Viene inaugurata oggi la mostra “Michelotti World”, curata dal giornalista e scrittore Giosuè Boetto Cohen. L’emozionante retrospettiva celebra il centenario dalla nascita di uno dei più grandi tra i maestri dello stile ed è ospitata nelle sale del Mauto (Museo Nazionale dell’Automobile) di Torino, dove sarà visitabile dal 6 ottobre al 9 gennaio 2022.
Con “Michelotti World” vengono esposti per la prima volta oltre 90 disegni del geniale designer torinese, una piccola selezione tra le migliaia di figurini che hanno accompagnato i progetti della sua intensissima carriera: dagli esordi con le piccole carrozzerie torinesi, ai grandi nomi dello stile italiano e le collaborazioni internazionali, dall’Inghilterra al Giappone.
Michelotti è stato infatti uno dei più attivi e prolifici tra i maestri del design automobilistico e la mostra è un’occasione esclusiva per approfondire la conoscenza sul suo operato, vastissimo e, per molti ancora sconosciuto. Nella mostra Michelotti World vengono esposte 15 vetture (Alfa Romeo 1900C SS “La Fleche” Vignale del 1955, BMW 1800 Neue Klasse del 1968, BMW 2600, BMW 2800 CS del 1971, Ferrari 195 – 212 Inter Vignale del 1951, Fiat 850 Shellette Spiaggetta del 1968, Fiat 1100 Cabriolet Stabilimenti Farina 1949, Fiat 1200 Garden Car Vignale del 1958, Lancia Aurelia B52 Bertone del 1952, LEM (Laboratorio Elettrico Mobile) del 1974, Maserati A6 Gran Turismo Allemano del 1956, Renault Alpine A110 del 1973, Standard Triumph Eight, Triumph Herald Coupé del 1960, Triumph TR4 Sport del 1962), a cui si aggiungono tre esemplari per la cerimonia inaugurale. Le auto ripercorrono il suo cammino professionale, dall’esperienza negli Stabilimenti Farina alle proposte di stile, come freelance, negli anni 80. Interessante anche il confronto tra i modelli di vari marchi che raccontano il “prima e dopo” Michelotti: la Standard Triumph Eight e la Triump Herald; la Triumph TR3 e la TR4 o ancora la BMW 2600 e le berline della Neu Klasse e, in anteprima mondiale, verrà mostrata la Ford Cisitalia Roadster del 1953, esemplare unico su meccanica Ford (rielaborata dalla Cisitalia) realizzato per Henry Ford.
Tra cultura e divertimento. L’allestimento si caratterizza per le suggestioni teatrali: i visitatori vedranno in primis una salopette da lavoro e una bici appesa al muro, metafora della sua prima esperienza lavorativa, come garzone.
C’è poi la ricostruzione del suo studio al 35 di Corso Francia e le gigantografie che lo immortalano al lavoro, con il figlio Edgardo e con un giovane Paolo Martin. E ancora, tecnigrafi e strumenti da disegno, mentre, sulle pareti, i 90 figurini provenienti dall’Archivio Storico Michelotti (curato dal figlio Edgardo) avvolgono lo spettatore. Sì, perché come spiega Cohen: “Questa mostra è pensata per gli appassionati ma consente anche di divertirsi un po’” . Ecco quindi una grande TV di cartone, in cui vengono trasmessi alcuni inediti filmati Rai risalenti alla fine degli anni 50 e alla metà anni 60. Nei video, girati in concomitanza di varie edizioni del Salone di Torino, Giovanni Michelotti esprime alcune considerazioni sulle auto di prestigio, sulla sua concezione di “berlina del futuro” e presenta una proposta per creare un modello sportivo sulla base della Fiat 124 berlina (1966).
Lo stile Michelotti. Sulla visione stilistica di Michelotti, Giosuè Boetto Cohen puntualizza: “Bisogna fare un distinguo fra la produzione fuoriserie degli anni 50, dove l’estro vulcanico di Giovanni Michelotti risultava in vetture dallo stile fiammeggiante, con molti dettagli e ornamenti. A volte, persino tormentate. Per le auto di produzione, l’approccio era diverso, in un periodo in cui erano ancora in voga le carrozzerie bombate, Michelotti inseguiva la linearità: un linguaggio geometrico sinonimo di modernità”.
