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Coppa d’Oro delle Dolomiti 2017: è tornato il tracciato originale

In occasione del suo 70° anno dalla nascita la manifestazione dolomitica è tornata sulle strade della prima edizione: 303,8 chilometri dei quali 156 di salita. Ben 108 gli equipaggi in gara. La vittoria a Belometti-Vavassori su Fiat 508 Spider Sport del 1932.

Il 1947 è stato un anno memorabile per la storia dell’automobilismo. E mentre in Emilia nascevano O.S.C.A. e Ferrari, nell’alto Veneto, a Cortina d’Ampezzo, si correva la prima edizione della Coppa, non ancora d’oro, delle Dolomiti. Disputata per 10 anni, su e giù dalle montagne più belle del mondo, patrimonio Unesco dal 2009, aveva un percorso di 303 chilometri e 800 metri, di cui 156 di salita.

Definita da Nuvolari, “la Mille Miglia delle Dolomiti”, ha festeggiato il settantesimo compleanno facendo un graditissimo regalo ai 108 equipaggi partecipanti: tornare a correre sul tracciato originale. Telefonini alla mano, piloti e organizzatori per un attimo hanno temuto che il brutto tempo avrebbe guastato la festa, invece è piovuto solo un paio di volte, più per aggiungere un pizzico di avventura alla “schilometrata” che per impensierire davvero i piloti, anche quelli delle vetture scoperte.

L’edizione 2017 è iniziata il 20 luglio, proprio come nel ’47, con l’immancabile passerella in corso Italia, la via dello struscio di Cortina. Alla partenza, auto costruite tra il 1925 e il 1967, e più precisamente dalla Bentley 3 Litre Speed, alla Mangusta De Tomaso (coupé, questa, guidata da Fabrizio Giugiaro, figlio del designer che le diede forma). In testa ai favoriti il pilota siciliano Giovanni Moceri su Fiat 508 C (1939), già vincitore della scorsa edizione, che alla fine però non va oltre il sesto posto. “Poteva andare meglio, ma sono contento di aver portato a casa punti importanti per il campionato”. Di cui guida ancora la classifica: già, perché la Coppa d’Oro, insieme alla Targa Florio Classica e al Gran Premio Nuvolari fa parte del Primo Campionato Italiano Grandi Eventi Regolarità.

La prima giornata di gara, venerdì, comincia con la presa del Falzarego. L’arrampicata, tra camper, bici e moto sa di corsa a ostacoli. Ma il paesaggio concilia anche gli automobilisti più nervosi. Ne sa qualcosa l’austriaco Edgar Pöllman su Mercedes Benz 200 Mille Miglia (1956). “È la prima uscita che faccio dopo il restauro e speravo di poterla rodare un po’ e invece ho fatto la salita in scia a una corriera di gitanti…”. Edgar non sa ancora che il giorno dopo gli andrà anche peggio, passata Canazei infatti, la cinghia di trasmissione a brandelli lo appieda definitivamente. “L’anno prossimo torno con qualcosa di più piccolo, magari un’italiana… Peccato non poter venire con l’A112 Abarth. Sarebbe davvero perfetta”.

Altro austriaco, altro rodaggio. Questa volta, il pilota naturalizzato padovano, guida una Giulietta Spider bianca (1956). “L’ultima volta che ho fatto una corsa con mia moglie abbiamo litigato tutto il tempo. Sono passati dieci anni e ci riproviamo con una cabriolet. Sa com’è, è più difficile parlarsi…”.

Gara amata dagli stranieri (più di venti equipaggi non erano italiani), nonostante tutto quest’edizione ha lasciato l’amaro in bocca a qualcuno. Le prove speciali raggruppate sono sembrate più che altro una gara al risparmio e la cucina ripetitiva non ha aiutato. In eventi così, i dettagli fanno la differenza. E il caffè non compreso nel pranzo della domenica non ha lasciato un buon ricordo. A detta di molti, sarebbero disposti a pagare anche di più per avere tutto compreso.

Comunque sia, la gara è sempre mozzafiato e non solo per la bellezza dei paesaggi, ma anche per la durezza delle salite (Passo Fedaia in testa) e delle discese. Ad ogni modo, auto ed equipaggi hanno sofferto di più per il caldo di Belluno, con doverosa sosta alla sede storica dell’AC organizzatore della gara, che per le arrampicate dolomitiche. “Abbiamo trovato anche il traffico del venerdì – fa notare il presidente Aci, Sticchi Damiani – ma la Coppa d’Oro rimane una gara davvero unica”.

Non a caso Giulio Romanazzi Carducci, al volante della sua Lagonda M45 T8 Tourer (1934), aspetta questo momento tutto l’anno. “Parteciperò alla Coppa d’Oro finché avrò la forza di guidare la Lagonda. Che peraltro, a parte il cambio che va ‘imparato’, è una cosa abbastanza facile visto che i 100 cavalli di potenza e la coppia molto bassa, ti permettono di affrontare i tornanti in terza…”.

La Coppa d’Oro, che però è in argento, è stata vinta dalla coppia Belometti-Vavassori su Fiat 508 Spider Sport (1932). Dietro: la BMW 328 Roadster (1938) dei coniugi Aghem e la Fiat 508 C (1937) dei soliti noti Gamberini-Cavalli.

Difficile stilare l’elenco delle auto più interessanti, visto che solo le anteguerra erano una ventina, ma la Ferrari 750 Monza (1955), della coppia spagnola Fernandez-Andrade, guidata all’epoca dallo sfortunato de Portago, vince sicuramente a mani basse. Per gli amanti delle linee futuribili, ancora oggi, c’erano l’Alfa Romeo 1900 CSS Zagato (1955) e la più recente Lancia Flavia Sport Zagato (1963) di Giovanni Palmieri. Il gentleman driver emiliano, appassionato di gare in salita, ricorda che Elio Zagato a proposito della sua auto gli disse: “È bellissima. E vedrà che il tempo le darà ragione”.

Nicolò Minerbi

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