In quella data debuttò il modello che compendiava 40 anni di storia del Cavallino Rampante. Enzo Ferrari, ancora presente in azienda, dava in pasto al pubblico la sua ultima creatura: praticamente una macchina da corsa con targa stradale, esattamente come lui considerava le sue vetture. Ecco un piccolo ritratto di quell’auto speciale. Ma non finisce qui: vi consigliamo di non perdere il prossimo numero di Ruoteclassiche!
La Ferrari F40 è un’automobile irripetuta e irripetibile. Per vari motivi: perché il suo augusto genitore era ancora in vita; perché il Marketing ancora non era così presente nei processi decisionali aziendali; perché 25 anni dopo la favolosa 250 GTO ancora non si era vista una Gran Turismo con tutti i crismi, così come era stata definita nei suoi principi fondanti alla fine degli Anni 40, un’auto stradale ma con meccanica da corsa, per circolare su strada in settimana e correre nei weekend.
La F40 ha rappresentato, inoltre, lo spartiacque tra la “vecchia” e la “nuova” Ferrari. Tra quella creata, amministrata e mitizzata dal suo fondatore (solo gare e auto stradali, queste ultime solo per ripagarsi le corse) e quella che Luca Cordero di Montezemolo e il tuo team avrebbero trasformato in una realtà industriale globale, compresi parchi divertimenti e merchandising.
IMMENSA, SENZA MALIZIA
In questo modello si vede, con una potenza impressionante, l’impronta del Drake, suo massimo ispiratore: niente radio, niente chiusura centralizzata (al posto della maniglia, un cavetto per aprire le portiere dall’interno), niente sedili e plancia in pelle, scocca del telaio a vista, niente baule (a meno di voler sfruttare l’alloggio per la ruota di scorta). E’ la vera erede della 250 GTO, molto più di quanto non lo sia stata la conturbante e rara 288 GTO di qualche anno prima.
Aldo Brovarone creò per Pininfarina un capolavoro: riuscì a unire in una forma grandiosa la funzione pura con cui sintetizzare il concetto della Ferrari stradale più estrema che fosse mai stata concepita. La meccanica è stata l’apoteosi della ricerca tecnica attuata a Maranello. Un meraviglioso travaso di tecnologia dalle monoposto di Formula 1 all’asfalto di tutti i giorni per un oggetto unico; una Ferrari da 320 orari guidabile anche in città.
IL CONTESTO
L’F40 nacque per rappresentare il meglio che la Ferrari sapesse costruire in occasione del 40° anno di attività. Come, del resto, all’epoca altri facevano: Audi con la Sport Quattro Passo Corto; Aston Martin con la V8 Vantage Zagato; Lamborghini con la Countach 5000 4V; Lancia con la Delta S4 Stradale; Porsche con la 959.
Tutte rappresentavano uno straordinario compendio dei valori dello scudetto che portavano sul cofano. Ma l’F40 brillava di una luce particolare. C’era in lei l’essenza più pura del brand, sembrava costruita ponendo il pilota in fondo alla scala delle preoccupazioni: prima la macchina, il peso, la potenza, la rigidità, l’equilibrio. Guardando, come ipotetico obbiettivo finale (Enzo Ferrari, del resto, aveva iniziato costruendo auto per correre), all’utilizzo in gara. E, come ultima priorità, quello che avrebbe dovuto sedersi al posto guida per guidarla.
UN PO’ DI STORIA
L’F40 ebbe una gestazione molto breve. Il team guidato da Ermanno Bonfiglioli, a capo dei progetti speciali della Casa di Maranello, impiegò poco più di un anno per progettare, testare e costruire l’F40. Un tempo senza dubbio da record considerato che, di norma, ci vogliono “anni” per riuscire a produrre un’automobile.
Il progetto prese le mosse dalla 288 GTO, sulla cui base furono costruiti 5 prototipi. La cosiddetta GTO Evoluzione rappresentò senza dubbio l’antesignana dell’F40. L’obbiettivo era la costruzione di una macchina da corsa per circolare su strada. Si partì dal telaio tubolare della GTO, 2.450 mm, sul quale fu operato un drastico allargamento delle carreggiate. L’ossatura di base, codice interno F 120 AB, fu rinforzata con pannelli in kevlar applicati al telaio con l’uso di collante speciale, prima applicazione in assoluto su una vettura stradale prodotta a Maranello.
Per il motore, ancora una volta la 288 GTO venne in aiuto: l’8 cilindri, alimentato con due turbocompressori IHI, fu progettato ponendo grande attenzione al peso. Ciò provocò un uso molto esteso di magnesio (involucro del cambio, pompa dell’olio, coperchi delle teste, condotti di aspirazione), materiale molto più costoso dell’alluminio e mai utilizzato in così grande quantità su una macchina stradale.
La cilindrata fu leggermente aumentata, da 2.855 a 2.936 cc e fu aumentata la compressione. L’unità F 120 D 040 aveva la distribuzione bialbero con 4 valvole per cilindro, sistema integrato d’iniezione/accensione Weber-Marelli IAW, lubrificazione a carter secco. La potenza massima definitiva fu fissata in 478 cavalli a 7800 giri con un valore massimo di coppia pari a 58,8 “chili” (577 Nm) a 4.000 giri. Il motore, alloggiato in posizione posteriore-centrale, era collegato alle ruote posteriori mediante un cambio meccanico a 5 marce.
Gli interni, spartani all’inverosimile, non prevedevano alcuna concessione al comfort, eccezion fatta per il climatizzatore. I sedili, a guscio, erano rivestiti in stoffa rossa, la plancia con materiale fonoassorbente. Nel resto dell’abitacolo la scocca e i relativi pannelli in kevlar erano a vista. Per l’F40 l’unico colore disponibile a catalogo era il rosso.
Accreditata di un peso – a vuoto – di soli 1.100 kg, l’F40 dichiarava 4″1 sull’accelerazione 0-100; 20,9 secondi sul chilometro da fermo e 324 km/h di velocità massima, un record assoluto per una vettura stradale di Maranello.
PRODUZIONE
Entrata in produzione nel 1987 al prezzo di 373 milioni di Lire, l’F40 fu presto oggetto di fenomeni speculativi surreali, con clienti disposti a spendere decine di milioni solo per avere accesso al contratto d’acquisto. In altri casi di fu chi mise in vendita il proprio esemplare a cifre ben superiori al miliardo di Lire. La commercializzazione dell’F40 continuò fino al 1992 (l’ultimo prezzo riportato sui listini fu di 421 milioni di Lire). Furono complessivamente costruiti 1311 esemplari, con numeri di telaio compresi tra 76624 e 95317.
Alvise-Marco Seno