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Lamborghini Miura SV: il canto del toro

A distanza di mezzo secolo dal suo debutto, la Miura SV è ancora la Lamborghini d’epoca (prodotta in serie) più ambita dai collezionisti. Questa sportiva a motore posteriore trasversale incarnava la più alta espressione del concetto di “supercar” della sua epoca ed è considerata la migliore tra tutte le varie iterazioni della Lamborghini Miura.

Progettisti del calibro di Giampaolo Dallara e Paolo Stanzani, all’epoca responsabili tecnici della Lamborghini e artefici delle Miura e Miura S, confermano che la versione SV ha beneficiato dell’esperienza maturata durante i primi 5 anni di produzione, esaltando così l’esperienza di guida e migliorando l’affidabilità della più sexy tra le granturismo.

Un anno da ricordare. Il Salone di Ginevra del 1971 è stato un tripudio di novità spettacolari, tra gli stand più ammirati della kermesse elvetica c’è stato sicuramente quello della Lamborghini. Qui, sotto i riflettori, faceva bella mostra di sé la Lamborghini Miura SV. In pochi, all’epoca, avrebbero sospettato che si stava chiudendo un capitolo importante del design automobilistico e che ne sarebbe iniziato uno nuovo, altrettanto emozionante. A pochi metri dalla Miura, presso lo stand Bertone, debuttava la Lamborghini Countach LP 500, preludio della Countach LP 400 entrata in produzione nel 1973.
Secondo i piani iniziali, la Lamborghini Miura SV venne pensata per affiancare la Miura S. Tuttavia, alla luce del consenso tra la facoltosa clientela, la SV ottenne un successo tale da offuscare la versione “S”, che uscì di scena poco dopo. Certo, al giorno d’oggi fa sorridere pensare che il “successo” della SV si basasse su una produzione di sole 150 unità, ma considerata la dimensione artigianale della Casa di sant’Agata Bolognese e il costo stratosferico del modello non c’è da stupirsi se all’epoca si gridasse (quasi) al miracolo.

Le novità. Il leggendario motore quattro litri V12 della Lamborghini Miura SV sviluppava ben 385 CV a 7850 giri/min, ma oltre alla potenza maggiore di 15 CV rispetto alla Miura S, la nuova versione risultava più docile per via di una coppia motrice più robusta e distribuita diversamente (399 Nm di coppia massima erogata a 5750 giri/min). L’aggiornamento della meccanica interessò anche la regolazione dei 4 carburatori triplo corpo Weber Tipo 40IDL3C. Un’importante primizia, riguardò invece l’adozione di un sistema di lubrificazione separato tra motore e cambio, una soluzione invisibile dall’esterno ma estremamente efficace.
Per la Miura SV, Lamborghini dichiarava una velocità massima superiore ai 290 km/h, mentre il chilometro, con partenza da fermo, veniva raggiunto in poco meno di 24 secondi. Nel 1971 si trattava di numeri da primato assoluto.

Spalle larghe. Pur mantenendo la stessa impostazione generale, la Miura SV si differenziava dalle Miura P400 e P400 S, sia a livello tecnico sia che stilistico. Il 12 cilindri era sempre montato trasversalmente in posizione posteriore-centrale, ma la SV adotta un telaio più rigido e rinforzato in alcuni punti cruciali. Le sospensioni posteriori vennero riviste nei punti di ancoraggio e nella forma dei bracci, ciò rese necessario l’allargamento della carreggiata, maggiorata di quasi 130 millimetri. Più grandi anche i pneumatici, con misura differenziata tra anteriore ed il posteriore: 205/70 e 255/60 VR15.

Un nuovo look. Le innumerevoli modifiche tecniche effettuate comportarono una leggera revisione delle forme della Miura, attuata dallo stesso Marcello Gandini, padre spirituale del modello. Oltre all’allargamento dei parafanghi posteriori, gli aggiornamenti inclusero la fanaleria posteriore dal disegno diverso, i cerchi dal look più sportivo e disponibili con finitura in color oro: un dettaglio che venne scelto dalla maggior parte dei clienti.
L’anteriore si caratterizzava per un’inedita presa d’aria per il radiatore e, proprio sul cofano anteriore, la modifica più distintiva della Miura SV era l’assenza delle famose “ciglia” a contorno dei fari. Un diktat preciso di Ferrucci Lamborghini, non derivato da ragioni tecniche o prestazionali, ma dal fatto che l’assemblaggio e la perfetta finitura delle ciglia fosse un processo complesso e dispendioso, nonché causa di un allungamento nei tempi di produzione della Miura. Tuttavia, lo stesso Ferruccio chiese espressamente che la sua Miura SV personale avesse le ciglia, che risulta così l’unico esemplare ad aver adottato ufficialmente questa specifica.
L’abitacolo della SV era maggiormente rifinito rispetto alle versioni precedenti, ecco quindi un maggiore utilizzo di pellami pregiati per i rivestimenti e la presenza di diversi profili cromati che impreziosivano i pannelli porta.

La più bella del reame. Nei primi mesi del 1973, la Miura SV uscì di produzione, lasciando campo libero ad un’altra vettura straordinaria, la Lamborghini Countach. L’ultimo esemplare venne espressamente ordinato da Walter Wolf nel 1975, ed è oggi conservato al Mudetec, il Museo Lamborghini a Sant’Agata Bolognese.
Con la Miura SV si chiudeva definitivamente un’epoca, quella in cui la velocità e la sinuosità delle linee facevano sognare. Un periodo irripetibile per lo stile e l’audacia del design, durante il quale la passione e grandi competenze tecniche si concretizzarono in quella che per molti è stata, e rimane, la più bella vettura di serie mai prodotta.

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