Il pulmino Fiat 850T è stata una presenza diffusa sulle strade italiane degli anni 60 e 70. Popolare fra artigiani e commercianti, nella versione Familiare offriva sette posti e poteva contare sulla versione sui 34 cv del 4 cilindri della 850 berlina.
Le immagini dei telegiornali sul terremoto dell’Irpinia sono riproposte in questi giorni esattamente 40 anni dopo quel novembre, in cui molte vite rimasero schiacciate sotto le macerie. Insieme a loro, si scorgono parte delle Fiat 850 e 124, le Autobianchi A112, le Alfasud che le avevano accompagnate e che subirono lo stesso destino. In quelle riprese televisive, l’unica presenza mobile, costante, infaticabile, è quella dei furgoni Fiat 850T nel verde oliva dell’esercito, o nel bianco del soccorso medico. Non erano grandi, né potenti, gli 850T. Non erano neppure particolarmente belli. Eppure sono stati loro a muovere persone, cose, giornate e aspirazioni nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta. Per questo tipo di veicolo, la lingua italiana coniò l’anglicismo “pullmino” o “pulmino”, per indicare una versione ridotta del pullman da nove persone, conducente compreso. A chi scrive – e probabilmente a molti di voi – il Fiat 850T riappare in uno dei primi ricordi d’infanzia. Era il classico furgone delle suore, dell’asilo: difficile dimenticare l’odore degli interni in finta pelle beige e il verde brillante della carrozzeria, così felicemente abbinato ai capelli rosso rame dell’autista, il signor Aristide.
Il Transporter all’italiana. Il fatto che sui mercati esteri fosse proposto come “Kombi” nella versione finestrata, può autorizzarci a considerare l’850T il “nostro” Bulli. Con le dovute proporzioni estetiche e non soltanto: l’850 era una versione ridotta del tuttofare VW, con la metà della cilindrata, appena due metri di passo, uno e mezzo di larghezza e una capacità di carico ridotta a 600 kg. Eppure bastava agli innumerevoli artigiani, commercianti e – nella versione autocarro con le sponde ribaltabili – persino ai muratori, cioè tutti quei formicolanti protagonisti quotidiani dell’Italia del benessere. Un po’ come la Multipla stava alla 600, il Fiat 850T era la risposta a chi cercava una versione superfamiliare o commerciale della berlina 850. Sfruttando la solidità del 4 cilindri in linea valvole in testa della Serie 100 disegnato da Dante Giacosa, qui nella versione da 903 cc. Un propulsore longevo e polivalente, costruito a Mirafiori e su licenza in diversi Paesi, dall’Argentina alla Spagna, Polonia e Jugoslavia. I punti di forza del motore dell’850T stavano nella razionalità dell’albero a camme sistemato nel basamento, nel raffreddamento ad acqua forzato medante pompa e nell’accensione a puntine e spinterogeno. Lo stesso 903 da 45 cv dell’allestimento finestrato spingeva anche le Fiat 850 Sport in versione Spider e Coupé.
Una presenza molto Familiare. La versione più diffusa era, appunto, la Familiare a otto vetri e sette posti. Dentro poteva starci di tutto, dalla famiglia patriarcale in gita domenicale con cesti e bagagli, alla squadretta di calcio dei “pulcini” – ma bisognava stringersi un po’. Vendutissimo anche il furgonato con porte a battente in lamiera, per il quale la potenza era ridotta a 33 cv. Rispetto al 600T, l’evoluzione furgonata della Multipla, il Fiat 850T godeva di un allungamento del pianale cabina di 5 cm e si distingueva per la nuova griglia rettangolare al centro dei fanali, che raddoppiavano sul Familiare; e per i cerchioni della 850 berlina. Il pulmino Fiat ha avuto una vita lunghissima e significativa: presentato nel 1964, restò in produzione fino al 1976 quando fu sostituito dal 900T, offerto in ben 11 allestimenti e persino nelle versioni camperizzate Shango e Amigo.