Negli anni 60, Michelotti si fece apprezzare soprattutto all’estero. In tal senso, spiega Cohen: “La Fiat poteva contare sul Centro Stile per lo sviluppo dei modelli di serie, Alfa Romeo delegava spesso a Bertone e Pininfarina. Esclusi pochi casi, relativi alle grandi sportive, il livello dei centri stile nei Paesi stranieri non era molto elevato. Per questo fu più facile, per lui, farsi notare. Dopo la Guerra, in Germania faticavano a trovare una nuova identità stilistica”. Ed esemplifica: “Si pensi al layout frontale delle BMW, quello impostato da Michelotti sulle Neue Klasse, con pochi rimaneggiamenti, è stato perpetuato per decenni, fino all’avvento di Chris Bangle. Anche in Inghilterra, le case automobilistiche restavano aggrappate ad un linguaggio estetico molto ingessato. Giovanni Michelotti, fu inoltre uno dei primi europei a dare un importante contributo nel design delle auto giapponesi, che fino a quel momento erano assolutamente prive di gusto. Per questo venne visto come un innovatore”.
L’uomo privato. Per quanto riguarda il Michelotti “privato”, Cohen racconta: “Era un uomo mite e modesto, come gran parte dei protagonisti dell’automobile del suo tempo. Tutti loro erano uomini semplici, venuti dalla gavetta e istruitisi lungo il cammino, imparando sul campo. Giovanni Michelotti proveniva da una famiglia di umili origini, il padre era un operaio della Itala e la madre era una sarta.
Non aveva una grande verve ma era simpatico, amava scherzare ed era piacevole lavorare con lui”.
Un designer vulcanico. Si stima che Michelotti abbia lavorato su oltre 1.200 progetti: una quantità davvero impressionante. Tra i modelli più famosi ricordiamo modelli come la mitica Alpine Renault A110, le Triumph Spitfire, TR4, Herald e Stag e, ancora, le BMW Neue Klasse 1500 (e derivate) oltre alla particolare 1600 Touring. Un modello che non venne compreso all’epoca, ma che esprime appieno la sua costante voglia di modernità.
Invece, tra le preferite di Cohen ci sono le Alfa Romeo 6C 2500 Coupé e Convertibile del 1947 insieme alla 1900 “La Fleche”; le Fiat 1500 Ghia Supergioiello e 8V “Demon Rouge” Vignale, le Maserati A6G 2000 Allemano del 1954 e la 3500 Spyder insieme alla Moretti 2300 SS del 1962.
Omologazione imperante. A distanza di oltre 40 anni dalla scomparsa di Giovanni Michelotti, il mainstream attanaglia tutti gli ambiti della produzione e, sulle automobili, questo fenomeno è più evidente.
“Finché ‘tutti’ sogneranno un SUV grigio che va veloce e viene rincorso dagli altri, non ci sarà molto spazio per la fantasia”. Sottolineando l’aspetto cromatico, Cohen pone un’interessante riflessione su come l’omologazione sia, in parte, la risposta delle case automobilistiche alle richieste dei consumatori, che hanno cambiato radicalmente il modo di intendere e vivere l’auto: “L’evoluzione dell’automobile non rispecchia più l’oggetto aspirazionale, dove anche anche la scelta di una tinta vivace contribuiva a esprimere un determinato messaggio, sullo status e sul gusto personale del proprietario. Molte persone non sono interessate alle auto, le considerano alla stregua di un elettrodomestico. Altri, invece, rincorrono i nomi, senza comprenderne l’identità del marchio e del modello specifico. E questo, nonostante gran parte dei brand risenta di una profonda crisi d’immagine”.
L’eredità di Michelotti sta nella volontà di sintesi, che forse oggi manca. In tal senso, aggiunge Cohen: “Michelotti lavorerebbe sulla pulizia delle linee e sui volumi più che sulle finte prese d’aria, frutto dell’overstyling imperante. Anche lui, in verità, ha avuto un approccio ‘Barocco’ ma limitato al capitolo fuoriserie, dove era quasi necessario per differenziare le auto dei carrozzieri. Oggi, tuttavia, manca la sua velocità di esecuzione e, soprattutto, la sua fantasia.”