È trascorso mezzo secolo dall’uscita nelle sale della pellicola cult per gli appassionati di motori e folli inseguimenti (negli Usa, la première fu il 17 ottobre 1968, mentre in Italia il film arrivò solo nell’aprile dell’anno dopo): “Bullitt”, 109 minuti di sgommate, accelerazioni e sequenze mozzafiato, firmati dalla regia di Peter Yates, tratta dal romanzo “Mute Witness” di Robert Fish.
Star spericolata al volante. Vincitrice del Premio Oscar per il montaggio (nomination per la colonna sonora) e di una quantità di altri premi, la pellicola è ricordata ancora oggi per quella Ford Mustang GT, guidata – senza controfigura – da quell’icona di Hollywood, grande appassionato di due e quattro ruote, che risponde al nome di Steve McQueen, interprete del protagonista Frank Bullitt, tenente della Squadra Omicidi di San Francisco, incaricato di controllare un pericoloso mafioso, Ross, e alle prese con cadaveri, colpi di scena, e ovviamente, adrenaliniche corse in auto. Le riprese esterne sono girate tutte nella città californiana, location nella quale cui guidare non è proprio semplicissimo, a causa della sua morfologia e topografia, con salite e discese che ne caratterizzano le strade.
Due Mustang sul set. Al volante di quella dotata di impianto fumogeno sul retrotreno c’è McQueen, mentre la seconda auto è guidata dallo stunt-man Bud Ekins ed è equipaggiata con un roll-bar, che ha l’obiettivo di proteggere il guidatore (e il passeggero) in caso di ribaltamento, così come di sospensioni rinforzate (è soprannominata “Jumper”, ed è stata utilizzata per i salti nelle discese di San Francisco).
Sparite e ritrovate. Dopo il film, delle due automobili per lungo tempo non si è avuta nessuna notizia: se ne erano persero le tracce. Il primo ritrovamento è stato quello della “Jumper”, in un deposito messicano, a marzo dello scorso anno. La prima Mustang era stata conservata in segreto per decenni da una famiglia in New Jersey. È stata sottoposta a un restauro conservativo dalla Ford per essere esposta al Salone Internazionale dell’Auto di Detroit nel gennaio del 2018, contestualmente alla presentazione della “Bullitt Limited Edition” della Mustang.
Guai con le assicurazioni. Primo particolare: il successo al botteghino del film fu davvero notevole, ma questo non bastò a rassicurare i produttori a causa dei rischi elevatissimi di incidenti sul set, con conseguenti risarcimenti altissimi. Per parecchio tempo nessuna compagnia si disse disposta a offrire una copertura assicurativa per pellicole così “pericolose”: oggi fa un po’ ridere pensarlo, ma all’epoca – stiamo parlando di cinquant’anni fa – Hollywood si era davvero spaventata.
La targa ereditata da Tarantino. Il numero di targa della Mustang (California JJZ 109) ritorna nel film “Grindhouse – A prova di morte” (2007) di Quentin Tarantino per la Chevrolet Nova guidata dall’assassino Stuntman Mike McKay (Kurt Russell), anche se in questo caso le cifre sono precedute dalla scritta Texas. Infine, in uno speciale dietro le quinte del film, si vedono le esercitazioni sulle manovre dell’inseguimento di Steve McQueen e Bill Hickman su una pista da corsa. Prove generali per un successo, intatto a distanza di cinquant’anni. Tanto che la Lego ha appena presentato una versione della Mustang di Bullitt da costruire con i suoi celebri mattonicini, nella livrea verde resa famosa dalla pellicola…