Lancia: l’epoca d’oro del motorsport - Ruoteclassiche
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28/03/2020 | di Giancarlo Gnepo Kla
Lancia: l’epoca d’oro del motorsport
28/03/2020 | di Giancarlo Gnepo Kla

Gli anni ’80 rappresentano un periodo di grande fermento per l’Italia: la nuova decade porta con sé un’ondata di rinnovato ottimismo. In questo contesto vengono progettate le Lancia Beta Montecarlo Turbo e 037.

Lancia Beta Montecarlo Turbo e 037 sono i modelli che portano il marchio Lancia, sulla cresta dell’onda tanto nelle corse su su asfalto che su sterrato. Entrambe portano in dote il telaio della Beta Montecarlo, estremizzandone il concetto per diventare delle belve pronte a far incetta di titoli. Lo sviluppo della Lancia Beta Montecarlo Turbo vide il sodalizio tra Abarth, Pininfarina e Dallara: tre dei massimi esponenti dell’automobilismo riuniti in una “Triplice Intesa”. Insieme mettono in campo il loro know-how dando vita a una micidiale “Silhouette” per competere (vincere) nel Campionato Mondiale Sportprototipi del 1978. La nuova vettura doveva scontrarsi con mostri sacri del motorsport: Porsche 935 e 911 RSR, Bmw 320 ed M1. C’era poi la Ford Capri Zakspeed oltre alle agguerrite giapponesi che si stavano affermando nel Gruppo 5, come le Toyota Celica A22/A4, Mazda RX-7 SA22 e le Nissan Silvia. La suggestiva presentazione della nuova vettura da gara avviene nella Galleria del Vento Pininfarina; il debutto ufficiale su pista, con Riccardo Patrese è datato 22 aprile 1979.

Il Gotha del motorismo. La Lancia Beta Montecarlo Turbo riprendeva idealmente il prototipo “Abarth SE030”, realizzato su telaio X1/20 e motore V6 Abarth Volumex 3.5 da 285 cavalli, ma proponeva una meccanica totalmente diversa. Il propulsore della Beta Montecarlo Turbo viene sviluppato da un “dream team” composto da Gianni Tonti (Abarth), Claudio Maglioli e Nicola Materazzi (Lancia). Inizialmente si pensava di modificare il 4 cilindri boxer della Lancia Gamma, dotandolo di sovralimentazione. Sceglieranno un piccolo 4 cilindri turbo, di soli 1,4 litri di cilindrata. I tecnici optarono per questa soluzione per omologare la vettura nella classe “entro 2000 cc”, che era soggetta al fattore di equivalenza 1,4:1 per i motori sovralimentati. La cilindrata non tragga in inganno, perchè l’unità era potentissima: erogava ben 480 cv in configurazione base! L’Ing. Giampaolo Dallara riprogetta la scocca della Beta Montecarlo di produzione, mantenendo solo la sezione centrale della carrozzeria, tutto nuovo il monoscocca in acciaio e alluminio con un'intelaiatura tubolare per l'avantreno e una posteriore per retrotreno e motore. Le sospensioni sono a quadrilatero, riprendono lo stesso schema del modello di serie.

Scacco alla regina. Sono anni di grandi vittorie per le Officine Abarth di Corso Marche a Torino, e la Beta Montecarlo si dimostra subito all’altezza della situazione: si impone nella classe sotto i 2 litri dominando la divisione e vincendo anche due gare nella categoria oltre i 2 litri. Nel 1980 alla 6 ore del Mugello, infatti, debutta la variante da 2001 cc, sviluppata per rompere le uova nel paniere alle Porsche 935, fino a quel momento vincitrici indisturbate... Una vittoria epica, firmata da Eddie Cheever e Riccardo Patrese. Lancia e Porsche avevano lo stesso punteggio ma il maggior numero di vittorie nella “Dvisione 2 litri” strappa lo scettro (Campionato Marche) alla Cavallina di Zuffenhausen. Al Giro Automobilistico d'Italia del 1980, doppietta di Beta Montecarlo Turbo: gli equipaggi Alen, Kivimaki e Patrese; Bettega, Bernacchini e Alboreto conquistano il 1° e il 2° posto. Viene cancellato così, l’impasse dell’anno precedente quando le Montecarlo Turbo vennero squalificate per aver percorso un tratto in autostrada…

