano tutte uguali. Fatte con lo stampino. Non per insipienza dei progettisti, ma per necessità delle Case costruttrici: dovevano tutte costare poco, rispondere agli stessi requisiti di sicurezza, offrire la massima abitabilità, occupare settori di mercato – i cosiddetti “segmenti” – con caratteristiche ben precise e codificate. Erano diventate prodotti industriali come gli altri, figlie più o meno legittime della globalizzazione, concepite a tavolino dai Signori del marketing in base ai “profili” dei consumatori, e non più macchine create dal libero ingegno del progettista e del designer.

L’interesse per le palpitanti e genuine automobili d’epoca, fino allora confinato nell’ambito di pochi e spesso facoltosi “enthusiasts”, ha cominciato così a diffondersi, contagiando schiere di appassionati. A cascata si è iniziato a capire che la prima auto posseduta, per quanto piccola e modesta, poteva essere motivo di orgoglio, amore di una vita da condividere con altri. Un fenomeno di costume che l’editore di Quattroruote, Giovanna Mazzocchi, comprese prima di ogni altro lanciando, vent’anni fa, Ruoteclassiche. Grande formato, 112 pagine, 5000 lire, la rivista si poneva l’obiettivo di interpretare i sentimenti di chi non voleva abbandonare il ricordo della sbuffante automobile del nonno o della propria gioventù, sulle quali aveva imparato a guidare quando i piedi arrivavano appena ai pedali, le stesse che gli avevano permesso di realizzare i suoi progetti di libertà, di conoscere nuovi paesi, di costruire attorno a sé affetti e famiglie.

Vent’anni dopo, Ruoteclassiche è sicuramente cambiata nell’aspetto, si è arricchita di pagine e di contenuti, si è adeguata al linguaggio corrente e ha visto aumentare la tiratura a livelli che vent’anni fa non erano neppure ipotizzabili. Ma è sempre rimasta fedele (e lo rimarrà per i prossimi vent’anni, statene certi) ai principi che animarono i fondatori: alimentare la passione, produrre emozioni, far vivere i ricordi. Alla fine, Ruoteclassiche è come un elisir: ne prendi una copia tutti i mesi e ti senti giovane tutta la vita.

Raffaele Laurenzi

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