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15 agosto 1938: moriva Nicola Romeo, un piccolo grande uomo

Nel giorno di Ferragosto di 79 anni fa moriva a Magreglio, in provincia di Como, Nicola Romeo, l’ingegnere napoletano trapiantato a Milano che creò l’Alfa Romeo. La sua figura è sempre rimasta in secondo piano rispetto alla fama del marchio a cui ha dato vita. Lo ricordiamo riproponendo un profilo apparso lo scorso anno su Ruoteclassiche.

Curiosa la vita, a volte. Si cerca di pianificarla seguendo le proprie predisposizioni, si studia per raggiungere un obiettivo e poi basta un semplice fatto casuale, una metropolitana presa o non presa, un orecchino che cade in ascensore o un incontro fortuito per cambiare per sempre il destino di una persona.

Non sono cose che accadono solo nei film. Sono nati così grandi celebrità, grandi amori, grandi scoperte e grandi imperi industriali. Per Nicola Romeo il destino ha voluto che un determinato giorno salisse su un determinato treno Bruxelles-Liegi e che si sedesse in un determinato scompartimento. Uno a caso. Una chiacchierata con il vicino di posto e per lui è cambiata la vita.

Senza quel fatto l’A.L.F.A. (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili, ex Darracq) non sarebbe mai diventata Alfa Romeo. E invece di un geniale imprenditore, capace di dare fama universale a un marchio automobilistico, avremmo probabilmente avuto un bravo ma frustrato capostazione a Tivoli. Era quello infatti il lavoro che nel 1902 attendeva in Italia Nicola Romeo.

Il giovane napoletano (era nato il 28 aprile 1876 a Sant’Antimo, paesino a 12 chilometri da Napoli) lo aveva accettato dopo aver cercato lavoro invano in Francia, Belgio e Germania. Certo, il caso ha condizionato la sua vita, ma Nicola Romeo ci ha messo anche del suo perché ciò accadesse. Nato in una famiglia numerosa e di condizioni modeste (il padre era un maestro elementare), Nicola riesce con grandi disagi a diventare ingegnere civile nel 1899. E successivamente a prendere una seconda laurea in ingegneria elettrotecnica all’università di Liegi.

Solo un giovane con un carattere forte e con un grande spirito di sacrificio (da studente copriva a piedi il percorso fino all’università e ritorno) sarebbe riuscito in quell’impresa. Nicola infatti è tosto, intelligente, brillante e le poche notizie che si hanno su di lui (una grave lacuna degli storici  italiani) lo tratteggiano anche come ottimista, allegro, socievole. Daniela Maestri Romeo, una delle nipoti, lo descrive così in un’intervista rilasciata a Ruoteclassiche nel giugno 1989: “Era una persona amabilissima, gentile, con un carisma notevole. Una personalità composita: da un lato la generosità, la fantasia, la disponibilità, anche l’autoironia; dall’altro il rigore tecnologico, la volontà di studiare, di verificare, di puntualizzare”.

La sua è una delle poche testimonianze umane su quest’uomo piccolo, precocemente calvo, con due folti baffi fuggenti e due occhi vispi e curiosi da uomo intelligente. Un uomo che ha saputo con le sue intuizioni rendere grande e famoso nel mondo il nome di un’azienda nata anche lei quasi per caso. Sono queste sue qualità umane, questa facilità di cucire rapporti con gli altri, questo lato “napoletano” del suo carattere, unito a una visione internazionale dell’industria e a un’ottima conoscenza dell’inglese, del tedesco e del francese che favoriscono su quel treno il contatto con un dirigente della Robert W. Blackwell & Co, azienda inglese specializzata nella fornitura di materiale ferroviario.

Di lì a poco Romeo lo ritroviamo responsabile della filiale italiana della Blackwell. È l’inizio della sua carriera imprenditoriale. Nel 1904 fonda la Ing. Nicola Romeo & C., società per la costruzione e il commercio di macchine per l’industria mineraria. Nel 1906 diventa rappresentante per l’Italia della Hadfield (acciai speciali e materiale ferroviario); nel 1907 passa alla rappresentanza dell’americana Ingersoll-Rand (compressori) e nel 1909 apre a Milano un’officina di riparazione e montaggio dei macchinari importati dagli Usa. Un passaggio fondamentale.

È qui che la sua vita si incrocia con quella di Angelo Pogliani, amministratore di una banca locale che dividerà con Nicola Romeo gioie e dolori della sua avventura industriale. Romeo ha idee moderne, vincenti. E, soprattutto, ha il grande dono di saper sedurre gli interlocutori. Negli ambienti industriali viene infatti soprannominato “la sirena”. È bravo a stabilire rapporti politici e finanziari ed è grazie a questi che riesce a ottenere commesse importantissime.

Nel 1914 ne ottiene una milionaria per la produzione di proiettili. La sua officina con 50 dipendenti non è però sufficiente a soddisfare le richieste dell’esercito. Il 2 dicembre 1915, su consiglio e con l’aiuto della banca di Pogliani assorbe l’A.L.F.A., società in liquidazione ma dotata di macchinari moderni e di strutture molto ampie. È in questo momento che A.L.F.A. e Nicola Romeo si incontrano. Solo nel 1918 però questa sarà incorporata nella Società Anonima Ing. Nicola Romeo & C. e sul logo Alfa comparirà il nome Romeo. Nella sua prima fase un matrimonio combinato non allo scopo di costruire automobili, bensì strumenti di guerra.

Romeo infatti dal 1915 abbandona la produzione di auto fino a quel momento portata avanti dall’A.L.F.A. (molto bassa, tanto da mandarla in liquidazione) e avvia quella di proiettili, granate, compressori d’aria, trattori, motori di aereo, lanciafiamme. Sarà questa l’attività principale dell’azienda fino al 1920, quando, finita la guerra, avvierà prima la produzione di prodotti per il trasporto ferrotranviario e aeronautico e, successivamente, di auto. Romeo intuisce infatti che l’automobile, e soprattutto i successi sportivi ottenuti con le corse, possono servire da traino per tutti gli altri prodotti. Pensa in grande. Si circonda dei migliori progettisti dell’epoca, dei piloti più bravi, e punta a sorprendere. Dal 1922 avvia la prima produzione in serie con la RL. Nel 1925 il tripudio: l’Alfa Romeo P2 vince il primo campionato del mondo della storia ed entra nella leggenda.

Le gioie però non cancellano i dolori. Nicola Romeo da anni è tormentato da problemi finanziari gravissimi, provocati dalla crisi economica del 1920 oltre che da una gestione industriale poco oculata. L’indebitamento diventa ingestibile e il 6 novembre 1926 l’Alfa Romeo passa sotto il controllo dello Stato. Il 28 maggio 1928 Romeo è costretto a lasciare ogni incarico aziendale. E anche se nel 1929 diventa senatore del Regno, la sua parabola imprenditoriale è finita. Morirà il 15 agosto 1938 a Magreglio (Como) dove si era ritirato con la moglie e i sette figli. Un destino triste. Nessuno però potrà mai cancellare la sua impresa più grande: aver portato il nome dell’Alfa Romeo in cima al mondo. Per sempre.

Gilberto Milano

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