Il tempo passa, ma la Mazda MX-5 continua a far girare la testa e a sognare con l'entusiasmo di una ragazzina. Ecco il nostro biglietto di auguri alla spider più venduta al mondo, oggi più viva che mai nel cuore degli appassionati.
Eccola, la prima Mazda MX-5. La bocca disegna un sorriso sbarazzino. Eccola mentre sembra ridere e, col vento nei capelli, sbattere le palpebre con la classe disinteressata di una donna consapevole di essere più bella oggi di quand'era una ragazzina. Non avverte minimamente il bisogno di dimostrare qualcosa a qualcuno, sa il fatto suo e sa, soprattutto, che non può attribuirsi al caso il fatto che sia diventata la spider più venduta di tutti i tempi.
Il valore della tradizione. Albert Einstein sosteneva che il segreto della creatività sta tutto nel saper nascondere le proprie fonti. Ecco allora svelato il trucco dei progettisti e dei designer della Casa di Hiroshima, che prima ancora di iniziare a lavorare al progetto fecero incetta di informazioni utili all'obiettivo: realizzare una sportiva compatta e grintosa in grado di sbaragliare la concorrenza sul mercato americano. Le muse ispiratrici furono le sportive inglesi della vecchia scuola, leggere, veloci e senza troppi fronzoli, e la Spider dell'Alfa Romeo, un modello iconico il cui fascino è sempre riuscito a riconciliare con le scoperte a due posti persino i non amanti del genere.
L'unione fa la forza. Così bella e pura da sembrare uscita di getto da un'unica, ispiratissima matita, la MX-5 in realtà deve le sue forme inscalfibili dal tempo al ping pong di proposte che rimbalzarono da una sponda all'altra del Pacifico tra il 1983 e il 1987. Una partita da cui uscirono vincitori entrambi i centri stile, quello giapponese e quello del Mana, la filiale nordamericana della Mazda. Il primo firmò l'interno, semplice, essenziale, cucito attorno al pilota, il secondo la carrozzeria, che amalgamava con fantasia ed equilibrio quanto di meglio si era visto sulle spider del passato.
Ritorno alle origini. Un po' Lotus Elan, un po' Alfa Romeo "Duetto" quindi, con riferimenti più o meno espliciti. Alcuni richiami sono evidenti - come le maniglie delle porte e il motore bialbero in perfetto stile Alfa -, altri meno perché vanno ricercati nella filosofia più profonda del progetto, basata sul concetto di guida pura e senza filtri tipico delle sportive inglesi del passato. Eunos Roadster in Giappone, Miata in America, MX-5 in Europa. Tre nomi per un mito che oggi spegne trenta candeline sulla torta e, nel voltarsi indietro, scopre di essere riuscito nell'impresa apparentemente impossibile di fermare il tempo. Nessuna ruga, nessun solco. I trent'anni le sussurrano parole di bellezza e le sorridono, accarezzandola con leggerezza.
Bella come il sole. È un po’ così, la MX-5. Non è la più veloce, non è la più potente, non è la più costosa e forse non è nemmeno la più bella. Non è l’auto dei record, dei primati, non è neppure alla lontana quel genere di macchina che vuole o deve dimostrare qualcosa a qualcuno. C’è chi dice - sono in tantissimi, in tutto il mondo - che solo dopo averla guidata con la capote abbassata in una giornata di sole si può cominciare a capirla e a scoprire un po’ alla volta, una dopo l'altra, le mille sfumature che la rendono così speciale. Speciale perché passano gli anni, passano le mode, cambiano i tempi eppure lei rimane sempre se stessa, una stella tra le più luminose nel firmamento automobilistico contemporaneo. Un’auto che, se sfrecciasse davanti a uno specchio, lascerebbe certamente impressa per un lunghissimo secondo l’immagine della sua bellezza, aprendo quel genere di museo fatto di ricordi, profumi e sensazioni che gli appassionati di automobili visitano sovente con la fantasia. L’esercizio è semplice e piacevole, basta abbassare la capote, girare la chiave e innestare la prima per cominciare a sognare…