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Loris Bicocchi e Bugatti: una vita in supercar

Sessantun’anni portati con la grinta e l’entusiasmo di un bambino: Loris Bicocchi, da Sant’Agata Bolognese, per lavoro ha sviluppato e collaudato supercar. Contribuendo ai successi e ai record della Bugatti di Romano Artioli

Ha tanto da raccontare, Loris Bicocchi. Il suo nome è legato allo sviluppo di supercar, in particolare Lamborghini e Bugatti.

Il primo amore non si scorda mai. Una carriera scritta prima ancora di cominciare? Non esattamente. Bicocchi le supercar le sogna da sempre, ma negli anni 70 è lontanissimo dal potersi permettere anche solo di avvicinarcisi. Per questo, subito dopo aver lasciato la scuola, si presenta ai cancelli della Lamborghini, un sogno per qualsiasi ragazzo di Sant’Agata Bolognese col chiodo fisso dei motori. Sotto il segno del Toro si fa notare per passione, curiosità e una predisposizione naturale alla meccanica. Comincia a lavorare sui motori, chiede ai colleghi più esperti, sperimenta, prende appunti, impara. Un riconoscimento, un premio al suo impegno e un attestato di stima il primo test su strada: una Lamborghini Countach, auto che conserverà un posto speciale nel suo cuore.

Artioli chiama, Bicocchi risponde. È l’inizio di un percorso incredibile, che durerà quindici anni e lo porterà a collaudare sui circuiti di tutto il mondo le auto che aveva sempre sognato. Nel 1987, la svolta che darà un sapore ancor più romantico alla sua brillante carriera. Romano Artioli ha appena rilevato la Bugatti e insedia il quartier generale del mitico marchio francese a Campogalliano, letteralmente a due passi da Ferrari e Maserati. Con sé, per rilanciare il mito delle supersportive francesi, vuole i migliori. A partire dall’ex Lamborghini Paolo Stanzani: sarà lui a suggerire ad Artioli il nome di Bicocchi. “Mi chiamò dicendomi che c’era da sviluppare una supercar a trazione integrale con motore 12 cilindri a V e quattro turbocompressori”, ricorda Bicocchi. “Ci fu un primo contatto e potete immaginare quanto impiegai a dare una risposta…”.

Da 0 a 344 km/h. La EB110 è l’esperienza professionale più esaltante della sua lunga e intensa carriera. Partendo da un foglio bianco, c’è da progettare tutto: freni, gomme, motore, trasmissione, più tutto lo studio aerodinamico della carrozzeria e del sottoscocca. “Su quell’auto non c’era un bullone che non fosse nuovo”, spiega Bicocchi, “non c’erano punti di riferimento e a me fu richiesto di provare, provare e provare: soltanto così saremmo riusciti a fare una gran bella macchina”. Sensibilità, impegno e lavoro di squadra alla fine restituiscono numeri strabilianti, da supersportiva di razza: 560 CV nella versione GT e 610 per la SS. “Esattamente come una macchina da corsa”, taglia corto Bicocchi.

Nuove, emozionanti sfide. Cifre che sulla strada si traducono in prestazioni senza precedenti: da zero a cento in 3,26 secondi e appena 7 minuti e 44 secondi per completare un giro al Nürburgring. “Ancora oggi resto impressionato dalla EB110”, ammette Bicocchi: “diretta, precisa e incredibilmente veloce in ogni condizione, con un grip da fantascienza”. Se la EB110 è “l’auto che ricordo con più affetto”, la Veyron all’alba degli anni 2000 è forse una sfida ancor più grande in casa Bugatti.

Supercar e oltre. Il target stavolta è 400 km/h, “una velocità”, spiega Bicocchi, “impensabile per qualsiasi costruttore automobilistico in sede di progetto”. Impensabile ma non impossibile, perché ancora una volta Bicocchi e gli uomini della Bugatti riescono in un’impresa che è già storia. Sarà la prima hyper sports car e aprirà il corso ad altri mostri di potenza ed esclusività firmati Bugatti: prima la Chiron (2016) e poi La Voiture Noire (apparsa sotto i riflettori nell’ultima edizione del Salone di Ginevra).

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