Nei primi anni 2000 Volkswagen era nel pieno della sua politica imperialistica: una “missione”, perpetuata a suon di ricerca, atta ad affermare la superiorità tecnica del Gruppo tedesco che ambiva a diventare il più grande tra i colossi dell’industria automotive. Sotto la guida di Ferdinand Piech, deus ex machina del colosso di Wolfsburg, all’alba del Terzo Millennio vennero presentati numerosi progetti, tra cui la Volkswagen Passat W8, equipaggiata con inedito otto cilindri con architettura a doppia “V”.
A partire dagli anni 90, il gruppo VAG (Volkswagen AG) dette una decisa accelerata sul fronte dell’innovazione. Parallelamente, il suo dominio si espanse arrivando a coprire le diverse aree del mercato: dalle utilitarie alle hypercar passando per le auto di lusso. L’artefice di questa svolta fu l’allora amministratore delegato Ferdinand Piech che, imparentato con il vulcanico Ferdinand Porsche, non mancò di perpetuare la vocazione ingegneristica della famiglia, impegnandosi in prima persona nello sviluppo di concetti rivoluzionari.
Il capo supremo della Volkswagen si cimentò nello studio dei motori a “W”, un’architettura insolita, che avrebbe migliorato le prestazioni e la regolarità di funzionamento. Il primo frutto di questa visione fu lo straordinario W18 della Bugatti 18/3 Chiron, una showcar firmata da Fabrizio Giugiaro e presentata nel 1999. L’unità venne ottenuta dall’unione di tre motori 2.8 VR6, montati sui modelli di punta della gamma Golf III. L’ipotesi di mettere in produzione il 18 cilindri venne presto abbandonata, ma lo sviluppo dei motori a “W” proseguì con propulsori ridimensionati, come i W12 dei modelli top gamma Audi, Bentley, Volkswagen e con il W16 delle hypercar Bugatti Veyron e Chiron di produzione. Motorizzazioni di altissimo lignaggio, anticipate dal W8 della Volkswagen Passat B5/5 del 2001: la prima auto di serie a montare un motore a doppia “V”.
Si dava le arie. Alla fine del 2000, la quinta generazione della Volkswagen Passat (B5/5) era tra i modelli più apprezzati del segmento D: la sua tradizionale solidità venne esaltata da un’immagine più raffinata, conseguenza di un restyling che interessò i gruppi ottici, il paraurti e la griglia anteriore. Intanto, la dotazione di serie si completava con l’ESP (programma elettronico di stabilità). Le dotazioni a richiesta, consentivano di configurare un’auto media al pari di una vettura di prestigio. Nella lista degli optional c’erano infatti il navigatore satellitare, i fari bi-xenon, i sensori di parcheggio e anche un sistema a celle solari (in combinazione con il tetto apribile in vetro) che garantiva la ventilazione a vettura ferma. Infine, c’era persino il sintonizzatore TV. Senza contare la possibilità di allestire l’interno con rivestimenti in pelle e inserti effetto legno, estesi anche a volante e pomello del cambio, che donavano all’abitacolo un’atmosfera da vera ammiraglia.
La Passat W8. Con il restyling la Passat B5 venne rivista anche a livello strutturale: in alcune parti la scocca venne irrobustita, così come vennero sostituiti alcuni lamierati della carrozzeria e aggiunte nuove saldature a laser. A fronte di questi interventi, l’ampia offerta di motori e allestimenti venne completata con un propulsore otto cilindri, inusuale su una vettura di questo tipo. L’unità era molto compatta e occupava lo stesso spazio di un V6. Al Salone di Ginevra del 2001, Volkswagen presentava così la nuova Passat W8.
La tecnica. Il motore della Volkswagen Passat W8 era montato in senso longitudinale e venne ottenuto dall’unione di due propulsori “VR4” ad angolo stretto (15°). La potenza, 275 CV, era scaricata a terra mediante una trasmissione manuale a sei marce (o automatica Tiptronic a cinque rapporti) che si avvaleva della trazione integrale 4Motion.
Nonostante le specifiche, le prestazioni non erano la priorità assoluta, infatti i tradizionali V8 della concorrenza (incluso quello già in uso presso la “cugina” Audi) erogavano valori di potenza e coppia superiori. Il W8 aspirato della Passat si distinse invece per una fluidità di erogazione da primato: la coppia massima, 370 Nm, disponibile dai 2750 giri garantiva una progressione eccellente. Il motore, dalla perfetta regolarità di funzionamento, spiccava inoltre per la quasi totale assenza di vibrazioni. Il W8 fu il banco di prova per sviluppare una nuova generazione di motori ad altissime prestazioni, i W16 (sviluppati affiancando due motori W8) che avrebbero equipaggiato le supersportive Bugatti: le prime auto di serie a superare i 400 km/h.
Un modello da riscoprire. Con un prezzo di circa 50.000 euro, all'epoca, la Volkswagen Passat W8 era decisamente fuori scala nel segmento delle berline (o wagon) “generaliste” e ciò fu una delle ragioni principali che decretarono lo scarso interesse per questa versione. Vi erano poi i costi di gestione e i consumi elevati, difficilmente digeribili per la clientela di riferimento. Tutto ciò ha fatto precipitare le quotazioni del modello, che oggi, a 20 anni dal suo debutto è reperibile a cifre molto basse. Tuttavia è bene affrettarsi, prima che il mercato riconosca la portata innovativa della Volkswagen Passat W8 dal punto di vista tecnico e che si desti (finalmente) un interesse collezionistico anche per questo modello.