Fine dei giochi. Nel 1981 c'è la conferma del titolo marche, vinto per un soffio ai danni della rivale Porsche. La Beta Montecarlo Turbo, nonostante avesse disputato 7 gare su 11, poteva sempre contare sugli straordinari risultati ottenuti nella categoria sotto i 2 litri: il nuovo 1.8 litri da 490 cv fu determinante per assicurarsi un maggior numero di vittorie nella divisione (una in più rispetto a Porsche) e così il team Lancia portò a casa il titolo per il secondo anno di fila. Nel 1982 i nuovi regolamenti imposti dalla FIA segnano il declino della Beta Montecarlo Turbo: le auto Gruppo 5 vengono escluse dal Campionato Sportprototipi, perciò Lancia sviluppa una vettura, la LC1. Nonostante il ritiro dalle corse “titolate”, la Lancia Beta Montecarlo Turbo era ancora un’auto competitiva. La gloria è come l’energia, non si distrugge, ma si trasforma… perciò cambia il suo terreno d’elezione, dall’asfalto ai rally: diventa la base di partenza per la Lancia 037, un altro mito.

La 037. La leggenda continua e nel 1982 al Tour De Corse debutta la Lancia Rally 037. Viene sviluppata a partire dalla Lancia Beta Montecarlo Turbo dall’ Ing. Sergio Limone sotto la supervisione di Cesare Fiorio, direttore sportivo del reparto corse Fiat e Lancia. Per l’omologazione della vettura nel Campionato Mondiale Rally era necessaria la produzione di almeno 200 esemplari della versione stradale: la carrozzeria è in kevlar e fibra di vetro che veste un telaio di derivazione agonistica. Praticamente un’auto pronto pista con la targa… Il motore è un 4 cilindri 2 litri con compressore “Volumex” da 205 cv. La 037 stradale raggiunge i 220 km/h e copre lo 0-100 in 7 secondi. Rispetto alla Beta Montecarlo il motore è disposto longitudinalmente. La Lancia Rally 037 monta un differenziale autobloccante al 40 o al 75% e il cambio a innesti frontali. Nella prima configurazione la potenza è pari a 260 cv, erogati a 7500 giri. Successivamente la potenza sale a 280 cv (a 8000 giri); mentre al Rallye di Monte Carlo ’83, i cavalli arrivano a quota 310. Nella sua massima evoluzione, nel 1985 la potenza massima tocca i 350 cv.

L’eterna sfida. Italia-Germania: una rivalità che diventa clichè anche nell’epoca più emozionante delle corse automobilistiche. Se la nemesi della Beta Montecarlo Turbo era la Porsche 935, l’arcinemica della 037 era l’Audi Quattro. La Casa dei quattro anelli sbaragliava le rivali sfoggiando per prima la trazione integrale, ma la Lancia Rally 037, pur essendo meno potente e avendo a disposizione la trazione sulle sole ruote posteriori ottiene la vittoria nel Campionato Costruttori. Nel 1983 il titolo mondiale viene (stra)vinto dalla Lancia. Walter Röhrl e Markku Alén vincono a Montecarlo, in Corsica, Nuova Zelanda e all’Acropoli, ma il titolo piloti viene vinto dal collega Mikkola, in forza all’Audi. Poco male. Nella scuderia Lancia anche gli italiani Attilio Bettega e Adartico Vudafieri. Per la stagione ’84 si aggiungono Miki Biasion e Henri Toivonen, ma non basta per fermare l’avanzata della trazione integrale… Il Campionato 1984 viene vinto dall’Audi. Lancia come sappiamo non rimase a guardare: dal 1987 al ’92 si aggiudica 6 titoli mondiali consecutivi grazie alle Delta Integrale. Altra auto, altra (gloriosa) storia.

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